Sotto l’albero della Bodhi

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Sotto l’Albero della Bodhi

di Sister Ajahn Thaniya

© Ass. Santacittarama, 2010. Tutti i diritti sono riservati.

SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.

Tradotto da Sara Bellettato

Dal Forest Sangha Newsletter (fsnewsletter.org), Gennaio 2007

“È il compleanno del Buddha” ha detto qualcuno stamattina, e mi sono scoperta sorpresa. Immagino
perché il Vesak è, per me lo è molto, il giorno in cui ricordo il Risveglio del Buddha, il Buddha
storico e ciò che egli ha realizzato, il Nibbana (o liberazione, la fine della sofferenza). Ma il
Vesak è anche il giorno in cui celebriamo la sua nascita, così come il suo Parinibbana (il finale
trapasso del Buddha). C’è qualcosa di molto potente nell’immagine di questi tre momenti insieme, la
nascita, il Risveglio e il Parinibbana, nel modo in cui mettono insieme la realtà convenzionale e
quella trascendente. Il senso che un essere vivente sia nato, e per il fatto di essere nato, muoia,
che è poi il destino che tutti noi condividiamo. E, all’interno di questo, abbiamo l’aspetto
trascendente, cioè che il Buddha è nato, ma nel tempo della sua vita ha realizzato ciò che non è
nato e non muore, il “sovra-mondano” o trascendente. E così oggi ricordiamo sia il mondano o
convenzionale – il fatto che siamo qui, in tutto questo – così come il fatto che il Risveglio
esiste. Piuttosto che separarli, li mettiamo insieme.

La tendenza è di creare degli ideali su tutto ciò. L’immagine del Buddha in questa sala è
meravigliosa, in questi termini: lucida e dorata e così pacifica, e tutto attorno non si riescono a
vedere le frecce di Mara (la personificazione della delusione e del desiderio). Sedendo qui stasera,
ho ricordato il dipinto che c’è al monastero Aruna Ratanagiri – molti di voi l’avranno visto – sul
muro della Dhamma Hall. Apprezzo quella immagine perché il Buddha siede nella notte del suo
risveglio, e tutto attorno a lui ci sono le forze del caos, grandi elefanti e diversi parenti di
Mara a cavallo di demoni e delle bestie più strane, mentre attaccano il Buddha e, come ho detto, ci
sono quelle frecce. Si, è proprio questo che si prova, non è vero? Questa è la realtà nella quale il
Buddha si è risvegliato. È una immagine incoraggiante perché attraverso di essa possiamo comprendere
come il tumulto che sperimentiamo non sia un ostacolo, non è qualcosa che non va. È in realtà il
terreno del risveglio. È dove possiamo provare ciò che ci tiene legati, e avere la possibilità di
slegarci.

Tutta l’immagine classica della notte del risveglio del Buddha è molto importante nella sua
simbologia. Nel bellissimo dipinto che c’è ad Aruna Ratanagiri ci sono tutte queste forze del caos e
negatività, confusione, ignoranza, brama, odio – tutte le forze di Mara che vanno verso il Buddha.
E, per tutta risposta, lui tocca la Terra. Questo è il mudra (postura simbolica delle mani) del
Toccare la Terra, il mudra del risveglio. E risvegliarsi implica la conoscenza delle cose come sono.
Non si tratta di cambiare niente, riguarda la conoscenza diretta e reale delle cose così come sono.
Quel gesto rappresenta la risposta del Buddha alle sfide di Mara, chiama la terra come sua
testimone. Alla terra viene chiesto di essere testimone dei suoi meriti accumulati, della sua bontà
accumulata. Con il toccare la terra, il Buddha prende contatto con il ricordo della sua stessa
virtù, la sua bontà e aspirazione, e questo gli dà la forza che permette alla mente di liberarsi.
Tutto ciò non accade nel vuoto. La terra risponde facendo sgorgare l’acqua (le virtù accumulate) dai
capelli del Buddha, e le forze di Mara vengono spazzate via.

Il Buddha aveva risorse che hanno permesso il risveglio. Ha preso contatto, è stato nutrito e ha
ricevuto forza dalle parami, o “perfezioni” della sua vita. Come sappiamo, il Buddha ha avuto
miriadi di rinascite, accumulando forze spirituali ed emozionali; le forze della pazienza, della
moralità, della generosità, della gentilezza amorevole, dell’equanimità, della rinuncia. Quindi,
nella notte senza tempo del Risveglio, queste sono le cose su cui si è basato.

Qualcosa che non va

Quanto siamo veramente in contatto con queste qualità dentro di noi? Esse sono presenti, ma forse
non le stiamo usando per rafforzarci. Possiamo perdere il contatto con queste qualità, non le
assaggiamo veramente, non ce ne nutriamo, non prendiamo vigore dalla nostra stessa bontà e non la
usiamo come qualcosa che ci aiuti a spazzare via le forze di Mara. Per la maggior parte di noi la
tendenza è di fissarci su ciò che non va. Questo sembra essere profondamente condizionato, ed è
qualcosa che abbiamo bisogno di capovolgere, perché portarci dentro questo senso di “essere
sbagliati” erode la forza del cuore.

Questa tendenza è qualcosa su cui ho lavorato molto nel corso degli anni, semplicemente ascoltando
le sensazioni del corpo, cosa si sente quando tutto il corpo ha la sensazione che “c’è qualcosa che
non va”. Ci si sente come un tremore dentro, può non esprimersi esattamente con queste parole, ma è
quel genere di sensazione di disagio. E poi, semplicemente osservate cosa succede. Io mi accorgo che
alcuni di noi diventano agitati o arrabbiati, quando sentono: “Oh, qualcosa non sta andando per il
verso giusto!”. La tendenza per alcuni è dire: “È là fuori”, “qualcuno là fuori ha fatto qualcosa di
male”. E molti di noi hanno la tendenza a dire:”Io devo aver fatto qualcosa di male”. Possiamo
cominciare a immaginare cose che abbiamo sbagliato, ma non necessariamente sono vere. Può essere una
abitudine profondamente condizionata, questo modo di fare esperienza del mondo. Le cose colpiscono
il cuore, e invece di stare semplicemente con l’impatto in sé, l’interferenza viene percepita
negativamente. Ce ne prendiamo la responsabilità, accusando noi stessi, accusando gli altri. Non c’è
alcuna libertà in questo. Così, la “notte del risveglio” implica l’abbandonare questo intero
paradigma, e il mettersi veramente in contatto con ciò che è buono, ciò che nutre, ciò che ha la
forza di risvegliare. Nel dipinto le forze di Mara sono rappresentate in modo eclatante, ma nella
vita possiamo scoprire che possono assumere la forma di questo vago senso di “inadeguatezza”, ed è a
questo che ci dobbiamo risvegliare. Ci risvegliamo a qualunque cosa stia succedendo.

Guardando a me stessa, che cosa mi aiuta a stare con qualunque cosa succeda? Nel corso degli anni,
trovo sempre più che sia molto importante un senso di rettitudine, sentire che il mio cuore e la mia
mente sono retti. Il senso di vivere in un modo che abbia un senso di moralità. Quando c’è questa
sensazione di integrità è molto più facile essere in contatto e contenere qualunque confusione
insorga, perché riguarda cose che non sono gravemente scorrette, dandoci la possibilità di
comprendere il disagio, e liberarlo. Questa è sila.

Tutti qui viviamo con una buona sila, questo è il motivo per cui ci raduniamo qui, ma quanto lo
apprezziamo veramente? Quindi il Buddha ci consiglierebbe, questa sera, di ricordare la nostra sila,
ricordare la nostra stessa bontà, i nostri propri atti di generosità. È un atto consapevole e
deliberato, con il quale cominciamo a nutrire i nostri cuori attraverso la nostra propria
coltivazione.

Non molto tempo fa, parlavo con persone molto attive politicamente, che vanno in luoghi pericolosi
per cercare di aiutare ad alleviare un po’ della sofferenza del mondo. Mi spiegavano quanto si
sentissero intorpiditi, quanto i loro cuori si sentano consumati. Mentre parlavano, era evidente che
essi erano più in contatto con ciò che percepivano di sbagliato, piuttosto che toccare la qualità
predominante delle loro vite, le intenzioni rette e i grandi sacrifici. È veramente una sfida, vero?
Eppure, la vera forza deriva dall’abbeverarsi alla nostra stessa bontà e dal sostegno derivato dalla
bontà di coloro con i quali ci accompagniamo. E allora abbiamo la possibilità di risvegliarci qui e
ora a qualunque cosa stia accadendo, che ci piaccia o che non ci piaccia.

Recentemente mi ricordai di qualcosa che mi era accaduta in India anni fa nella notte del Vesak,
quando ero a Bodh Gaya seduta sotto l’Albero della Bodhi. Mentre stavo là, seduta nello stesso luogo
in cui il Buddha si era risvegliato, nella stessa notte di luna piena, era affascinante osservare
cosa stesse succedendo nella mia mente. Ci saremmo aspettati che la mente fosse completamente
tranquilla o beata in un posto tanto sacro, ma io ero affamata perché avevo digiunato, avevo caldo
perché faceva caldo, avevo freddo quando la notte divenne fredda, ed ero disturbata da tutte le
mosche della stagione calda. Sentivo tutta quella roba attraversarmi e pensavo:”Non dovrebbe essere
così, sono sotto l’Albero della Bodhi!”. Ma poi mi ricordavo che la realtà è qui dove il corpo ha
caldo, ha freddo, con migliaia di mosche che ci camminano sopra, e semplicemente sentire tutto
questo. Riflettendo in questo modo, siamo tutti sotto l’Albero della Bodhi, in qualunque luogo noi
incontriamo con consapevolezza le forze di Mara, risvegliandoci alla verità di ciò che è veramente
presente. Come va adesso, mentre stai seduto sotto l’Albero della Bodhi? Ogni momento può essere
come questo: stiamo seduti proprio qui e ora in questa possibilità di risveglio. È probabile che
accadano tutta una serie di cose diverse, alcune spaventose, alcune edificanti – è a questa
esperienza mista che ci dobbiamo risvegliare.

Uomini minacciosi

Durante quel Vesak a Bodhi Gaya avevo chiesto il permesso di stare nel recinto del tempio durante la
notte. Il monaco capo era stato molto riluttante a permettermelo, perché all’inizio di quella stessa
settimana una donna inglese era stata violentata e uccisa proprio in quell’area. Quella zona
dell’India è molto violenta, e quindi lui non pensava che io fossi al sicuro. Io ripetevo: “Vorrei
sedermi sotto l’Albero della Bodhi” e lui alla fine me ne diede il permesso. Quella notte, mentre
sedevo in meditazione, c’erano quattro uomini che si aggiravano con dei bastoni: dei grandi bastoni
lunghi dieci piedi. Ogni volta che mi alzavo per fare la circumambulazione del tempio, loro mi
seguivano, e i loro bastoni facevano “clunk, clunk”, tutti e quattro. Io sentivo ondate di paura.
Poi mi sedevo di nuovo, e tutti loro si sedevano, guardandomi. Sembrava che ovunque andassi, loro mi
seguissero e osservassero. Passai l’intera notte dovendomi confrontare con la presenza minacciosa di
quegli uomini.

Poi, cinque o sei anni più tardi, ci stavo pensando e improvvisamente una luce ci accese nella mia
mente e pensai: “Oh, il monaco capo probabilmente aveva chiesto loro di assicurarsi che stessi bene
e di proteggermi” Adesso ha veramente senso, perché se andavo al bagno, loro mi seguivano anche là –
mi seguivano ovunque andassi. Avevo dato loro un significato minaccioso. La realtà era che mi
stavano probabilmente proteggendo. Non sembravano protettivi, ma nessuno avrebbe osato avvicinarsi a
me.

Dunque, ovunque noi siamo, sediamo in questo luogo di risveglio, ed è importante che ci rendiamo
conto di quale significato stiamo dando a tutto questo, a tutto quello che viene e che impatta su di
noi. Possiamo dare dei significati che nella maggior parte dei casi non sono veri, e che spesso non
aiutano. Quanto diverso sarebbe stato se mi fossi seduta sotto l’Albero della Bodhi in quella
meravigliosa notte di luna al centro dell’universo e avessi pensato: “Ah, quattro uomini sono qui
per proteggermi”. Che storia stiamo creando e quanto ci è utile? In che modo stiamo incorniciando la
realtà (o, veramente, la non-realtà)? Che tipo di gioco a premi stiamo costruendo? Che cosa ci aiuta
a venire in contatto con ciò che sta veramente accadendo, e ad osservare in termini di corpo fisico,
sentimenti, sensazioni, stati mentali i percorsi della mente? Per dirla molto semplicemente, venire
al momento presente. Questo è davvero quello che il Buddha rappresenta nella sua Notte del
Risveglio: qualcuno in una forma mortale, limitata che ha la possibilità di fermarsi, essere
presente, entrare nella realtà, qualcuno che finisce di creare barriere del sé e di gustare la
libertà di tutto ciò. Abbiamo tutti assaggiato momenti simili, quando smettiamo di lottare, quando
le cose non devono essere diverse da come sono – sappiamo cosa si prova. Il Buddha ci dimostra che
questa è una possibilità umana. Noi possiamo risvegliarci. Possiamo risvegliarci qui ed ora.
Possiamo semplicemente smetterla di creare.

Poi, naturalmente, è una questione di cosa ci sostiene nel fare ciò. Nutrire la mente e vegliare in
termini di quali sono gli oggetti con i quali viene in contatto, vigilare in termini di cosa pensa e
quale è il significato che dà alle cose. Miriadi di cose stanno accadendo, ovunque, io quale
significato gli sto dando? Le persone che parlano del loro impegno politico e delle cose di cui sono
testimoni, cose davvero terribili in termini di violenze che stanno accadendo nel mondo, comunque è
il caso di quale significato danno a questo. Potrebbe essere un significato che porta un senso di
ancora maggiore de-responsabilizzazione e agitazione, o uno che porta avanti compassione e saggezza.

Vigiliamo sulla mente, sul modo in cui veniamo in contatto con le cose, rendendoci conto che
risvegliarsi a qualcosa significa che dobbiamo venire in contatto con essa. Le nostre forme umane
sono un incoraggiamento a essere in contatto, comprendere e lasciare andare ciò di cui facciamo
esperienza. Conoscere cosa si prova ad avere un corpo. Conoscere cosa significa avere dei
sentimenti, essere in relazione, essere così interdipendenti. Nessuna di queste cose sarà mai
veramente confortevole: lo sappiamo? Sono sicura che ognuno di noi conosce quella sensazione che “la
vita non sta procedendo in un modo che mi soddisfa”. Quindi possiamo cominciare a provare – anche
solo internamente – a manipolarla, cercando di trovare una posizione comoda in qualcosa che è
scomodo. Ma la vera libertà è di essere presente a ciò che si prova – nel corpo, nel cuore – e
aprirsi. Venire al momento presente con quella qualità del Buddha, quella qualità che tocca la
terra, che conosce le cose come sono, che ha un senso di fiducia nella sua propria bontà e integrità
e può semplicemente stare con qualsiasi cosa stia accadendo. Non deve trovare una posizione comoda.
Non deve considerare le cose in termini di giusto e sbagliato.

Sono sbagliate le nuvole?

Oggi stavamo parlando di una cosa che Maechee Pathumwan, una monaca thailandese, mi disse anni fa.
Mi lasciò con questo koan, chiedendomi: “Sono sbagliate le nuvole?”. Per gli ultimi dieci anni lo ho
contemplato. “Sono sbagliate le nuvole?”. È una cosa pertinente da ricordare in questa giornata
nuvolosa. In risposta, piuttosto che non volerle, possiamo pensare “Oh, no, le nuvole non sono
sbagliate”. Ma nemmeno quello è vero. Dobbiamo uscire completamente dall’intero paradigma di giusto
e sbagliato, fino alla essenza – le cose sono come sono.

Come mi apro e ricevo le cose, che cosa mi da la capacità di risvegliarmi completamente. Anche con
qualcosa come quel piccolo koan: “Sono sbagliate le nuvole?” possiamo provare come noi diamo forma
al mondo in un modo che accresce la nostra sofferenza. Questo Risveglio del Buddha è davvero un
risvegliarsi dalla sofferenza, dalla sofferenza di non conoscere il modo in cui sono le cose. Volere
che le cose siano diverse da come sono: volere ciò che non c’è, e non volere ciò che c’è – e così
via. Sappiamo che il Buddha ha evidenziato questa caratteristica di dukkha, questa caratteristica di
conflitto e ci ha indicato ciò che dobbiamo investigare. Il Buddha, nella notte del suo Risveglio,
con tutte le forze del caos e il tumulto che lo circondava, si è risvegliato. Si è risvegliato ad
esse, in esse. Non c’era alcunché su cui le frecce potessero conficcarsi. Egli mostrò questa
imminente possibilità per noi tutti, di venire completamente alla realtà. Si ci sente così.

Quindi, ancora una volta, che cosa mi sostiene nell’avere questo tipo di forza? Che cosa mi sostiene
nel risveglio, nell’entrare nella semplice qualità di Buddho – il Risvegliato? Questo è qualcosa che
dobbiamo conoscere da noi stessi, naturalmente, ma gli insegnamenti espongono le qualità di dana,
sila, samadhi, metta, karuna, mudita, upekkha ecc. Sono queste le cose che stiamo coltivando.
Eppure, sembra che non si tratti semplicemente di coltivare, ma di coltivare e. assaggiare.

Mangiare il frutto della nostra pratica, e con quel nutrimento abbiamo la possibilità di
risvegliarci.

E anche trovo di aiuto ricordare le qualità del Risveglio, del Nibbana. In particolare, se le cose
stanno prendendo una piega difficile, riporto alla mente e canto gli epiteti che il Buddha ha dato
per il nibbana: asokam, virajam, khemam: senza dolore, senza macchia, sicuro – e così via. Mi rendo
conto di cosa significhi toccarli con la mente. C’è il senza dolore, c’è il senza macchia, c’è il
sicuro. Sembra che aiuti a contenere l’esperienza dell’insicuro, del macchiato, del doloroso: sì, ci
sono questi, e c’è anche qualcosa che non è questi. “Non questi” non è molto corretto: c’è quello
che conosce questi, che non è legato a questi. Tale è l’aspetto di risveglio della mente. Possiamo
incominciare a lasciare che la mente risuoni con la sua natura più profonda, così che possa stare
con le frecce e la confusione che Mara ci presenta, e non crederci: le frecce non avranno alcun
luogo su cui conficcarsi.

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