SCIENZA E VEDANTA – LA FORMA UMANA 13

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SCIENZA E VEDANTA – LA FORMA UMANA 13
E L’EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE TREDICESIMA).

A cura di Andrea Boni.

(Liberamente tratto e modificato da un articolo di Bhakti Svarupa Damodara Swami)

scienzaespiritualita.blogspot.com/

Il Pensiero degli Scienziati circa la presenza di Dio.

Krishna dice nella Bhagavad gita:

Sarvasya caham hrd isannivishto
Mattah smritir jnanam apohanam ca
Vedaish ca sarvair aham eva vedyo
Vedanta-krd veda-vid eva caham

“Sono nel cuore di ogni essere vivente e da Me viene il ricordo, la conoscenza e l’oblio. Il fine di
tutti i Veda e quello di conoscerMi. In verità Io sono colui che ha composto il vedanta e sono colui
che conosce i Veda”. Bhagavad-Gita 15.15.

E da Quella fonte che arriva la conoscenza più profonda, quella che non può essere compresa sul
piano logico razionale che caratterizza il metodo scientifico. Nel caso dell’approccio empirico alla
conoscenza la rappresentazione della realtà viene fornita attraverso la formulazione di modelli che
in qualche modo cercano definire la struttura della materia in un determinato contesto. Si pensi al
caso della Fisica classica. La formulazione teorica è stata dimostrata essere vera solo in
determinati contesti, ma non in altri e per questo sé stato necessario formulare nuovi modelli (come
la teoria della relatività di Einstein o la meccanica quantistica). Ma si pensi anche ai vari
modelli dell’atomo che si sono succeduti nel corso del tempo. Il modello di Bohr è stato
successivamente rimpiazzato dal modello di Schrödinger in quanto insufficiente. Questi modelli sono
definiti a causa di una mancata comprensione della vera natura della realtà. L’approccio analogo
vedantico è chiamato jnana-yoga o aroha-pantha. Certamente, attraverso questo metodo, per uno
scienziato sincero e senza pregiudizi, è possibile arrivare alla conclusione che la materia non è la
realtà ultima ma che esiste qualcosa di ulteriore, di trascendente, che nella cultura vedantica è
rappresentato con la forma impersonale di Dio. Ad esempio Heisenberg disse:

“Certamente come scienziati compiamo errori nelle nostre teorie scientifiche, e ci vorrà ancora del
tempo prima che questi errori saranno trovati e corretti. Ma possiamo essere sicuri che ci sarà una
decisione finale di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Tale decisione non dipenderà dalla
credenza del singolo, dalla sua razza o dall’origine dello scienziato, ma sarà presa da una potenza
superiore e sarà applicata agli esseri di ogni tempo … Esiste una coscienza superiore, non
influenzata dai nostri desideri, che in ultima analisi decide e giudica.”

Mentre Max Born affermò:

“Ho visto in esso (l’atomo) la chiave dei segreti più profondi della natura, e mi ha rivelato la
grandezza della creazione e del Creatore”

Anche Einstein percepiva la presenza di un’armonia globale:

“Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio
che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani.”

E ancora:

“Una volta in risposta alla domanda: «Lei crede nel Dio di Spinoza?», Einstein rispose così: «Non
posso rispondere con un semplice sì o no. Io non sono ateo e non penso di potermi chiamare
panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino piccolo che entra in una vasta biblioteca
riempita di libri scritti in molte lingue diverse. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei
libri. Egli non conosce come. Il bambino sospetta che debba esserci un ordine misterioso nella
sistemazione di quei libri, ma non conosce quale sia. Questo mi sembra essere il comportamento
dell’essere umano più intelligente nei confronti di Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente
ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro. I nostri
limitati pensieri non possono afferrare la forza misteriosa che muove le costellazioni. Mi affascina
il panteismo di Spinoza, ma ammiro ben di più il suo contributo al pensiero moderno, perché egli è
il primo filosofo che tratta il corpo e l’anima come un’unità e non come due cose separate (Brian,
Einstein a life, 1996, p. 127).”

“Chiunque sia seriamente impegnato nello studio delle sottili leggi che regolano l’universo si
convince che uno spirito è manifesto in esse, uno spirito vastamente superiore a quello dell’uomo
(The Expanded Quotable Universe, ed. Alice Calaprice, 2000, originariamente citato in una lettera ad
uno studente che chiedeva ad Einstein se uno scienziato prega – Einstein Archive)”

Nel complesso, quindi, Einstein credeva in un Dio impersonale presente nella natura (pur senza
identificarsi con essa) in modo misterioso. Fu accusato anche per questo di ateismo dal vescovo di
Boston O’Connell e ne soffrì molto. Einstein non ha avuto la possibilità di studiare teologia o
spiritualità, tuttavia, proprio grazie alla sua intelligenza acuta, ha potuto comprendere
l’esistenza di uno spirito che penetra e sostiene l’universo, e ne regola quindi le geometrie e le
leggi perfette (il dharma), e soprattutto ha compreso benissimo che ci sono tante cose nell’universo
che non possono essere afferrate sul piano logico-razionale. La nostra intelligenza, non può da sola
afferrare l’aspetto profondo del Divino e la sua più intima natura.

Questi sono giusto alcuni esempi di molti che se ne potrebbero fare di come attraverso lo studio
analitico del funzionamento della natura materiale e delle sue leggi sia possibile percepire una
ulteriorità, una forma di intelligenza che regola tutto il creato, ma anche come tale conclusione
comunque sia parziale ed incompleta. Nella Bhagavad Gita Krishna spiega che al fine di conoscere la
vera natura della realtà oltre il piano fenomenico tutti gli approcci che non includano la bhakti
(il servizio devozionale) sono incompleti e non porteranno mai alla vera conoscenza:

Bhaktya mam abhijanati
Yavan yash casmi tattvatah
Tato mam tattvato jnatva
Vishate tad-anantaram

“Soltanto col servizio devozionale è possibile conoscere Me, il Signore Supremo, così come sono. E
quando si diventa pienamente coscienti di Me grazie a questa devozione si può entrare nel regno di
Dio”. Bhagavad Gita XVIII.55

In precedenza è stato spiegato che secondo il Vedanta Dio può essere percepito secondo tre
differenti modalità: Brahman, Paramatma, Bhagavan. Gli scienziati del livello di Heisenberg e
Einstein, dall’alto della loro intelligenza e conoscenza, sono arrivati a percepire il Brahman, che
è solo una modalità della realtà trascendente, ma non la definisce completamente. Come spiega
Krishna, solo il servizio devozionale (bhakti-yoga) porta a conoscere il trascendente nella Sua
forma completa e personale (Bhagavan). Anche Kant nella sua opera “Critica alla ragion pura” ha
evidenziato come il ragionamento empirico sia insufficiente per spiegare una realtà trascendente e
personale, ma certamente può portare ad intuire la presenza di un’intelligenza superiore, come
avvenuto per Einstein e altri eminenti scienziati. Ma per fare il passo decisivo occorre andare
oltre e trascendere il piano della ragione integrando la conoscenza che non può arrivare dai sensi
limitati (incluse la mente e l’intelligenza), con una conoscenza interiore che porta a realizzare il
divino in noi e la stretta relazione di amore che ci lega.

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