Siamo tutti foglie dello stesso albero

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Siamo tutti foglie dello stesso albero

di Marcella Danon

Il dono più importante non è un oggetto, ma un sorriso, un gesto, un atto di
generosità spontanea: è il dono di sé.

La terra è un solo paese
siamo onde dello stesso mare
foglie dello stesso albero
fiori dello stesso giardino. (Seneca)

Uno dei malesseri più sottili e serpeggianti della nostra attuale società è
dovuto a un malinteso di fondo circa la nostra reale natura di esseri umani.
Partiamo tutti – o quasi – dal presupposto di essere soli. Nel bene e nel
male. Soli nella lotta per la sopravvivenza, soli nell’avere diritto alle
ricchezze e gioie che la vita ci dispensa come giusto compenso per le nostre
fatiche, ma a volte anche soltanto per puro caso o fortuna. Il peso di
questa presunta solitudine è immenso perché ci impedisce di prestare
orecchio ai tanti richiami del mondo che ci circonda, da una parte, e
dall’altra ai nostri valori più alti – innati, ma non sempre riconosciuti –
che ci guidano verso una visione più vasta di ciò che siamo.

“Siamo tutti foglie dello stesso albero” è un concetto spesso attribuito
alla tradizione orientale, ma è anche il famoso verso di una poesia di
Seneca, è un concetto che illustra con semplicità ed efficacia il tipo di
interrelazione che ci lega al mondo di cui facciamo parte. Il bodhissattva,
nella tradizione buddista, è colui che una volta raggiunta l’illuminazione e
compresa questa stretta interelazione che ci accomuna, decide di
reincarnarsi sulla Terra sino a quando anche l’ultimo essere non avrà
raggiunto la stessa realizzazione.

Siamo abituati a pensarci solo come foglie, non come albero; siamo abituati
a concentrarci sul benessere della nostra foglia e, al massimo, di quelle
del nostro ramo, considerando nemiche, perché diverse, le foglie del ramo
esposto a ovest, per esempio, perché nella luce del mattino ci sembrano più
scure. E questo atteggiamento ci rende chiusi, piccoli, gretti e,
soprattutto, insoddisfatti. Perché la fortuna materiale è ben poca cosa
rispetto….

Perché la fortuna materiale è ben poca cosa rispetto alla fortuna spirituale
di sapersi parte di una immensa famiglia, una famiglia che abbraccia
l’intero pianeta, se ancora non vogliamo supporre una dimensione ancor più
vasta. E molti, già, se ne stanno accorgendo..

Non occorre essere buddisti, o dedicare la propria esistenza alla via
monastica, per sentire fortemente il richiamo verso gli altri, per capire
che non c’è vera soddisfazione, nella vita, fino a quanto non guardiamo
oltre i confini del nostro piccolo orticello e non siamo un senso più vasto
alla nostra esistenza facendo qualche cosa di utile anche per gli altri. “Se
non io, chi per me? – è un famoso aforisma di rabbi Hillel, contemporaneo di
Gesù – Se non ora quando? E – soprattutto – se solo per me, chi sono io?”.

Sono sempre di più, infatti le persone che, singolarmente o appoggiandosi a
associazioni e organizzazioni, decidono di dedicare del tempo e
dell’energia – in termini di presenza o in termini economici, quando la
presenza non è possibile – ad attività generalmente definite come di
volontariato. L’Italia, e questo sicuramente ci rende onore, sembra che sia
tra le prime nazioni al mondo in quanto a impegno delle singole persone in
questo senso.

Ed è proprio dalle testimonianze di tutte le persone che a queste attività
si dedicano – anonime o di chiara fama, ricche o povere, semplici o dotte –
che si scopre la motivazione profonda di questo agire, il segreto di questo
successo silenzioso, si scopre che il sincero dono di sé viene
contraccambiato con un dono ancor più grande: la consapevolezza di non
essere più soli, ma di essere inseriti in un più vasto contesto di cui si fa
indissolubilmente parte e allora – come il bodhissattva – come poter
trascurare la foglia del ramo di fronte, se siamo entrambe parte dello
stesso albero?

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