SOCRATE E GLI ARCHETIPI

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SOCRATE E GLI ARCHETIPI

La parola archetipo deriva dal GRECO ANTICO ὰρχέτῦπος col significato di «immagine[modello, marchio, esemplare]» (tipos) «originale» (arché) ed è utilizzata per la prima volta da Filone D’Alessandria e, successivamente, da Dionigi di Alicarnasso e Luciano di Samosata.

Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l’idea platonica); in psicanalisi da Jung e altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano; per derivazione in mitologia, le forme primitive alla base delle espressioni mitico-religiose dell’uomo e, in narratologia, i metaconcetti di un’opera letteraria espressi nei suoi personaggi e nella struttura della narrazione; in linguistica da Jacques Derrida per il concetto di «archiscrittura»: la forma ideale della scrittura preesistente nell’uomo prima della creazione del linguaggio e da cui si origina quest’ultimo. L’archetipo è inoltre utilizzato in filologia per indicare la redazione originale di un’opera ovvero il testo più antico e non derivato da altri.

Mario Pincherle ne “ ARCHETIPI – LE CHIAVI DELL’UNIVERSO “ scrive:

“Gli archetipi non si devono identificare con le idee platoniche, le quali sono composte cioè fatte di numerosi Archetipi: sarebbe come confondere gli atomi con le molecole o coi composti.

Le idee vanno smontate nei loro componenti essenziali e funzionali: questi sono gli ARCHETIPI”

Socrate in carcere in attesa della morte, parlava con i suoi amici:

“conosco, miei cari amici, quello che voi in sommo grado desiderate in questo momento: che io vi liberi dalla paura della morte. Ebbene, questa paura nasce dalla falsa idea dei contrari. In realtà le cose divengono per reciproco svolgimento. L’essere desto proviene dal dormire. L’essere addormentato dalla veglia. Così la vita nasce dalla morte e la morte dalla vita.

I contrari, con questa visione delle cose, divengono complementari. E se le anime dei vivi hanno la loro origine dai morti e i morti dai vivi, queste anime dei morti, che noi non vediamo, in realtà esistono e si rendono visibili quando rientrano nel ciclo delle nascite.

Se esistesse questo scambio tra la vita e la morte e tra la morte e la vita, tutto si arresterebbe a un basso livello e sarebbe il CAOS! Ma vi è realmente un processo in cui la vita si ridesta: da chi è già morto rinascono i viventi.

Vi ho detto tante volte che apprendere non è altro che ricordare. In noi si innesta il ricordo delle vite passate. E, in fondo, il mio metodo consiste nell’ interrogare in un particolare modo la gente, così che ciascuno possa dire ogni cosa come veramente è. Questo metodo lo chimo “regressione”.

Inoltre, se si conoscono e si adoperano determinate figure, che io chiamo sacri simboli, allora questo mio metodo diviene profondamente sicuro ed efficace.

Se qualcuno si ricorda di qualche cosa, costui deve prima, in un certo momento, averla saputa, quella cosa. Quando una conoscenza nostra si viene formando nel mondo, essa è ricordo.

I nostri sensi ci portano impressioni, così non soltanto conosciamo le cose ma, nella nostra mente, pensiamo anche a cose diverse che sono, in un certo modo, a esse collegate. Questo è il pensiero analogico. Chi vede Platone pensa a Socrate. Chi vede il Partenone pensa ad Atene. Importanti sono queste corrispondenze. Ecco dunque un modo nuovo di osservare le cose, che io chiamo “osservazione comparata”. E’ l’unico metodo che ci permette di scoprire i segni sacri. Vi ricordate quando andammo a visitare l’officina e il negozio di Pistia? Vi promisi che presto avremmo fatto un gioco. Resta poco tempo e il gioco lo faremo qui, ora, in questa prigione.

Siete undici attorno a me, perché uno se ne è andato e Platone non lo conto perché al momento opportuno sempre se la squaglia. Chiameremo Pistia a fare il dodicesimo.

Mio caro Apollodoro, tu, che sei così giovane, fa un salto e vallo a chiamare. Il negozio è vicino all’ Agorà e ,se insisti, Pistia può essere qui tra dieci minuti. Ma so che verrà senza bisogno di insistere.

Dunque in questa “osservazione comparata” noi dobbiamo sempre cercare le cose uguali. Vi faccio un esempio: se osservo i denti di Cebete ( vieni più vicino e apri la bocca) e osservo una pianta di rosa e un ago per cucire, con quel procedimento che vi ho già nominato e che si chiama analisi, dividiamo questi oggetti in parti e cerchiamo subito le parti che sono uguali. Rose, denti e aghi hanno in comune quei pungiglioni che noi chiamiamo punte o spini.

Queste forme pungenti, anzi, questa forma, fa parte di quei pochi simboli che io chiamo “segni sacri”. Quando avremo effettuato questo gioco, vedremo che i segni sacri sono assai poco numerosi, mentre si potrebbe pensare che siano moltissimi, dato l’infinito numero di oggetti che cadono sotto i nostri sensi e che sono formati dalla loro combinazione. Non trascuriamoli questi sensi. Ci servono per riscoprire la verità. Per mezzo della sensazione veniamo recuperando quelle nozioni che un tempo avevamo e che abbiamo dimenticato.

Ve lo ripeto fino a stancarvi: ciò che l’uomo chiama “imparare” non è altro che ricordare. Non possiamo dire che siamo nati sapendo, ma che, in un tempo successivo, ci venivamo rammemorando di ciò che avevamo dimenticato.

Questo porta a convincerci che prima della nascita e dopo la morte esiste qualcosa. Così si disperde il terrore bambinesco che la morte spazzi via ogni pensiero. Dovremmo, caso mai temere il dissolvimento delle cose complicate e composte: le forme semplici, i segni sacri, non possono dissolversi e io li chiamo “ invarianti ”. Invariante è dunque una cosa non composta. Vi dicevo che i segni sacri sono pochi , ma ora chiarirò meglio questo concetto. Vedo che la porta si apre ed entra il nostro Pistia.

Grazie per essere venuto. Speravo di fare con te questo gioco in riva all’Llisso, ma questa stanza andrà bene ugualmente…

… I segni sacri sono ventuno e tutti si riportano a un ventunesimo segno che li comprende. Prima parlavo di piante, di rosa, di aghi e denti …….. Nella tua officina Pistia hai molti oggetti pungenti e spesso le dite avranno sanguinato per colpa di essi. Quando il pensiero si stacca dal corpo può ugualmente essere punto ma non da quegli oggetti materiali.

Agisce allora la funzione: ciò che è puro , immortale, immutabile, appunto.

La materia agisce sui sensi, la funzione sui pensieri.

Staccati dal corpo i pensieri agiscono per mezzo di queste funzioni invarianti, semplici, indissolubili, immutabili e costanti.

I pensieri privi del loro scafandro corporale, hanno un luogo puro e nobile dove alloggiare, in attesa che un altro scafandro li riveli.

Questo luogo noi Greci lo chiamiamo Ade o torre di Dite e vi è chi lo chiama Zed, Scheol o Amenti.

Lì dimora il Dio sommamente buono e intelligente che viene chiamato “ La Divinità dal Cuore Fermo”.

Tuttavia, molti uomini che sono schiavi del piacere e del dolore e inchiodano l’anima al corpo, non sono in condizione di giungere alla casa di Ade e di accostarsi alla Divinità. Solo chi ama la Saggezza e contempla il Vero, il

Divino, tutto ciò che non è soggetto a opinioni, riesce a liberarsi dalla paura del dissolvimento.

Quando si rompe uno strumento musicale e se ne spezzano le corde, l’armonia rimane. Quando un uomo muore, la sua armonia rimane perché dobbiamo ammettere che nei nostri pensieri ci sono cose giuste ed eterne.

Non vi è l’errore nel ragionamento, ma immaturità nel ragionare. Di cosa è fatta l’armonia?…

… Sarebbe un errore credere che l’ armonia guidi gli elementi di cui è composta. Al contrario : li deve seguire…

… Formulai la mia ipotesi: che ci fossero negli oggetti, certe qualità astratte, certi elementi legati non alla quantità ma alla qualità, che fossero liberi dalla degradazione del tempo e dello spazio.

Prima abbiamo scoperto il pungiglione, la funzione pungente. Questa forma è pungente perché dotata di acuminatezza cioè è aguzza.

Così forma e funzione sono legate: per causa della forma acuta, i pungiglioni pungono…

… Ecco dunque il segreto saper passare dalla quantità alla qualità.

Quando diciamo che uno più uno fa due ci dobbiamo convincere che il due si differisce dall’uno solo per quantità.

L’uno resta in tutte le cose e non diventa mai due…

… L’ ipotesi è una verità provvisoria. Se si dimostra falsa occorre trovarne un’altra. E così, di ipotesi in ipotesi, con metodo parabolico, ci si avvicina alla Verità.

La parabola è un tiro corto e si allunga poco a poco, raggiungendo la meta.

L’iperbole è un tiro troppo lungo e la Verità se la lascia dietro le spalle.

Il tiro diretto noi lo chiamiamo “diabolico” spacca in due la verità e la uccide.

Solo con le ipotesi successive e col tiro corto, con la parabola,che a poco a poco si allunga, potremo sperare di raggiungere la Verità.

E ora,amici miei, credo che sarete in grado di iniziare il gioco…

…Ognuno di voi deve trovare due segni divini.

Io scommetto che complessivamente non potrete trovarne ventitrè o ventiquattro senza ricadere in un segno già trovato dagli altri…

…Vi accorgerete così che non esistono contrari ma solo complementari.

Considererete via e morte, vuoto e pieno, luce e buio come cose che si completano reciprocamente.

Il pieno si vuota e il vuoto si riempie.

Proprio con questo gioco, miei cari amici, il terrore della morte , in voi, svanirà come nebbia al sole e allora vi convincerete che un giorno potremmo rincontrarci nella casa di Ade…

… Quando il pensiero si stacca dal corpo può portare con sé il suo livello di bontà…

…La permanenza su questa terra può essere più o meno breve. Si allunga per le biforcazioni e giri inutili dovuti alle false opinioni umane e ai preconcetti.

E ora, cari amici, vi auguro di divertirvi con questo gioco.

Uscito Socrate si danno da fare e, seguendo il metodo della osservazione comparata, vanno confrontando gli oggetti più strani. Dei dodici solamente uno mostra sicurezza e aiuta gli altri: Pistia.

Sono così scoperte le funzioni adatte a unire le cose, a contenerle, a farle muovere in senso rotatorio o rettilineo , a renderle solide, liquide, gassose, a dar loro vita a farle uscire dal tempo, a proteggerle,ad agganciarle…

… Effettuato il conteggio, le forme semplici risultano ventidue. Se ne vollero trovare altre ma si ricadeva sempre nelle precedenti….

…Pistia facendo da relatore disse il nome di forme trovate…

… Parlava di ganci, ami da pescatori, e molti altri oggetti della tecnica. Socrate era felice.

“Finalmente amici miei, state decifrando il significato dell’enigma di DELFI proposto alla meditazione degli uomini da Chilone, uno dei sette saggi. Ma quando vedrete chiaramente gli Archetipi Viventi che da sempre sono in voi, e muoiono con voi, e non muoiono e non nascono, allora vorrei vedere la vostra faccia stupefatta!”.

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