… e tu sei morto disintegrato? Storie di Scienza.
di Paolo Attivissimo
Upload è una bella miniserie comica di Amazon che parte da una premessa bizzarra: un futuro non
troppo lontano nel quale è possibile uploadare la propria personalità in un server e quindi
continuare ad esistere dopo la morte fisica. Una sorta di aldilà digitale, con la complicazione
surreale che il software non funziona sempre molto bene ed è gestito da alcune mega-aziende che
puntano solo al profitto, per cui esistono aldilà separati per ricchi (in alta risoluzione, con
riproduzione completa di tutti i sensi) e per i poveri (a bassa risoluzione e sensi limitati).
Da uploadato VIP hai l’assistenza clienti, puoi comunicare con i vivi, persino assistere al tuo
stesso funerale e fare sesso con i non uploadati che usano una tuta di realtà virtuale integrale
(non molto efficace).
Le gag visive sono geniali, specialmente per gli informatici, gli attori sono bravi (il fattorino
dell’albergo principale è impagabile) e la storia è vivace, tenera e allegra, ma non mancano le
riflessioni amare. Anche in Paradiso ci sono gli acquisti in-app, e se finisci il tuo credito o la
tua quota di giga mensili, sei tagliato fuori e finisci in una sorta di limbo fino al mese
successivo. Se nessuno paga più per il tuo account, puoi essere cancellato. E chi ti paga l’account
è, a tutti gli effetti, tuo padrone per sempre.
La premessa di Upload pone anche una domanda interessante dal punto di vista scientifico e, oserei
dire, filosofico: ammettiamo che sia possibile fare una scansione perfetta della mente di un essere
umano e ospitare quella scansione in un ambiente virtuale. Vista dall’esterno, la copia apparirebbe
in tutto e per tutto come una continuazione dell’originale: stessi ricordi, stessi talenti, stesse
passioni, stessi modi di fare. Ma come sarebbe, invece, vista dall’interno?
Non voglio fare spoiler di Upload, per cui mi limito a dire che per motivi tecnici una volta
uploadati non si può più essere reintegrati in un altro corpo o nel proprio, per cui non c’è il
problema di creare duplicati e la personalità esiste in un solo esemplare. Per evitare di guastarvi
alcune sorprese sposto la domanda su un terreno analogo nel quale non rischio spoiler: il
teletrasporto di Star Trek.
Anche nel teletrasporto, per come viene “spiegato” nell’universo immaginario di Star Trek, abbiamo
una scansione della persona, che viene trasformata in energia e trasmessa altrove per essere
ricomposta in materia.* Vista da fuori, la persona che emerge dal teletrasporto è la stessa che vi è
entrata: tutto è identico, fino all’ultimo atomo e fino all’ultimo pensiero. Ma vista da dentro?
* Secondo lo Star Trek: The Next Generation Technical Manual, il teletrasporto usa degli scanner
molecolari per scansionare il soggetto e convertirlo in un “flusso di materia subatomicamente
disgiunta”, ossia i legami fra i singoli atomi vengono spezzati e le particelle disgiunte vengono
inserire in un “buffer di schemi”, nel quale rimango per un breve istante prima di essere trasmesse
a destinazione. Nella Serie Classica di Star Trek, il teletrasporto converte la materia in energia e
trasmette quell’energia per poi ricomporla in materia (The Squire of Gothos: “TRELANE: We, meaning I
and others, have, to state the matter briefly, perfected a system by which matter can be transferred
to energy and back to matter again. KIRK: Like the transporter system aboard the Enterprise.”).
Cosa mi garantisce che entrando nella cabina del teletrasporto io non sarei invece disintegrato
permanentemente, mentre dall’altra parte esce un perfetto duplicato che è convinto di essere me? In
Star Trek questo è esattamente quello che succede in almeno un paio di episodi (The Enemy Within/Il
duplicato, TOS; Second Chances/Duplicato, TNG) e non mancano altri problemi. In Upload, se mi
sottopongo al procedimento in punto di morte, vengo davvero uploadato o semplicemente viene creata
una copia di me, convinta di essere me, ma io, il vero io, l’originale, crepo lo stesso e cesso di
esistere? Il vero capitano Kirk è morto la prima volta che ha usato il teletrasporto?
In altre parole: un procedimento come il teletrasporto o la digitalizzazione, garantirebbe davvero
la continuità soggettiva dell’esistenza o sarebbe una sofisticata forma di suicidio e sostituzione?
Gli autori di Star Trek si sono resi conto del problema, ma lo hanno “risolto” come solo gli autori
di una storia di fiction possono fare: dichiarando che non esiste. In Daedalus (episodio di Star
Trek: Enterprise), l’inventore del teletrasporto ne parla esplicitamente e lo liquida come
“sciocchezza”, ma senza spiegare perché.
Invece Michael Okuda, uno dei consulenti tecnici di varie serie e film di Star Trek, ammette
chiaramente che “Il modo in cui è stato descritto il teletrasporto mi fa pensare muori e vieni
ricostruito'”.
Precisazione per pignoli: ho scelto il teletrasporto di Star Trek perché si basa sulla
smaterializzazione dell’utente, che è il punto critico di interruzione della continuità
dell’esistenza. Altri universi fantascientifici hanno inventato altre modalità di teletrasporto che
non interrompono questa continuità e non pongono problemi filosofici: per esempio, deformano lo
spazio in modo da unire due luoghi lontani e quindi l’utente non fa che spostarsi lungo un corridoio
o attraversare un portale (anche in Star Trek esistono i wormhole che uniscono fisicamente due punti
distanti). In questo caso è abbastanza chiaro che chi entra è la stessa persona che esce,
esattamente come io rimango la stessa persona quando mi sposto dalla cucina al soggiorno.
Altra precisazione per spiritualisti e religiosi: lascio fuori dalla discussione ogni questione di
anima immateriale e intangibile. Mi interessa solo esplorare quale sarebbe la sensazione soggettiva
di essere teletrasportati o uploadati.
A prima vista pare proprio che queste tecnologie ipotetiche racchiudano un segreto orribile che
rovina per sempre queste serie: ogni volta che entrano nel teletrasporto in Star Trek, i nostri eroi
vengono uccisi, letteramente fatti a pezzi smontandoli atomo per atomo, e dall’altra parte emerge
una fotocopia perfetta (beh, quasi sempre, perlomeno). Ogni volta che una persona viene uploadata in
Upload, in realtà muore esattamente come qualunque altra persona, ma ne viene creata una copia che
la simula perfettamente. Una magra consolazione per il soggetto: questo aldilà tecnologico sarebbe
un colossale inganno.
Ma nelle storie di scienza c’è sempre un ma. In questo caso, il ma è il cosiddetto paradosso della
nave di Teseo. Plutarco racconta che in memoria dell’eroe mitologico, la sua nave fu conservata
dagli ateniesi sostituendone i pezzi man mano che si deterioravano. Dopo qualche tempo, della nave
originale non restava neanche più un pezzo. Era tutta nuova, eppure era considerata la stessa nave.
Anche noi, in un certo senso, siamo delle navi di Teseo. Il nostro corpo e il nostro cervello
vengono continuamente autoriparati, sostituendone atomi, molecole e cellule con dei rimpiazzi.
Veniamo costantemente rattoppati e ricostruiti, per cui con pochissime eccezioni (neuroni corticali,
coni e bastoncelli negli occhi, cellule muscolari cardiache, e poco altro) non siamo fatti della
stessa materia di cui eravamo fatti, che so, dieci anni fa. Eppure, nonostante questo processo di
continua decostruzione e ricostruzione, la nostra coscienza non ha discontinuità. Continuiamo,
soggettivamente, ad esistere.
Si potrebbe argomentare che quelle parti del corpo non sostituite siano le garanti di questa
continuità: la sede del nostro io, per così dire. Ma siamo delle navi di Teseo anche da un altro
punto di vista: la nostra personalità si evolve costantemente nell’arco di tutta la nostra vita. La
mia mente di oggi è ben diversa da quella di dieci, venti o quarant’anni fa: eppure io mi sento
ancora io e non ho avvertito alcuna interruzione e sostituzione. Quando avrete finito di leggere
questo articolo, avrete nella mente idee (spero) nuove e sarete quindi differenti da come eravate
prima di cominciare questa lettura. Però penserete di essere comunque la stessa persona di prima.
Se i vostri neuroni venissero sostituiti uno per volta da altrettanti neuroni sintetici equivalenti
che ne replicano lo stato, vi accorgereste della sostituzione? No, così come non vi accorgete di
quando un ricordo viene trasferito da un gruppo di neuroni a un altro. Sareste sempre “voi stessi”,
anche se tutti i neuroni del vostro cervello venissero sostituiti da quelli sintetici. Il supporto,
insomma, sarebbe irrilevante.
E in effetti è già così senza dover invocare immaginari chip neuronali: in termini di fisica,
infatti, non ha senso parlare di parti del corpo non sostituite, perché la posizione combinata di
tutti gli atomi del corpo cambia costantemente, e comunque quegli atomi sono in realtà una
distribuzione di probabilità: non sono delle palline come le immagina la fisica classica.
In altre parole, la continuità soggettiva della nostra identità esiste solo a livello di
informazioni, non a livello di componenti fisici.
Ma se quello che conta è l’informazione, non il supporto, e la continuità dell’informazione viene
garantita dagli apparati del teletrasporto (dando per scontata la perfetta integrità), allora la
persona che emerge dal teletrasporto è, a tutti gli effetti, anche soggettivamente, la persona che
vi è entrata, anche se è stata momentaneamente convertita in un flusso di energia. Durante il
teletrasporto la sua coscienza avrà continuato a esistere, senza interruzioni avvertibili.
Allo stesso modo, se l’upload garantisce la continuità dell’informazione, allora anche
soggettivamente la persona uploadata sarà la stessa. Insomma, uno spiraglio di speranza di salvare
il capitano Kirk, rimane e il paradiso digitale di Upload potrebbe davvero portare a una forma di
vita eterna.
Il problema è che se la coscienza risiede solo nella continuità dell’informazione, nulla vieta che
l’informazione venga copiata anziché trasferita da un supporto a un altro. Dal teletrasporto
potrebbero uscire due capitani Kirk, ed entrambi sarebbero “quello vero” anche soggettivamente. E in
Upload nulla vieterebbe di creare copie multiple della stessa persona, tutte correttamente sicure,
anche soggettivamente, di essere l’originale.
E se tutto questo non vi ha confuso sufficientemente le idee sul vostro senso di identità, provate a
chiedervi come fate a essere sicuri che siete davvero la stessa persona che eravate quando siete
andati a dormire ieri notte, e non una copia perfetta creata stanotte, che ha i vostri stessi
ricordi, sentimenti e pensieri, un po’ come ne L’invasione degli ultracorpi. Sogni d’oro.
Fonti: Ars Technica, Popular Mechanics, Bigthink, Philosophy Foundation, Stackexchange, Lesswrong,
Syfy. Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile
dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui.
Paolo Attivissimo
da zeusnews.it – 18-05-2020
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