SentireAscoltare – Capitolo 4 – Tecnologia e mercato 2

pubblicato in: AltroBlog 0

SentireAscoltare – Capitolo 4 – Tecnologia e mercato 2

di Edoardo Bridda

4.6 Il nastro magnetico
Del nastro magnetico si rintracciano le origini al tempo del regime hitleriano che aveva premuto
notevolmente sulla ricerca di supporti volti all’attività propagandistica. È ancora il conflitto
bellico a dotare a posteriori dell’hardware per l’industria dell’intrattenimento com’era accaduto
con il vinile a 33 giri. Gli americani si appropriano del German Magnetofhon considerandolo “bottino
di guerra” e verso la fine della guerra esso rappresenta il modello per la produzione.
Una volta introdotto nell’industria della musica, il nastro ne cambia per sempre i connotati. La
multi-traccia, introdotta verso la metà degli anni sessanta in sede di registrazione degli album pop
e rock, permette la registrazione di un brano musicale a più riprese e consacra nel mondo artistico
una nuova ed importantissima figura: il produttore. Con il nastro a più piste non è più necessario
che lo studio sia unico: famoso è l’esempio della canzone The Boxer di Simon e Garfunkel dove il
coro e gli archi sono stati aggiunti (sovraincisi) rispettivamente nella Chiesa di St. Paul e ai
Columbia Studios e quello di John Lennon che lascia il compito di “aggiustare” due differenti
versioni di Strawberry Fields a George Martin.

Con il nastro, la qualità dei suoni, il sound, forgiato da abili produttori, diventa il metro di
giudizio sulla bontà della canzone pop/rock. Questo vuol dire che il disco si carica di un valore
aggiunto: non è più soltanto la registrazione di una qualcosa che è accaduto dal vivo ma al suo
interno si esprimono esperienze sonore che si distaccano dalla realtà.
Se è grazie ai vinili delle indies nere che gli inglesi impararono a suonare il blues e
successivamente il r’n’r, ora quelle sonorità vengono arricchite di archi e di effetti sonori presi
dall’ambiente. Due esempi sono significativi: gli orologi e i cu cu nel primo album dei Pink Floyd e
il capolavoro di sovraincisioni che è la canzone A Day In The Life ultima canzone di Sgt. Pepper dei
Beatles; l’intero fenomeno psichedelico sarebbe stato monco senza queste trovate.
Indi per cui, da un altro punto di vista, il disco, osservato nella sua accezione di medium della
comunicazione, si pone in una certa funzione di democratizzante del suono organizzato che lo vede il
traguardo della transizione che parte dalla cultura orale e segue in quella codificata nelle note.
In ogni caso, in quest’epoca, il passaggio ad una fruizione soggettiva “matura” di quest’esperienza
richiederà, ancora per molto tempo, l’acquisizione della decodifica da parte del sociale, un tema
questo che ritornerà verso la fine del capitolo.

La musicassetta
Il magnetofono è inizialmente utilizzato ai soli fini professionali, causa un apparecchio di
notevoli dimensioni munito di scomode bobine, ad ogni modo, verso la fine degli anni sessanta, la
Philips introduce la compact cassette. Il supporto, più maneggevole e pratico, supera in qualità il
suo più diretto concorrente del tempo, il super8, e stabilito il nuovo standard, anche in questo
caso, il brevetto è concesso in licenza.
Ad approfittarne sono le giapponesi Sony e Matsushita che migliorano al tal punto il magnetofono da
renderlo appetibile al mercato domestico borghese. Così ha inizio anche l’ennesimo conflitto tra
supporti, che anche in questo caso si concluderà con un nuovo ma più instabile status-quo: il vinile
rimane depositario della “qualità” mentre la cassetta è impiegata per le situazioni più
“contingenti”.

È chiaro che questa definizione lascia pesanti dubbi sul futuro discografico, l’avvento del nuovo
formato introduce una novità rivoluzionaria: la musica si può copiare in privato senza dover per
forza ricorrere all’acquisto del prodotto in vinile o al gettone nel Juke Box. Il problema della
pirateria evoca brutti fantasmi all’industria musicale proprio come ai tempi della battaglia contro
la radiofonia, tuttavia, nel frattempo, la società è cambiata. I moti comunitari del sessantotto si
disperdono e ad essi subentra, nei settanta, una generazione più culturalmente orientata ai consumi.
Da una parte le relazioni sociali giovanili perdono il loro carattere universalista, dall’altra
l’acquisto dei vinili acquista anche una valenza più feticistica.
La pirateria inizia ad intaccare i profitti delle grandi imprese però il potenziale pericolo che
essa rappresenta si stempera nel maggior individualismo della società che coincide con la
restrizione delle cerchie familiari e amicali.

4.7 Il walkman
Il carattere individualista riscontrabile nel sociale negli anni ottanta s’intreccia quindi con la
successiva innovazione dei supporti per cassette: il walkman. Introdotto nel 1979 su intuizione di
Masuru Ikanu e Akio Morita, l’apparecchio consente di portare “a spasso” la musica allargando così
l’ascolto in ogni luogo possibile. Il successo dell’innovazione consente alla Sony di vendere 50
milioni d’esemplari lungo la decade successiva, portando al fenomeno noto ai sociologi come
soundabout, parafrasato dal termine walkabout, ovvero, l’abitudine nomadica degli aborigeni
australiani di cantare al fine di orientarsi nel territorio [115] .
La transizione alla quantità della musica, intesa qui come merce di scambio, raggiunge vette prima
impensabili: il walkman e la neonata Mtv introducono una pioggia incessante di suoni e, di
conseguenza, l’ascolto non può che pagare il costo dell’assuefazione. Il nuovo scudo sonoro acuisce
il medesimo paradosso di quello radiofonico degli anni venti: di fronte ad un ambiente
massicciamente rumoroso si erge un muro di suoni altrettanto schizofrenici con la differenza che ora
la musica è ovunque, preventivamente scelta e/o registrata su cassetta e non più passivamente
recepita dalle stazioni radio.

Tuttavia, attraverso il walkman, c’è stata una straordinaria conquista in termini di riavvicinamento
del suono alla Vita. Attraverso il registratore portatile, la musica non solo è uscita
prepotentemente dall’ambiente domestico ma si è realizzata anche quella traduzione di un bisogno
collettivo in chiave individuale [116] che l’ha astratta reificata, in modo pressoché inedito, dal
proprio senso sociale. La condivisione sociale, che dava quel plusvalore di senso al vinile, suonato
a casa con gli amici o “gettonato” al juke box del bar, perde ora gran parte del suo mordente
diventando influenza obliqua, traversa alla funzione che assume direttamente la musica per il
soggetto. Inizia cioè a delinearsi quella “maturità” dell’esperienza sonora che “taglia” i legami
con il sociale.

4.8 Il Compact disc e il digitale
La novità tecnologica più importante degli anni ottanta è sicuramente il Compact Disc, che introduce
un nuovo rivoluzionario formato per qualità e resa acustica. Il supporto, composto di policarbonato,
a fronte di una dimensione notevolmente ridotta rispetto al suo predecessore, fornisce in 12 cm di
diametro la registrazione, su di un’unica facciata, di ben 78 minuti di musica continuativa. La sua
lettura avviene mediante un fascio di luce che evita per sempre l’usura del disco da attrito della
puntina, in più la qualità dell’output sonoro raddoppia.
Il carattere rivoluzionario del CD è il digitale che si colloca nel formato d’immagazzinamento dati
dei computers: i bytes. Anche in questo caso è la telefonia a fornire le intuizioni necessarie
all’implementazione di questa tecnologia. I tecnici della Bell Laboratories di New Jersey mettono a
punto un metodo per moltiplicare le informazioni veicolate dal doppino telefonico attraverso la
numerizzazione e semplificazione dei segnali. Il sistema binario adottato è il Pulse Code Modulation
(PCM) ed è basato sul principio che un segnale continuo può essere scorporato in un numero finito di
campioni, custoditi mediante la rappresentazione binaria e, all’occasione, rinominati nel segnale
originario. Attraverso tale processo, quindi, il suono complesso è ridotto ad una serie di numeri
che ne danno una sorta di partitura dell’informazione, poiché immagini, testi, e musiche si
confondono, nuovamente in un continuum il cui linguaggio comune è il bit [117] .

Il passaggio dai sistemi analogici a quelli digitali delinea uno spartiacque epocale nella storia
della musica registrata aprendo la strada ad un futuro ancor più imprevedibile che in passato. Al
tempo del lancio, il formato rappresenta un vero salto nel buio per le case discografiche. Proporre
al pubblico di fruitori un disco qualitativamente superiore ma ad un prezzo considerevole significa
rischiare, e non poco. Miracolosamente, questo periodo coincide con la mezz’età della generazione
sessantottina di Baby Boomers che riacquista in stock le ristampe dei propri idoli. Nessuno
all’epoca avrebbe messo la mano sul fuoco su questa rincorsa al passato, eppure, il CD, in pochi
anni, scalza completamente il vinile stabilendo anche un nuovo standard compositivo per gli artisti.
La durata del supporto digitale, infatti, è quasi il doppio di quella analogica e un album ora
singolo in passato avrebbe dovuto essere doppio, con tutte le problematiche musicologico-mercantili
che questo avrebbe comportato. Anche il metodo d’approccio cambia: se per vinile l’ascolto era più
che altro esteso dall’inizio alla fine della facciata (si pensi alle cosiddette opere rock di fine
anni sessanta e settanta), con il cd la gestione dei brani è immediata, così la loro programmazione
in scalette su misura, oppure l’ascolto randomizzato cioè in successione casuale.

Il cd introduce un ascolto più democratico ma, da un punto di vista fruitivo-sociale, toglie quel
plusvalore di senso che il vinile a 33 possedeva in quanto un tutto estetico e sonoro. Il vecchio
disco analogico era oggetto di cure impensabili oggi: la sua deperibilità acuiva la qualità di una
reliquia da non sciupare. Spesso i più esigenti lo ascoltavano una volta soltanto registrandolo nel
contempo su cassetta per evitare di ritrovarsi nel tempo un prodotto deteriorato.
Con il compact disc è innanzitutto questo significato di deperibilità a venire meno: il nuovo
formato è sonicamente impeccabile e potenzialmente immortale, purtroppo però esso presenta una
piccola custodia di plastica che protegge un altrettanto piccolo libretto al suo interno e
quest’ultimo ha impressa la copertina del disco a 33 giri in un formato terribilmente più piccolo.
Il negozio di dischi da piccolo locale di “artigianato musicale” diventa uno spazio di scaffali
pieni di scatolette di plastica, spesso racchiuse da un involucro altrettanto inestetico per
impedirne il furto.
Il lettore CD introduce, dunque, un approccio radicalmente differente nelle pratiche d’ascolto
casalingo, addirittura all’inizio è percepito dal pubblico come un oggetto esoterico. Il disco
argentato entra nella “scatola” ma non è più possibile osservare il contatto del disco con la
puntina, magicamente il suono esce lo stesso, pulito e inappuntabile, dalle casse dell’impianto
HiFi.

Per l’ascoltatore, il mutato paradigma d’ascolto consiste nell’immaterialità dell’output musicale,
in altre parole, l’esperienza del digitale. Il CD rappresenta un’altra fase della reificazione e
desacralizzazione della musica. Per mezzo di esso, il suono organizzato raggiunge l’ennesimo grado
d’astrazione dalla realtà fisica perdendo un’altra porzione della sua valenza mistica e magica.
Il digitale banalizza un’esperienza sonora che era ancorata al sociale, egli non la conosce, per lui
tutto è binario e immagazzinabile secondo questa logica. Il digitale purifica il suono (DB) fino a
renderlo funzionalmente “perfetto”, tuttavia questa impeccabilità non risponde all’ambiente umano ma
al flusso di bit.

4.9 Internet, Mp3 e Masterizzatori
Negli anni novanta, l’evoluzione tecnologica provoca l’ennesimo terremoto nel campo dell’industria
dell’intrattenimento con la differenza che ora non sembra più possibile il ritorno allo status quo.
L’emergenza d’internet ha reso possibile la creazione di una rete globale in grado di fare del
pianeta un’unica discoteca dotata d’ogni sorta di materiale sonoro registrato. Inizialmente il
pericolo è solo potenziale, il formato digitale dei compact disc è troppo grande perché possa
circolare nella rete, causa la notevole pesantezza dei files-dati da trasportare da un punto
all’altro, mentre la tecnologia di trasmissione è ancora troppo lenta per consentire un rapido
utilizzo (download).
Le case discografiche non hanno neppure il tempo di tirare un sospiro di sollievo che nasce l’MP3,
un rivoluzionario algoritmo di compressione dei dati musicali. L’output sonoro non toglie molto
all’originale ed il rapporto tra il nuovo formato e il vecchio registrato su CD è di 1 a dieci.
L’mp3 è cioè dieci volte più leggero, ciò significa che ogni possessore di computer, dotato di un
modem e di un processore sufficientemente veloci, può impacchettare la propria musica e renderla
potenzialmente disponibile, in un tempo relativamente breve, all’umanità intera tramite un sito
internet.

Non tutto ciò che è registrato è udibile all’uomo, questa in sostanza l’intuizione geniale degli
inventori dell’mp3. Tramite un algoritmo informatico l’output sonoro è ridotto al campo dei suoni
che il nostro orecchio fisiologico può percepire, un restringimento pienamente funzionale alla
circolazione del formato nella Rete Internet.
Il nuovo software è di giorno in giorno più potente e pericoloso: la velocità di trasferimento dati
migliora di mese in mese, mentre la commercializzazione dei masterizzatori, apparecchi in grado di
copiare anche i CD musicali, riportano su di un supporto digitale vergine ciò che è stato
preventivamente “scaricato” dalla rete.
Le case discografiche iniziano così la battaglia per la chiusura/oscuramento dei siti illegali
contenenti migliaia di canzoni e CD interi. Sembra che la “peste” dell’MP3 sia arginata ma quasi
contemporaneamente nel 1999 subentra Napster, la creatura di un ragazzo di 19 anni: Shawn Fanning.
Il programma è in grado di mettere in contatto direttamente gli utenti che vogliono scambiarsi i
file musicali (peer to peer ). È l’ennesima rivoluzione: se antecedentemente le ricerche musicali in
rete risultavano – ai più – lunghe e problematiche, ora la facilità con cui è possibile recuperare
istantaneamente ogni sorta di canzoni (e album) è disarmante. Già nello stesso anno della sua
comparsa mediatica Napster è messo alla sbarra da una associazione di produttori discografici – la
Recording Artists Industry Association of America – e dopo una serie di condanne e reiterazioni il
programma in data 2 Luglio 2001 è costretto a chiudere.

Le Case Discografiche non possono neanche gioire delle loro conquiste in campo giuridico che si
trovano di fronte a decine di Cloni di quest’applicazione che aggirano i divieti legislativi di
copyright. Se Napster aveva un nodo principale che smistava le domande e offerte di file musicali i
suoi “figli” puntano più sulla rete, sulla molteplicità di nodi intercomunicanti. La questione si
complica ulteriormente e l’aria che si respira ai vertici delle Major musicali rasenta il panico. I
profitti sono scesi notevolmente negli ultimi anni provocando danni economici per milioni di dollari
e anche dopo la chiusura del nemico pubblico numero uno le cose non sembrano migliorare, anzi. In
una tale confusione non stupisce che EMI abbia scatenato una guarnigione di avvocati contro un sito
di musichette per cellulari reo di aver messo a disposizione le prime quindici note musicali di
brani protetti da copyright.
La fase è delicata e porterà ad una riorganizzazione dell’industria musicale. Di fatto non si può
più prescindere dalla Rete per intraprendere qualsiasi business musicale, milioni di persone in
tutto il mondo hanno utilizzato Napster e grazie a questa pratica è nato un fiorente settore di
riproduzione portatile per MP3. Questi nuovi apparecchi sono la versione aggiornata dei vecchi
Walkmann che oggi possono “leggere” i moderni dati tecnologici mediante cartuccie di memoria o
Cd-Roms preventivamente registrati con un masterizzatore.

4.10 Considerazioni
Nello “spazio” digitale ogni cosa diventa estremamente malleabile, plastica, deformabile e questo
significa che la musica, in seguito a questi stravolgimenti, entra a pieno titolo nella
virtualizzazione.
La virtualizzazione dell’esperienza sonora disintegra l’involucro ancora relativamente fisico del
canned sound edisoniano, considerandolo un mero insieme di bytes. Questo comporta che la sua
manipolazione può avvenire per o contro il mercato, per o contro l’uomo. Se le cose sono virtuali
possono circolare ad una velocità impensabile per il mercato tradizionale, facilitandone lo scambio,
nondimeno, ciò le rende anche facilmente falsificabili, togliendo così ogni autorevolezza ai già
problematici diritti d’autore.
Se l’individualismo della società aveva salvato le case discografiche dall’invenzione della
musicassetta, con internet l’mp3 ed i masterizzatori, una revisione radicale di questa industria
diventa oggi un obbligo.

Il walkman, e soprattutto il lettore cd, hanno già abbondantemente abituato i giovani all’esperienza
musicale smaterializzata, portatile e desacralizzata da qualsiasi contesto materiale e sociale di
riferimento. Per loro l’mp3 rappresenta uno strumento democratico di scelta poiché esso prescinde
largamente dal gruppo e dal sociale in generale. Con il massimo della virtualizzazione attualmente
possibile si intravede l’emergenza di un’esperienza sonora veramente individuale ed umana ma anche
il rischio di una sovraesposizione ai raggi musicali, un funzione, in fin dei conti, delle potenti
major capitalistiche che infatti stanno lavorando su come tutelarsi nella rete.

da www.neuroingegneria.com

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *