SentireAscoltare – Conclusioni – Sociologia della Musica
di Edoardo Bridda
Fino a poco tempo fa, la popular music ha catalizzato attorno a sé un atteggiamento fortemente
critico o di indifferenza, pertanto, nei suoi confronti, molti teorici della cultura e sociologi
hanno a lungo sostenuto la sua inutilità e strumentalità. Il caso più emblematico è rappresentato
proprio da Adorno, il più citato dai sociologi della musica. La pop music, secondo il non era altro
che una merce ripugnante prodotta da uno dei rami più estesi dell’industria della cultura, un mezzo
affettivo per inculcare l’accettazione della società amministrata [118] … un miscuglio sintetico
cinicamente imposto dall’alto [119] . Altri autori, di tutt’altra scuola di pensiero, esprimevano
anch’essi il loro punto di vista pessimistico, catalogando questa espressione musicale come una
forma d’arte di serie B. F. R. Leavis, ad esempio, deplorava gli effetti brutalizzanti della società
industriale che, a suo parere cancellavano la tradizione culturale, banalizzavano l’espressione e
nutrivano una distruttiva ideologia egalitarista. Anche i sociologi americani concordavano. Negli
anni cinquanta, Hirsch parlava di un consenso sociale all’intrattenimento programmato dei mass media
che è in funzione del rinforzo della moralità convenzionale attraverso un continuo flusso di
frivolezza standardizzata. Se, da una parte, l’arte alta – l’unica vera – era ricondotta alla great
tradition della musica classica, dall’altra non vi era redenzione per quella che sembrava, agli
occhi di tutti, da destra a sinistra, come la sua antitesi.
Verso la metà del secolo la popular music, per la sua semplicità e standardizzazione, esprimeva,
agli intellettuali, poco più che i frivoli atteggiamenti dei giovani, ignare vittime del ‘sistema’e,
cosa più sconcertante, sembrava che questa voglia di frivolo distruggesse secoli di tradizione
culturale di musica colta. Vi era in quegli anni, come sottolinea Harker, una pervasiva teoria della
cospirazione nella quale i lavoratori erano lobotomizzati in un’acritica accettazione dell’ideologia
capitalista. Un tale punto di vista, si è dimostrato il più difficile ostacolo allo sviluppo di uno
studio analitico sul fenomeno della pop music. Eppure qualcosa di profondo era cambiato nel 1956: la
successione di canzoni d’amore per le masse, che proveniva dalla tradizione del caffé concerto
parigino, veniva lacerata, al suo interno, dal tribalismo violento del rock ‘n’roll. Nella bianca e
‘pulita’tradizione della canzone si insediava una ‘bestia’nera. In meno di un decade, le critiche di
chi vedeva in White Christmas un messaggio subliminare al consenso sociale, o in Rudolph the red
nosed reindeer un invito ad essere servili, le canzoni pop erano sotto accusa in quanto non
accettavano la moralità convenzionale. Era l’inizio di un legame duraturo, quello tra il rock e
l’opposizione al sistema, che si poneva anche l’obbiettivo di elevare il rock ad arte.
Alla distinzione arte alta = musica classica e arte bassa = pop, la prima generazione – i baby
boomers – aveva di fatto contrapposto quella rock = arte, pop = sistema, e, facendo questo aveva
gettato le prime basi per un’accettazione futura del rock come cosa ‘seria’, e di contro, una sua
inesorabile integrazione nel sistema stesso.
Si può dire che nel momento in cui la musica popolare cominciò a fare distinzioni al proprio
interno, con la controcultura degli anni sessanta, iniziò anche un precocissimo processo di
sedimentazione per il quale: alla gerarchia di generi che si era sviluppata nel gusto aristocratico
dal 1500 alla fine del 1800 se ne sviluppava una identica per una borghesia alla ricerca di una sua
legittimazione nell’arte. Vulliamy giustamente afferma che il livello di accettazione del rock può
avere molto in comune con l’educazione e lo status del suo pubblico.. .. i gruppi sociali dominanti
hanno il potere e l’opportunità di legittimare le pratiche e le forme culturali. Ancora una volta,
la stratificazione degli stili e dei generi, rappresentava l’output della competizione e del
conflitto tra i gruppi sociali differenti. È chiaro che l’importanza e il prestigio dei generi
musicali non può essere considerato del tutto innato, ma emerge dalle pretese e contro-pretese di
differenti fazioni interessate. Come osserva P. J. Martin per alcuni, che hanno considerevole
influenza nelle elites politiche e educative, il rock è, al più, il rumoroso accompagnamento
dell’immaturità giovanile; per altri, che hanno molti amici nei media, esso aspira alla condizione
di arte. Similarmente, esistono ancora oggi punti di vista contraddittori in proposito del
significato politico della musica pop: alcuni sostengono come il r ‘n’r sia una grande truffa, in
quanto rispecchia l’ideologia dominate, e altri che enfatizzano sul potenziale radicale dei suoi
effetti sui giovani.
Non è tanto importante né produttivo elaborare qui tutte le sfumature possibili riguardo a questi
dibatti, ciò che è emerso in questo lavoro è che la musica pop è stata, e sarà sempre, intimamente
legata al Capitale, con tutte le etichette e le prese di posizione che questo necessariamente
comporta. Non bisogna dimenticare che è stato grazie al capitale, che ha permesso una mescolanza di
stili culturali tra loro diversissimi, che è stato possibile ora arrivare ad avere una tale varietà
di stili musicali, nonché, la libertà per noi di fruirne o di scegliere; tuttavia, a questa libertà
si è sempre contrapposto un costo, alle volte anche piuttosto alto: l’esigenza alla
standardizzazione, alla quantità del Capitale. Le logiche capitalistiche, non sono mai state quelle
della primissima comunità rock e/o della qualità della musica per la Vita, ma solo quelle del
plusvalore, ovvero, della massimizzazione dei profitti. Se Woodstock era visto da milioni di ragazzi
come la rivoluzione che andava avanti, per i politici come una minaccia all’ordine sociale, per il
Capitale non era altro che un nuovo e lucroso business. Se a Woodstock c’era qualità, in quanto i
giovani si sentivano veramente parte di una comunità fuori delle logiche alienanti del sociale, per
il capitale c’era una gran quantità di denaro da far fruttare.
Marcuse spiega, attraverso la nozione di tolleranza repressiva, il fallimento del sessantacinque – o
sessantotto – e il suo successo dal punto di vista della vendita dei vinili. Secondo il sociologo di
Francoforte (emigrato poi a Berkley in California) il capitale ha liberato l’uomo dalla tirannia
delle forze della natura, e dall’irrazionalità della chiesa o della monarchia, ma solo al costo di
stabilire un ordine razionale: la società tecnocratica, con i propri centri di potere. I mezzi sono
diventati i fini, i valori della comunità sono stati soppiantati da quelli ‘tecnologici’.
Marcuse ha ragione quando afferma tutto ciò, ma occorre precisare sempre un dato fondamentale: vi
sono sempre stati dei costi da domandare alla Vita, sia che si tratti del Capitale (sociale) sia
della Comunità,. Il capitale ha permesso agli individui di diventare persone, di staccarsi da una
società ingiusta e violenta che impediva ai musicisti la libertà di dettare le proprie regole anche
con la morte. Tuttavia era proprio questo assetto sociale che garantiva ai partecipanti di toccare
con mano il significato vivo della musica suonata assieme. La società pre-moderna sopperiva alla
mancanza di libertà garantendo i propri membri la comprensione dell’universo musicale attraverso
l’attribuzione meticolosa di un senso e di un pathos. Il capitale ha liberato la musica ma, per fare
ciò, ha dovuto decontestualizzarla, astrarla dalla comunità, ovvero, dal proprio ordine mitopoietico
fondato sulle differenze ‘forti’. Espresso in un concetto, il Capitale ha dovuto rendere la musica
merce di scambio non più valore d’uso. La musica moderna ha perso il suo significato sociale più
intimo: il rito tradizionale; e, se la vediamo da questo punto di vista, essa è destinata a
banalizzarsi ulteriormente.
Il rock ha avuto la ‘fortuna’di avere un’anima nera che si è nel tempo addomesticata alla forma
canzone bianca. Al suo interno hanno convissuto contenuti comunitari fortemente ‘primitivi’legati
al ritmo e al moto – e regole armoniche volute dal Capitale cioè la canzone. La verità, a mio
avviso, è che la musica pop o rock ‘arriva’al suo pubblico sia come affetto vivo sia come merce o
prodotto. È grazie ad un meccanismo capitalistico indotto che tanta gente vuole comprare tutta la
produzione di un gruppo considerato il preferito, ma è a partire da un aspetto sonoro e ritmico
sentito che ognuno di loro ha trovato nella musica di questo gruppo un valore specifico qualitativo
(magari anche solo per un istante). Non è nei significati delle parole o nella grammatica che
dobbiamo andare ad indagare per capire la musica contemporanea. Chi per analizzare la musica
popolare ha utilizzato l’analisi del contenuto, per dimostrare che le canzoni hanno un significato
interiore che può essere indagato indipendentemente dalla musica, non ha capito un granché dei
fenomeni giovanili. Il risultato degli studi condotti già negli anni sessanta, da parte di Hirsch e
Robin, aveva portato all’evidenza che la maggior parte degli ascoltatori hanno attribuito
significati diversi alle parole delle canzoni, rispetto a quelli individuati dai ricercatori e dai
critici, inoltre la maggioranza dei teen-agers sono ignari di cosa le canzoni di protesta parlino.
L’importanza della voce nella musica pop sta nel suo tono (forma umana) non nelle sue parole, un
po’com’è per i bambini nei confronti della voce della madre. Ognuno trova nella musica un suo
affetto vivo oppure sente nella musica un confortante ritmo di ‘senso’che non è altro che l’accesso
all’esperienza primaria del suono della vita. Nel momento in cui si inizia ad ascoltare e quindi ad
intellettualizzare la terra comincia a tremare, come diceva Mereleau Ponty, il fenomeno sonoro
perde il suo significato più vivo. Da ora in poi, può diventare una merce insignificante o un arte
sofisticata, in entrambi i casi un qualcosa di astratto, sfuggente mai appreso a pieno e quindi
disprezzato o esaltato. La musica pensata è il piacere della distinzione (di classe o di
sotto-cultura) o delle differenze al suo interno (tra un genere migliore e uno peggiore) è un fatto
squisitamente sociale e segue le sue logiche. Il sociale ha logiche extra-umane, trascendenti, ci ha
educati ad ascoltare, a dare un senso alla musica che noi abbiamo, consapevolmente e soprattutto
inconsapevolmente, imparato a comprendere ma non a sentire. Il sentire è un fatto distinto, non va
ricondotto né al tempo né alla forma di un brano musicale, che sono dettati dall’esterno. Il sentire
non va neanche ricondotto alla musica. La Vita esperisce il suono in base ad un suo intimo e
profondo processo autoimplicativo.
Note
[ 1] Per approfondimenti sul concetto di Vita come distinzione Vita/non-vita cfr. Baraldi-Piazzi, La
comunità capovolta. Bambini a San Patrignano, Angeli, Milano, 1998
[ 2] Giuliano Piazzi, La ragazza e il direttore, p.39
[ 3] Giuseppe Porzionato, Psicobiologia della musica, p.78-79
[ 4] A. Tomatis, La Notte Uterina, p. 40
[ 5] G. Boccardi, Il percorso suono-voce-parola nella relazione madre-bambino e nella relazione
analitica, in Nevrosi infantili e musica, Quaderni di musica applicata, N° 7, Pcc., Assisi 1985
[ 6] C. Sini, L’incanto del ritmo, p.55-57
[ 7] A. Tomatis, Ascoltare l’universo in M. Spaccazocchi, Musica Umana.
[ 8] Il tempo è stabilito in base al tono muscolare del bambino che fino al decimo giorno è molto
buono.
[ 9] A. Tomatis, L’orecchio e la Vita, p. 194
[ 10] A. Tomatis, La notte Uterina, p. 110
[ 11] A. Tomatis, La notte Uterina, p. 110-111
[ 12] A. Tomatis, op. cit., p. 194-195
[ 13] A. Tomatis, La Notte Uterina, p. 113
[ 14] A. Tomatis, op. cit., p. 327
[ 15] A. Tomatis, op. cit., p. 333
[ 16] A. Tomatis, op. cit., p. 195
[ 17] A. Tomatis, op. cit., p. 200
[ 18] F. Manattini, La società nella mente, p. 104
[ 19] AAVV, Sociologia urbana e rurale, p. 23
[ 20] G. Piazzi, op. cit., 2.2.4
[ 21] D. Stern, Il mondo interpersonale del bambino, p. 66-67
[ 22] J. K. Stettbacher, Perché la sofferenza, Garzanti, Milano, 1990, p. 24
[ 23] D. Stern, op. cit, p. 69
[ 24] D.Stern, op. cit., p. 71
[ 25] D.Stern, op. cit., p. 72
[ 26] M. Merleau Ponty, Fenomenologia della percezione, p.314
[ 27] Maurizio Spaccazocchi, in proposito, sottolinea la qualità specifica e soggettiva del timbro o
“sound” rispetto alla melodia (socialmente condizionata). Secondo il musicista: una lettura della
musica in termini di sound, permette maggiormente di entrare nel mondo personale, nell’intimo,
nell’individuale, nello specifico e non nel generalizzato, come appunto certi parametri più
misurabili non permettono (M. Spaccazocchi, umana musica, p. 24)
[ 28] La fenomenologia è lo studio delle essenze, e per essa tutti i problemi consistono nel
definire le essenze. È una filosofia trascendente che pone fra parentesi, per comprendere, le
affermazioni dell’atteggiamento naturale, ma è anche una filosofia per la quale il mondo è “già là”
prima della riflessione… È il tentativo di una descrizione diretta della nostra esperienza così
com’è, senza alcun riferimento alla genesi psicologica e alle spiegazioni causali che lo scienziato,
lo storico o il sociologo possono fornire… Non si tratta di spiegare o di analizzare, bensì di
descrivere… (fonte: premessa di M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, pp. 15-17
[ 29] Ibidem, p.303
[ 30] Ibidem, p.304
[ 31] Ibidem
[ 32] Ibidem p. 308
[ 33] M. Spaccazocchi, Umana musica
[ 34] Per il concetto di accoppiamento strutturale cfr. N.Luhmann – R.De Giorgi, Teoria della
società, op. cit..
[ 35] F. Manattini, op. cit., p.159
[ 36] L’approfondimento di questo tema rimanda l’analisi al capitolo 3.
[ 37] G. Porzionato, op. cit., p. 60
[ 38] M. Kundera, L’immortalità, Adelphi
[ 39] Fabrizio Manattini, op. cit, p.195
[ 40] E questo in special modo se l’ambiente del bambino è di tipo urbano. Caratterizzato cioè suoni
continui quali: rumori di automobili, sibili di sirene, brusii di voci, etc..
[ 41] G. Piazzi, La ragazza e il direttore, p. 95
[ 42] Per il concetto di autopoiesi cfr. H.R.Maturana-F.J.Varela, Autopoiesi e cognizione, Marsilio
Editori, Venezia, 1985; N.Luhmann – R.De Giorgi, Teoria della società, p. 186-187
[ 43] P. Stauder, op. cit., p.63
[ 44] Ibidem p. 68
[ 45] Ibidem p. 71-72
[ 46] Maurizio Spaccazocchi, Umana Musica
[ 47] Kerouac in Reynolds and Press, The sex revolts, p. 9. Jack Kerouac – poeta beat molto
influente nella cultura Hippy – assieme ad altri ribelli degli anni sessanta, è stato definito da
Norman O. Brown come colui che vuole fare the experience of the unborn, l’esperienza del non nato.
[ 48] Reynolds e Press, op. cit., p. 44
[ 49] Ibidem, p. 44
[ 50] Suzanne Moore in Reynolds e Press, op. cit., p. 18
[ 51] Emblematica tutta la produzione di Syd Barrett nei Pink Floyd. Nel primo album troviamo
matilda mother e bike. La prima che vede il cantante implorare la madre per un’altra favola della
buona notte e quando questa inizia la canzone si apre ad una mitica esprienza psichedelica; ella ha
aperto una porta in un paese delle meraviglie dove tutto splende. La seconda vede sempre Barrett
bambino che generosamente promette di dare il suo amore a tutto e tutti facendo nel frattempo
amicizia con un topo chiamato Gerald
[ 52] F. Manattini, op. cit., p. 169
[ 53] E. Bottero, A. Padovani, op. cit., p. 74
[ 54] Curt Sachs, Le sorgenti della musica, p. 132
[ 55] E. Bottero, A. Padovani, op. cit., p. 75
[ 56] Italo Calvio, Palomar, Mondadori, Milano, 1994, p. 27
[ 57] E. Bottero, A. Padovani, op. cit., p. 76
[ 58] Porzionato, op. cit., p. 4
[ 59] Ibidem, p. 31
[ 60] Ibidem, p. 27
[ 61] R. M. Schafer, Il paesaggio sonoro, p. 215 e 369
[ 62] La socioacusia è la perdita di udito che risulta dall’esposizione quotidiana al rumore.
[ 63] Il suono, per poter essere percepito dall’orecchio umano, deve avere una frequenza, compresa
fra i 20 e 20000 Hz, e una certa intensità. L’intensità del suono dipende sostanzialmente dalla
quantità di energia sviluppata dalla sorgente sonora. Ogni suono che si propaga nell’aria pian piano
si estingue perché la sua energia si disperde riscaldando l’aria che attraversa. I suoni bassi si
estinguono meno rapidamente di quelli acuti, ma in qualche centinaio di chilometri il suono si
trasforma tutto in calore.
[ 64] L. Rossi, Teoria Musicale, p. 38
[ 65] C. Sachs, op. cit., p. 70
[ 66] O. Karolyi, Grammatica della musica, in Bottero Padovani, op. cit., p. 79.
[ 67] È utile qui rimandare a quanto detto al capitolo 1.2 a proposito della continuità bios-logos.
[ 68] La denominazione degli intervalli fa riferimento al numero dei suoni contenuti nello spazio
dell’intervallo stesso contando anche il suono di partenza. Ad esempio: intervallo di seconda do-re,
intervallo di terza do-mi, intervallo di quarta do-fa. Gli intervalli si distinguono in minori o
maggiori a seconda del numero di semitoni presenti nell’intervallo stesso. Ad esempio: intervallo di
terza maggiore do-mi, intervallo di terza minore do-mi bemolle o mi-sol. Per un approfondimento
rimando a L. Rossi, op. cit., pp. 35-36
[ 69] E. Bottero, A. Padovani, op. cit., p. 82
[ 70] G. Porzionato, op. cit., p. 62
[ 71] Attali 1977, in Porzionato, op. cit., p. 63
[ 72] E. Bottero, A. Padovani, op. cit., p. 85
[ 73] F. Nietzsche in Bottero Padovani, op. cit., p. 86
[ 74] Il tonalismo e le regole dell’armonia hanno profondamente influenzato la canzone pop tanto
quanto quella definita Etnica dell’etichetta Realworld del cantante Peter Gabriel.
[ 75] Ibidem p. 89
[ 76] Sachs, op. cit., p. 130
[ 77] Ibidem
[ 78] M Merleau Ponty, op. cit, p. 314
[ 79] Bottero e Padovani, op. cit., p. 92
[ 80] Baroni e altri 1993, p.15
[ 81] G. H. Mead in Peter J. Martin, Sounds and Society, p.61
[ 82] G. Piazzi, op. cit., p. 276
[ 83] F. Manattini, op. cit., p. 14
[ 84] P. Stauder, La memoria e l’attesa, p. 64-65
[ 85] F. Manattini, ibidem, p. 16
[ 86] P. Stauder, op. cit., 66
[ 87] G. Piazzi, op. cit., IV
[ 88] Ibidem
[ 89] Giuliano Piazzi, Il principe di Casador, p. 269
[ 90] Ibidem
[ 91] P. Stauder, op. cit., p. 68
[ 92] F. Manattini, op. cit., p. 31
[ 93] Ibidem p. 56
[ 94] Simmel fornisce vari esempi di questo processo, utili a capire meglio il significato. Dice per
esempio: «L’economia monetaria ha differenziato a tal punto il nesso, in passato così forte, fra
l’elemento personale e quello locale, che oggi posso ricevere a Berlino le mie entrate da ferrovie
americane, da ipoteche norvegesi e da miniere d’oro africane. Questa forma di proprietà a distanza,
che accettiamo come ovvia, è diventata possibile quando il denaro si è affermato come fattore di
divisione e di unione fra la proprietà e il proprietario»( G.Simmel, Il denaro nella cultura
moderna, Armando, Roma, 1998 [1896], p. 72-73 in F. Manattini, op. cit., p.87).
[ 95] F. Manattini, op. cit., p. 90
[ 96] G. Piazzi, op. cit., p. 71
[ 97] Ibidem
[ 98] Collins in P. J. Martin, op. cit. 267
[ 99] P. Stauder, op. cit., 69
[ 100] Ibidem, p. 72
[ 101] Come ha giustamente notato Collins citando Durkheim è impossibile concepire un qualche tipo
di società nella quale gli individui non sono costretti dalle strutture stabilite, siano esse
istituzionali, linguistiche o ideologiche (Collins in P. J. Martin, op. cit., p. 267)
[ 102] G. Piazzi, op. cit., p. 280
[ 103] Trad. It. Il suono inscatolato.
[ 104] Francesco Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 17.
[ 105] H. Hesse Il lupo della steppa, Milano, Mondadori, 1979
[ 106] Simon Frith, il rock è finito, p. 17
[ 107] Clark citato da Paolo Prato analisi sociologica del consumo di musica registrata in Francesco
Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 150.
[ 108] Il linguaggio radiofonico significa trasmettere la musica dal vivo in diretta.
[ 109] Il 78 giri risentiva anche di una scarsa resistenza, aggravata dalla grossolanità delle
puntine. La sua durata media si aggirava tra i 75 e i 125 ascolti.
[ 110] Simon Frith, Il rock è finito, p. 23
[ 111] T.W. Adorno, Introduzione alla sociologia della musica, p. 31.
[ 112] cfr. Max Weber, I fondamenti razionali e sociologici della musica, Milano, Edizioni di
Comunità, 1980
[ 113] Francesco Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 23.
[ 114] È il massimo livello di segnale audio in uscita diviso l’ammontare del residuo rumore, sempre
in uscita. Esso misura la qualità di un segnale audio ed è espresso in decibel.
[ 115] Francesco Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 27.
[ 116] Abruzzese citato da Paolo Prato analisi sociologica del consumo di musica registrata in
Francesco Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 149.
[ 117] Francesco Silva e Giovanni Ramello, Dal vinile a internet, p. 29.
[ 118] P. J. Martin, op. cit., p. 260
[ 119] ibidem
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