SentireAscoltare – Capitolo 4 – Tecnologia e mercato 1

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SentireAscoltare – Capitolo 4 – Tecnologia e mercato 1

di Edoardo Bridda

“Lo sviluppo della musica dipende più di qualsiasi altro dalla tecnica (Arnold Schömberg, 1934 )„

4.1 Le origini della Fonografia
Scopo di questo capitolo è l’osservazione dell’organizzazione sonora non sulla base sociale in cui
essa ha trovato un concepimento bensì in rapporto ai supporti di registrazione tecnologici. La
storia non può che iniziare dall’invenzione del fonografo e proseguire fino alla moderna tecnologia
Mp3. Lungo tutto questo percorso saranno esplicate le principali interrelazioni intercorrenti tra la
musica e le sue “costrinzioni” tecnologiche. Il processo che ha portato la musica pop e rock nelle
case e nei garage di milioni di persone è fortemente legato alla peculiare configurazione
tecnologica del momento. Determinati sviluppi non sarebbero potuti accadere senza un supporto
adeguato di veicolazione della musica è perciò indispensabile analizzare passo passo le relazioni
tra forme tecnologiche e risultati artistici nonché il ruolo del Capitalismo in questa intersezione.

4.2 Il Vinile
Il vinile rappresenta una vera pietra angolare nello sviluppo storico, sociale ed economico
dell’occidente. La sua invenzione non ha semplicemente “spostato” il suono nel tempo e nello spazio,
ma ha radicalmente stravolto il senso che la musica ricopriva nelle società tradizionali.
Il supporto costituisce, alla fine del secolo scorso, una novità assoluta: permette alla musica di
rendersi disponibile in qualsiasi luogo, intrecciarsi con le attività più disparate, nell’attenzione
o nella disattenzione più totale. Il fonografo, inventato da Edison, è il primo medium che permette
la circolazione di pacchetti sonori fedeli all’originale, in altre parole esso racchiude in sé una
potenzialità che va oltre la sua meccanica. Il supporto garantisce, infatti, la circolazione di
musica e registrazioni varie proprio come se questo materiale si tramutasse magicamente in una
partita di banane importata dal brasile o una confezione di the dall’India, in pratica un’ideale
premessa per un mercato.

È il 1877 quando Edison registra il suo famoso Hello, incidendo su di supporto ricoperto di una
sottile lamina di stagno, c’è molta strada ancora da percorrere. Il fonografo, nei suoi primi anni
di vita, è un grezzo medium di riproduzione dei suoni, è principalmente utilizzato per immagazzinare
memorie familiari, una sorta di fotografia sonora per tramandare le voci e i discorsi ai propri
cari, che negli ambienti borghesi gli meriterà l’appellativo di “canned sound” [103] . Al di fuori
di questi, l’inventore si farà conoscere con l’appellativo di stregone di Menlo Park: la sua
invenzione è considerata dalla maggior parte dell’opinione pubblica come una bizzarra attrazione da
fiera.
Edison non si arrende, convinto dell’importanza del proprio lavoro, brevetta l’invenzione nel 1878.
Siamo negli anni della rivoluzione industriale, un periodo vivace e dinamico che nondimeno assiste
allo sgradevole effetto sonico ambientale delle nuove conquiste tecnologiche applicate alla
produzione. Le cacofonie delle fabbriche, il rumore del ferro, gli sbuffi dei camini, dalle presse,
dei motori irritano l’opinione pubblica che nel giro di due decadi si ritrovava immersa in caos
assordante a cui era totalmente impreparata.

Nel frattempo, in questi stessi anni, il capitalismo consolida il passaggio dalla produzione
Labour-Intensive a quella capital intensive, che diventeranno il diktat dello XX secolo. Il 78 giri,
che sostituisce lo scomodo cilindro nel 1902, s’inserisce in un più ampio contesto di trasformazione
economica e sociale giocandovi un ruolo di primo piano.
Il suo “lettore” è il grammofono di Berliner, l’evoluzione del fonografo, che si configura come il
medium della comunicazione più funzionale al nascente mercato di massa. Berliner, al contrario
d’Edison, è un uomo molto concreto ed attento alle dinamiche economiche. La sua intenzione è chiara
fin da subito: diffondere lo strumento per l’intrattenimento domestico attraverso la distribuzione
commerciale, per questo scopo fonda l’United States Grammophone Company nel 1897 e, l’anno seguente,
ingaggia Fred Gaisberg come direttore delle registrazioni e talent scout. Berliner ha fiducia
soprattutto nella maggior maneggevolezza del vinile e perciò non ha molti dubbi strategici. Il
supporto, infatti, ben si adeguava all’ambiente domestico borghese che mai avrebbe accolto, nel
soggiorno di casa, uno scomodo cilindro ricoperto di cera!

All’inizio del secolo, il grammofono è un potente scardinatore delle logiche evolutive della società
tradizionale. In sostanza, il particolarismo di questa ultima, fondato sulla produzione e sull’uso
di un proprio suono organizzato, verrà sconvolto dalla pratica universalista della sua
registrazione. Ad un livello più astratto possiamo addurre che la musica si prepara a reificarsi
dalla materia. Grazie alla registrazione s’inserisce quello scarto tra il vedere e l’ascoltare che
in altre parole vuol significare che il prodotto sonoro può circolare al di fuori di qualsiasi
ambiente, inteso sia come territorio geografico sia come “spazio” mentale socializzato.
Con il vinile, la musica può essere suonata ovunque, riprodotta all’infinito, ma se essa si sottrae
alla propria materialità anche il pubblico che ne usufruisce deve subire un processo analogo. Forse
la borghesia di inizio secolo utilizza i nuovi medium come scudo sonoro ad un caos ambientale che
essa stessa ha creato, e quindi, proprio la ripetizione dei brani, la loro insistente presenza, si
inserisce nella funzione dell’attenuazione momentanea di questo stato di cose.

Dal nostro punto di vista teorico-sociologico, è il senso qualitativo, che la musica ricopriva nei
rituali della società tradizionale, a subire una grossa stoccata da parte di sistema emergente –il
Capitalismo – che si prepara a dispiegare i propri processi autopoietici, aprendo così la strada ad
una nuova esperienza in campo sonoro: la quantitativizzazione. Se il processo del sentire si
distanzia nel tempo e nello spazio da quello del vedere e in generale del Vivere è invitabile che si
abbiano delle perdite di qualità nell’esperienza sonora.
Nelle società tradizionali la musica è un bene esclusivo di precisi ambiti sociali quali la chiesa,
la balera, la fiera paesana; non sono ammesse mescolanze alcune ed inoltre è solo in questi luoghi
che essa è consumata e condivisa assieme. La performance ha senso proprio perché è circoscritta ad
eventi socialmente determinati, non satura le orecchie perché è pratica collettiva impressa in una
routine –settimanale stagionale, saltuaria –, nonché, essa è parte di un rito oleato nei secoli. La
modernità, dal canto suo, propone la liberalizzazione del tempo d’ascolto tuttavia la sua logica
incoraggia la ripetizione dei brani, costringendo il pubblico ad una ricerca del loro senso sociale.
Ad una maggior libertà non si inserisce un altrettanto valido sistema di codificazioni sociali, anzi
proprio l’abbattimento di quest’ultimi s’incanala verso un progressivo desiderio di novità: “Qual è
l’ultimo successo?” “Cosa ascoltano gli altri?”. La schizofrenia che ne consegue trova la sua
apoteosi con la massiccia distribuzione delle radio.

4.3 La radio
Il periodo storico, compreso tra gli anni ’20 e ’30, segna per la storia tecnologica della
registrazione il passaggio dall’era acustica a quella elettrica [104] . L’invenzione d’Edison si
inserisce perfettamente nelle logiche capitalistiche giacché trasforma, per usare una terminologia
marxiana, la musica da valore d’uso a valore di scambio. È l’epoca della schizofrenia dell’ascolto
che H. Hesse acutamente osserva in un suo romanzo.
La radio lancia la più bella musica del mondo per dieci minuti a casaccio negli ambienti più
impensati, in salotti borghesi e soffitte, fra abbonati che chiacchierano, si rimpinzano,
sbadigliano e dormicchiano […] La radio priva questa musica della sua bellezza sensibile, la sciupa,
la graffia, la scatarra e tuttavia non può sopprimerne lo spirito [105] .

La radio è lo strumento d’intrattenimento domestico più richiesto. La sua popolarità è tanta da
sottrarre gran parte dei profitti al grammofono (non è un caso che gli anni venti sono noti agli
storici come radio days). Il nascente mercato delle “macchine parlanti” riguarda, infatti, gli
stessi acquirenti, una limitata fetta di facoltosi borghesi. È il Juke Box a salvare il vinile da un
fallimento quasi sicuro [106] . Il distributore di musica a gettone, permettendo la diffusione dei
supporti ad un costo più ragionevole, allarga la domanda alle classi popolari forgiano la base
materiale sulla quale nascerà in seguito il fenomeno rock.
Il juke-box addestra il pubblico meno abbiente alla società dei consumi. Esso è, in questo senso, il
più importante agente di socializzazione per tutti coloro che non hanno il denaro per poter
usufruire di un impianto grammofonico. Molti possono ora partecipare ai moderni meccanismi di scelta
in un luogo pubblico – il bar – che diventa il sostituto del soggiorno o della camera da letto
borghesi [107] .

Sul versante economico radio e grammofono concludono la loro battaglia con un accordo evitando per
sempre il fallimento all’industria discografica: il secondo fornirà la “merce sonora” al primo al
valore di scambio di volta in volta concordato tra le parti. Questa unione comporta un altro
cambiamento indicativo nella storia della musica contemporanea. All’epoca, le radio possono fare
benissimo a meno di supporti di musica registrata per allestire gli spettacoli, questi ultimi,
infatti, si basano sull’esecuzione air time [108] dei brani, mentre il vinile a 78 giri [109] , dal
canto suo, fornisce un tempo limitato di due o al massimo quattro minuti di programmazione musicale.
L’accordo impone dunque un’organizzazione del modello sonoro secondo i tempi imposti dalla
tecnologia vigente e così il metodo compositivo subisce leggi tanto severe quanto quelle applicate,
a suo tempo, dalla comunità “del villaggio” che, come sappiamo, stabiliva precisi obblighi ai
musicisti con sanzioni anche gravi ai trasgressori.

Ogni “corpo” trascendente richiede dei costi all’ambiente umano, in questo caso sono le logiche di
mercato ad imporre alla musica una strutturazione del formato che possa essere funzionale al maggior
numero d’orecchie “aventi diritto” possibili. Il pubblico, quello liberal-borghese d’inizio secolo,
è l’unico all’epoca che può permettersi l’acquisto di un grammofono o di una radio e poco si intende
delle sofisticate grammatiche nobiliari. Preferisce la lirica alle sinfonie di Bach, ma ciò che più
gli preme è che la musica sia la meno astrusa possibile e quindi la meno “irritante” [110] . Essa
deve assecondare un motivo orecchiabile e confortante, inoltre, considerati i ritmi lavorativi,
un’organizzazione breve e razionale con un “tocco” di buoni sentimenti.
Per rispondere a queste esigenze, gli esperti marketing creano a tavolino la canzone moderna, una
forma musicale che trae spunto dal caffè-concerto parigino.
La standardizzazione va dall’impianto generale fino ai dettagli. Afferma Adorno: “La regola
fondamentale, secondo la prassi americana valida per tutta quanta la produzione, è che il ritornello
deve essere in trentadue battute con al centro un bridge, e cioè una parte che riconduce alla
ripetizione” [111] .

La forma perciò prevale di gran lunga sul contenuto mentre la canzone sancisce un nuovo paradigma
d’ascolto della musica, basato sull’incessante ripetizione di uno stesso brano. Max Weber, in
un’appendice della sua più importante opera Economia e società [112] pubblicato nel 1921, teorizza
l’inesorabile razionalizzazione della cultura musicale occidentale. Il sociologo, non menziona il
vinile, certo che esso sembra proprio il traguardo della oggettivizzazione della musica, il suo
inscatolamento a prodotto “cosale”, la sua razionalizzazione finale.
L’ethos, che Weber fa risalire al protestantesimo, è in sostanza riconducibile all’ideologia
borghese che ora impone le proprie leggi economiche all’arte a tutto vantaggio del mercato.
Visto in questa ottica, anche il diritto d’autore, nato in difesa del diritto di proprietà
artistica, diventa strumento capitalistico: all’artista non vanno altro che fregole del profitto
ottenuto dalla vendita dei vinili. Il copyright difende gli editori-produttori e non gli
autori-musicisti proprio perché il capitale è dalla parte dei primi e non dei secondi.
Da un lato, l’ideologia stimola la creatività del singolo spingendolo a sperimentare, dall’altro il
diritto di proprietà si presta a difende i grandi numeri dell’industria discografica che, già prima
della metà del secolo, si configura come oligopolio di poche grandi holdings dell’intrattenimento.

4.4 La payola
La conquista fondamentale dei nuovi mezzi di comunicazione è la capacità di raggiungere
contemporaneamente molteplici ricevitori partendo ad un unico punto d’emittenza. Tutti i medium in
questione sono, di fatto, un’evoluzione del telegrafo; la radio è inizialmente concepita come
telegrafo senza fili e lo stesso Edison considera la registrazione come un “errore” durante gli
esperimenti da lui condotti, su di un telegrafo “parlante”.
Grazie all’accordo tra la radio e industria discografica, è la prima a giocare il ruolo di prima
donna ed usufruire dei vantaggi delle conquiste tecnologiche mediali. In quegli anni ha inizio, non
a caso, la famigerata pratica della payola che consiste (anche tutt’oggi) nella programmazione
radiofonica dietro compenso (illecito) agli operatori al fine di far affermare determinati prodotti
sul mercato. È la potente radio di allora a determinare il successo di un fonogramma e alcune
industrie discografiche per tutelarsi dai rischi d’investimento “comprano” i disc Jockeys con
sfiziose regalie (automobili, case) in cambio della messa in onda dei propri pupilli.

Numerosi sono stati i tentativi di stroncare questa pratica distorsiva mentre scarsi sono stati i
risultati: lungo tutta la storia della musica contemporanea a scadenza decennale si sono alternate
denuncie e archiviazioni. La pratica della payola, che è un crimine federale in USA dal 1960, non è
ancora oggi stata abbandonata. In buona sostanza, sembra che più la musica si massifica e più essa è
merce di scambio; più gli investimenti sono massicci e più il Capitale si tutela.
Prima degli anni cinquanta la struttura economico-tecnologica congela il prodotto fonografico
considerandolo al pari di un qualsiasi altro bene prodotto industriale. Sono sette le case che, già
dagli anni ’40, controllano il mercato: Columbia, Rca, Decca, Capitol, Mercury e Mgm. Queste non
hanno nessuna intenzione di rischiare investendo in nuovi generi e le loro attività non riguardano
soltanto la musica registrata. Solo la guerra riuscirà in parte a scalfire questo potere. Accade che
le black indies, le etichette indipendenti di musica nera, sopperiscono alla carenza d’offerta delle
majors durante il conflitto proponendo una più autentica musica di colore. Questo passaggio è
fondamentale per la diffusione del sound che alimenterà il dopoguerra: non ci sarebbe mai nato un
rock and roll per mezzo dell’industria discografica che, di fatto, in quegli anni, censura ogni
prodotto che si discosta dal gusto borghese vigente.

4.5 Il long playing e il 45 giri
Durante la seconda guerra mondiale, l’esigenza di supporti registrati di lunga durata per lo
spionaggio politico porta ad una brusca accelerazione nella ricerca fonografica. Il risultato di
questi sforzi porta alla nascita del microsolco, nuovo formato che può contare su robusti vinili
(PVC) permettere di registrare fino a trenta minuti continuati di audio. Nel dopoguerra l’industria
dell’intrattenimento se ne appropria e, anche in questo caso, l’innovazione tecnologica e la
strategia commerciale cambiano il corso della storia.
Il formato fu perfezionato dalla Columbia Company (sotto la direzione di Peter Goldmark) che prima
di lanciare sul mercato il nuovo standard fece due mosse fondamentali: strinse innanzitutto un
accordo con la Philco per mettere la disposizione del pubblico un Hardware a buon mercato per la
riproduzione e, successivamente, allestì un ampio catalogo di musica registrata. Solo dopo, nel
1948, cominciò a invadere il mercato mondiale e l’impatto della strategia fu tale da obbligare tutti
i produttori di fonogrammi e di apparecchi ad adottare l’innovazione [113]

La Columbia forte di una strategia ineccepibile, cede in licenza il brevetto mentre a cogliere la
sfida è la sola l’RCA, che prepara un formato di pronto consumo: il 45 giri. Ridotto in dimensioni e
nel prezzo, lo standard rivale può essere ascoltato su apparecchi portatili ed è in questo che gli
esperti contano per ritagliarsi una fetta di mercato. Si apre così la “guerra della velocità” che si
conclude alla fine degli anni cinquanta con una ripartizione del mercato. Il 33 giri, più
sofisticato e caro si rivolge al mercato della musica adulta – la classica – mentre il 45 giri ai
nuovi consumatori emergenti – i giovani – che si ritrovano inconsapevolmente per le mani un supporto
con le stesse limitazioni di durata del 78 giri. È migliorato il rapporto segnale/rumore [114] ,
passando da 30 db a circa 50-60 db ma è rimasto in tutta la sua gravità il problema del minutaggio
che impone alla musica pop la stessa struttura canzone degli anni venti. Ci vorranno i moti dei
sessanta per suggerire al mercato strategie più consone ai gusti che, nel frattempo, la generazione
hippy aveva maturato grazie anche alle etichette indipendenti.
A sancire il 33 giri come prodotto per giovani è, dunque, Blonde on Blonde di Bod Dylan del 1966.
Prima di questo album i formati suddetti raccoglievano al massimo una raccolta di singoli della band
di punta dell’etichetta che li aveva prodotti e più in generale possiamo aggiungere che l’imprinting
basato sulla ripetizione dei brani di breve durata forgerà la musica rock e pop fino ai giorni
nostri.

da www.neuroingegneria.com

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