Scovati i neuroni che permettono i “viaggi nel tempo”

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Scovati i neuroni che permettono i “viaggi nel tempo”

Ecco Ca1, i neuroni che conservano la nostra memoria

I ricordi che abbiamo della nostra vita passata dipendono in maniera essenziale dalle strutture del
lobo temporale del nostro cervello.

E questo lo sapevamo già.

Quello che non sapevamo era quale ruolo avessero certi neuroni dell’ippocampo nel richiamare la
memoria autobiografica.

Beh, adesso ne sappiamo certamente di più, da quando una équipe di ricercatori tedeschi ha indagato
la funzione dei neuroni Ca1 che si trovano, appunto, nell’ippocampo.

Il team tedesco del Dipartimento di Neurologia e dell’Istituto di Neuroradiologia dell’ospedale di
Schleswig-Holstein, dell’Università di Kiel ha esaminato un gruppo di pazienti con una rara forma di
amnesia totale acuta transitoria, le cui lesioni localizzate nell’area dei CA1 nell’ippocampo
possono essere rilevate con la risonanza magnetica.

Il gruppo, guidato da Thorsten Bartsc, ha studiato l’effetto delle lesioni sulla memoria attraverso
una dettagliata intervista “autobiografica” che includeva procedure di ricordo e conoscenza. Il
risultato è stato che nei 14 (su 16) pazienti bei quali erano state rilevate lesioni nel settore dei
CA1 dell’ippocampo, la memoria autobiografica è risultata significativamente colpita per tutti i
periodi di tempo, compresi quelli più remoti. In particolare, la compromissione della memoria
episodica e la coscienza autonoetica (di sé) hanno mostrato un forte gradiente temporale, esteso
fino a 30-40 anni nel passato.

Questi risultati, concludono i ricercatori, evidenziano il ruolo specifico e fondamentale dei
neuroni dell’ippocampo CA1 nel recupero della memoria autobiografica e per rivivere i ricordi
episodici dettagliati.

Poichè la degenerazione dei neuroni CA1 è stata riportata nelle persone alle fasi iniziali della
malattia di Alzheimer, i risultati dello studio (pubblicato su Proceedings of the National Academy
of Sciences degli Stati Uniti), secondo gli autori, potrebbero aiutare a comprendere meglio
l’amnesia che affligge questi pazienti.

Mer, 12/10/2011 – 09:58 focussalute.it

Ecco neuroni scrigno della nostra autobiografia

Scovati da ricercatori tedeschi, consentono ‘viaggio nel tempo’

11 ottobre, 09:59

(ANSA) – ROMA, 11 OTT – Ci permettono di ‘viaggiare nel tempo’ ripercorrendo il nostro passato
anche lontano e di avere percezione e consapevolezza di noi stessi: sono una famiglia di neuroni
localizzati nel centro della memoria, l’ippocampo, e conservano le memorie autobiografiche del
passato remoto; sono importanti, dunque, per la consapevolezza di se’ che si fonda in parte su
questo tipo di ricordi lontani. A scovarli e’ stato il team di Thorsten Bartsch dell’universita’ di
Schleswig-Holstein presso Kiel, in Germania in un lavoro su individui sani e su pazienti con una
rara forma di amnesia.

Gli esperti tedeschi hanno studiato il proprio campione di pazienti e soggetti sani con la
risonanza magnetica funzionale mentre chiedevano loro di ricordare fatti della loro vita, eventi,
viaggi, ricordi familiari, su un arco di tempo molto ampio, andando a scavare anche in un passato di
40 anni prima. E’ emerso che un gruppetto di neuroni, chiamati CA1, sono fondamentali per questo
tipo di ‘viaggi nel tempo’, e che i pazienti con la rara forma di amnesia, di fatto, avevano delle
lesioni neurali proprio a carico delle cellule della memoria CA1, danni confinati proprio a questo
gruppetto di cellule.

Ciò suggerisce che detti neuroni potrebbero giocare un ruolo importante nella consapevolezza di
sé, che si basa in parte proprio sulla nostra capacità di ricordare eventi del nostro passato
remoto. Poiché la degenerazione dei neuroni CA1 è stata anche riscontrata in pazienti all’esordio di
malattia di
Alzheimer, ovvero la più diffusa forma di demenza senile, la scoperta potrebbe migliorare la
comprensione dell’amnesia che spesso affligge questi individui.

Viaggi nel tempo? Sì, grazie ai neuroni

Un gruppetto di neuroni, chiamati Ca1 e localizzati nell’ippocampo, sono responsabili dei nostri
ricordi, anche molto remoti, e della consapevolezza di noi stessi, che spesso si basa su tali
ricordi: lo ha scoperto un gruppo di ricercatori, guidati da Thorsten Bartsch, dell’Università di
Schleswig-Holstein di Kiel (Germania). La scoperta potrebbe portare ad un sensibile miglioramento
nella comprensione dei meccanismi dell’amnesia, spesso anche conseguenza di gravi patologie come il
morbo di Alzheimer.

Lo studio è stato condotto su individui sani e pazienti affetti da una rara forma di perdita di
memoria (amnesia globale transitoria acuta) mediante risonanza magnetica nucleare. Dal confronto
degli spettri è risultato come gli individui malati presentavano lesioni proprio a carico delle
cellule Ca1, alle quali è stato dunque attribuito il fondamentale ruolo di controllare i nostri
ricordi passati. In parallelo è stato anche dimostrato che un’analoga degenerazione è anche a carico
di pazienti all’esordio di sviluppo del morbo di Alzheimer, che si manifesta all’inizio proprio con
vuoti di memoria sempre più frequenti.

Ad oggi l’Alzheimer colpisce nel mondo 25 milioni di persone nel mondo, mentre in Italia i malati
sono circa 700 mila, il 20 per cento della popolazione. Ma questo è sicuramente un dato inferiore a
quello reale: la maggioranza dei malati di Alzheimer è curato in casa e solo una piccola minoranza è
ricoverata in ospedale o in una struttura specializzata. La scoperta dunque fa ben sperare di
arrivare un giorno a curare questa diffusissima e grave patologia.

Roberta De Carolis nextme.it

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