SCIENZA E VEDANTA – LA FORMA UMANA 11

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SCIENZA E VEDANTA – LA FORMA UMANA 11
E L’EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE UNDICESIMA)

A cura di Andrea Boni

(Liberamente tratto e modificato da un articolo di Bhakti Svarupa Damodara Swami)

La Rivelazione ed il metodo Scientifico

I Sutra 3 e 4 del vedantasutra, affermano:

Sutra I.1.3
Shastrayonitvat

Shastra – la Scrittura, la Rivelazione, le Upanishad, Yonitvat – Perché di essa è la dimostrazione o
fonte; la parola yom, letteralmente significa che causa o produce la conoscenza di una cosa.

[l’esistenza del Brahman non può essere dedotta con l’inferenza], perché Egli può essere compreso
solo attraverso le scritture – 3

Sutra I.1.4
Tattu-samanvayat

Tat – quello, ossia il fatto che Vishnu è il tema centrale di tutti i Veda, Tu – ma, una parola che
rimuove il dubbio, Samanvayat – per concordanza, per corretta discussione ed interpretazione.

[Ma Vishnu è la materia principale di tutti i Veda], perché questa è la corretta interpretazione di
tutti i testi – 4

Dal commentario di Baladeva Vidyabushana leggiamo:

La parola “non” deve essere sottointesa in questo Sutra dal quarto Sutra di questo pada. Il Brahman
non è l’oggetto dell’inferenza di un ricercatore della Verità. Perché? Perché solo le Scritture, in
particolare le Upanishad, sono la fonte della Sua comprensione. Così, il Brahman può essere compreso
solo attraverso l’insegnamento delle Upanishad. Se fosse diversamente, la designazione “aupanishada”
(il cui significato etimologico è “Egli è conosciuto solo attraverso le Upanishad”), come applicata
al Brahman, sarebbe priva di significato. Riguardo l’obiezione secondo cui la parola mantavya
significa che l’esistenza del Brahman può essere compresa attraverso il ragionamento, noi chiariamo
che il ragionamento può essere usato se applicato allo studio delle Upanishad, per dimostrare
l’esistenza di Dio. Così noi troviamo il seguente verso (nel Mahabharata Vanaparva e nel Kurma
Purana) “Uha o corretto ragionamento è quello attraverso il quale scopriamo il vero senso di un
verso di una scrittura, rimuovendo tutti i conflitti tra ciò che lo precede e ciò che lo segue. Ma
una persona dovrebbe prima di tutto abbandonare una sterile discussione.” Oltretutto l’inutilità di
una sterile discussione, come supportata da Gautama e altri Rishi Vedici, è mostrata anche nel Sutra
II.1:11.

Questo mostra che la speculazione, quando applicata al tema della Verità Assoluta, dovrebbe essere
abbandonata, perché non basate sulla rivelazione. La conclusione è che il Brahman deve essere
compreso solo attraverso lo studio del Vedanta e attraverso la sua meditazione. Ciò è spiegato anche
in seguito nel Sutra II.1.27, dove sarà evidenziato che la migliore dimostrazione dell’esistenza del
Brahman, libero da tutti gli oggetti, è la rivelazione. Ciò prova inoltre che Dio, Hari ha la forma
del Sé, che è il testimone di tutte le esistenze e di tutte le anime, che possiede ogni attributo
che formano la sua natura essenziale, che è immutabile, il creatore dell’universo, e che dovrebbe
essere adorato in questo modo.

In questi Sutra Badarayana ricorda un concetto molto importante secondo il quale le scritture sono
un mezzo fondamentale per la comprensione dell’Essere Supremo, che tuttavia non può avvenire senza
la pura devozione. Il processo di conoscenza, allora, non passa attraverso la pura logica, ma la
trascende. Le Scritture rivelate, quindi, sono l’autorità suprema, in tema di Realtà Assoluta
proprio come solo le parole della madre possono dare indicazioni precise e autorevoli circa la vera
identità del padre. Certamente una affermazione di questo tipo non intende sminuire la validità
dell’approccio basato sulla logica empirica e sull’evidenza sperimentale, che sono sicuramente utili
nell’ambito del metodo scientifico. I grandi risultati della nostra era sono infatti basati proprio
sul metodo scientifico, che tante innovazioni ha portato (si pensi ad esempio all’avvento del
transistor che ha consentito una rivoluzione elettronica attraverso la distribuzione pervasiva di
componenti che aiutano la vita di tutti i giorni. Ma si pensi anche all’avvento della tecnologia
Internet, e a tutti i benefici che giornalmente usufruiamo ….). Quello che qui si vuole portare
all’attenzione è che tuttavia tale approccio ha oggettivi limiti nel momento in cui si vuole
investigare la realtà che è oltre il piano sensoriale e materiale. E’ un po’ come quando si vuole
investigare la natura della materia a livello subatomico.

Per fare ciò non sono sufficienti “usuali strumenti” quali il microscopio o altro. Occorrono altresì
strumenti più potenti ed energie altissime (si pensi ad esempio al complesso acceleratore
sub-atomico del CERN di Ginevra utilizzato per creare urti subatomici per scoprire nuove
particelle). Il metodo scientifico non è quindi il metodo più idoneo per investigare l’esistenza di
Dio. Ciò è principalmente dovuto al fatto che i nostri sensi sono limitati, per cui la conoscenza
scientifica che deriva da ciò che il nostro intelletto elabora dalla percezione dei sensi è
oggettivamente incompleto. La Scienza spiega ciò che può essere osservato e deduce delle leggi sulla
base di poche verità che sono considerate fondamentali. Esse sono un po’ come gli assiomi in
matematica. Gli assiomi sono frasi che sono considerate vere e che non necessitano di dimostrazioni
in quanto risultano “autoevidenti”. Sulla base di tali assiomi, vengono poi dedotte delle leggi
(teoremi) attraverso l’inferenza e l’osservazione. Gli assiomi sono quindi come dei punti di
partenza per costruire un sistema di conoscenza e spiegare i vari fenomeni osservati. Questo è il
metodo scientifico. La rivelazione (Shruti), l’evidenza shastrica, invece, riporta una conoscenza
intuitiva, interiore, derivante da un darshana, una visione mistica acquisita accedendo a piani di
consapevolezza superiori risultato di livelli di coscienza superiori, e quindi, in quanto tale,
oggettiva. Perché non considerare come “autoevidenti” taluni risultati base derivanti da ciò? Il
Vedanta lo fa, e definisce alcuni importanti assiomi teistici derivanti da questa osservazione
interiore, la Scienza no, questa è la differenza.

Questo metodo di conoscenza è anche noto come avaroha-pantha, o approccio discendente (top-down). Il
Vedanta riconsoce anche un altro metodo definito invece ascendente (aroha-pantha, o metodo
bottom-up), che sostanzialmente coincide con il metodo jnana-marga, l’approccio speculativo alla
conoscenza. Il Vedanta afferma che il metodo aroha-pantha è inferiore in quanto più difficile e
tedioso rispetto al metodo avaroha-pantha, in particolare quando riferito alla più profonda
conoscenza di Dio.

Nella Bhagavad Gita (4.2), Krishna afferma:

Evam parampara-praptam
Imam rajarshayo viduh
Sa kaleneha mahata
Yogo nashtah parantapa

“Questa Scienza Suprema fu così trasmessa in successione da maestro a discepolo, e i re santi la
ricevettero in questo modo; nel corso del tempo, tuttavia, la catena di maestri si è interrotta e
questa scienza così com’è sembra ora perduta”

La successione discepolare è caratteristica del metodo top-down, perché arriva direttamente dal
Signore, il primo anello della catena parampara e via via si trasmette poi da Maestro a Discepolo.
Invece, in altri contesti si è molto diffuso l’approccio bottom-up. Si pensi ad esempio agli
insegnamenti di Platone, Cartesio, Kant, Darwin, per citarne alcuni, i quali non provenivano da una
vera e autentica catena Maestro-Discepolo avente Dio stesso come adi Guru, il Supremo Guru
originario, bensì fornivano insegnamenti secondo loro speculazioni e ricerche (e talvolta, perché
no, intuizioni), ma non hanno mai seguito delle Scritture autentiche. Infatti, anche per questo
motivo, molti ricercatori ancora dubitano circa la validità dei concetti da loro riportati (si
consideri ad esempio la teoria evoluzionistica di Darwin, messa in contraddizione dai sostenitori
della teoria creazionista). Secondo il Vedanta questo tipo di conoscenza non può essere considerata
autorevole in quanto non perfetta non avendo il sostegno di Scritture rivelate e autentiche.

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