Sri Aurobindo, rivoluzionario dello spirito – Seconda Parte
(di Giampiero Cara)
A Pondichéry, Sri Aurobindo riceve interiormente la dettatura del programma
per la sua disciplina, ma non sa come estenderlo agli altri. A colmare
questa lacuna arriva Mirra Alfassa, la futura Mère, nata a Parigi nel 1878
da madre egiziana e padre turco e dotata di una vasta cultura positivista in
campo musicale e scientifico. Amica di grandi pittori impressionisti come
Manet, Renoir e Sisley, era stata la moglie di un pittore, da cui aveva poi
divorziato per sposare un aspirante deputato alle Indie francesi.
Con lui Mirra, nel 1914, giunge a Pondicherry e incontra Sri Aurobindo, che
già gli era apparso in sogno molto tempo prima, come una divinità indù.
“Allora”, scriverà Mère molti anni dopo, “capii che Sri Aurobindo era venuto
a compiere il lavoro di trasformazione sulla Terra, e che io dovevo lavorare
con lui…”
LA MERE E “IL FUTURO DEL CORPO”
Dopo quel primo incontro con Sri Aurobindo (il quale comincia subito a
chiamarla Mère), rimane con lui per dieci mesi. Poi parte per il Giappone, e
lì vive per quattro anni dedicandosi allo zen. Soltanto nel 1920 Mère decide
di stabilirsi per il resto della sua vita (cioè per altri 53 anni), a
Pondicherry, dove Sri Aurobindo, nel 1926, le affida la guida della sua
comunità di discepoli. Dal 1926 al 1938, infatti, il guru si ritira in
isolamento, permettendo soltanto a Mère di vederlo. Solo in seguito
consentirà anche ai suoi aiutanti personali, ad alcuni studenti (sei al
giorno) e addirittura ad alcuni visitatori, di parlare con lui.
La comunità creata da Sri Aurobindo e Mère non somiglia ai tradizionali
ashram indiani, solitamente luoghi di rifugio e di pace; si tratta piuttosto
di una sorta di laboratorio, dove si tenta di attuare l’evoluzione di una
nuova forma di vita, attraverso la trasformazione del corpo umano.
Quest’ultimo non viene considerato un ostacolo alla spiritualizzazione, un
peso che tiene ancorata l’anima alla Terra, impedendole di dissolvere la
propria individualità nel Supremo.
Tale modo d’intendere il ruolo del corpo nel nostro destino non si adatta ad
una disciplina che, come quella di Sri Aurobindo, concepisce la vita divina
sulla Terra come “parte integrante del disegno totale dell’incarnazione
dello spirito quaggiù”. Se lo scopo è la trasformazione totale dell’essere,
allora, scrive Sri Aurobindo, “la trasformazione del corpo è necessariamente
una parte indispensabile; senza di ciò, nessuna vita divina è possibile
sulla Terra”.
Il corpo, dunque, può rivelare la bellezza della luce dello Spirito che lo
riempie, e contenere la gioia estatica della Materia liberata dai vincoli
della meccanicità e divenuta cosciente dello spirito. Ma prima di arrivare a
questo, è necessario un cambiamento nella nostra fisiologia, ossia nelle
funzioni e magari anche nella costituzione degli organi, che non devono più
imporre le consuete limitazioni alla vita fisica. Invece che organi, devono
diventare centri di energia cosciente mossi da una volontà cosciente.
Ma, per arrivare a questo, il lavoro da compiere è molto duro. Inizia con la
pratica dello yoga per arrivare al digiuno prolungato senza perdita di
forza, a dei fenomeni di levitazione e ad altri “miracoli” che molti yogis
in India sono in grado di compiere, e infine, ancor più in profondità, alla
trasformazione della “mente delle cellule”, ossia di quella volontà che le
porta a ripetere in maniera del tutto meccanica le loro funzioni e che
costituisce il principale ostacolo alla trasformazione del corpo per opera
della forza sopramentale.
Nel 1950, dopo molti anni d’instancabile lavoro solitario su se stesso,
Aurobindo dice a Mère che vuole andarsene per continuare la sua opera
“dall’altra parte”, cioè sul versante della morte, e le offre di collaborare
con lui “dalla parte della vita”. Dopo la sua morte, infatti, sarà lei a
portare avanti il lavoro dell’ashram fino al 1973, anno in cui anche Mère
lascia il corpo. Il principale testimone del lavoro ultraventennale di
questa donna straordinaria è il già citato Satprem (nome, datogli proprio da
Mère, che significa “colui che ama davvero”), il quale, prima di ritirarsi
anche lui dal mondo nel 1981, ha pubblicato l'”Agenda di Mère”, tredici
corposi volumi che narrano in dettaglio “l’avventura di Mère nella foresta
vergine del futuro”.
Da quanto risulta nell’Agenda, Mère era riuscita a frenare il disfascimento
meccanico delle cellule attraverso la ripetizione di un particolare mantra.
Pare che a tratti riuscisse addirittura ad essere cosciente delle proprie
cellule, e si rendesse conto che esse, una volta superata l’influenza
deleteria della “mente fisica”, potevano essere libere da malattie, felici,
immortali. Saranno forse queste le cellule dell’uomo futuro?
Sulle prime, un’idea del genere può apparire pazzesca. “Eppure”, commenta
Satprem, “ci dev’essere stato un momento, un giorno, in cui per la prima
volta su questo pianeta un rettile è diventato uccello. Ma che succede
quando, di colpo, si decolla senza che sia mai esistito prima alcun uccello.
Non è per niente “naturale”! Certamente, più di un vecchio saggio dinosauro
avrà scosso la testa dicendo: ‘Non è possibile! E’ un’allucinazione”. E di
allucinazione in allucinazione siamo arrivati fino all’omino in giacca e
cravatta. E ora? Qual è il seguito?”
NASCE AUROVILLE
Nel 1954, Mère parla del grande sogno da lei condiviso con Sri Aurobindo:
“Dovrebbe esistere da qualche parte sulla Terra un luogo di cui nessuna
nazione abbia il diritto di dire: ‘E’ mio’; dove ogni uomo di buona volontà
possa vivere liberamente come un cittadino del mondo e ubbidire a una sola
autorità: quella della verità suprema; un luogo di pace, di armonia, dove
gli istinti battaglieri dell’uomo siano utilizzati esclusivamente per
vincere le cause delle sofferenze e delle sue miserie, per superare le sue
debolezze e la sua ignoranza […]; un luogo dove i bisogni dello spirito e
l’amore per il progresso prevalgano sulla soddisfazione dei desideri e delle
passioni, la ricerca dei piaceri e del godimento materiale”.
Questo sogno si realizza all’alba del 28 febbraio del 1968, quando
cinquemila persone da tutto il mondo si radunano su una spiaggia dell’India
meridionale per inaugurare Auroville, e 124 giovani pongono ognuno una
manciata di terra proveniente da altrettanti Paesi del mondo in un’urna a
forma di loto, per simboleggiare l’unione internazionale.
Oggi, a 26 anni di distanza da quel giorno, Auroville è una fiorente
comunità internazionale, in cui circa 1000 persone di 30 nazionalità diverse
(ma è in corso un progetto per realizzare ad Auroville una città ideale a
misura d’uomo, che dovrà essere in grado di accogliere, in un prossimo
futuro, almeno cinquantamila abitanti) cercano di sviluppare una nuova
società fondata su una nuova coscienza.
Copyright © 2001 Giampiero Cara
AUROVILLE: ISTRUZIONI PER L’USO
Per chi volesse avventurarsi ad Auroville, diciamo che si trova a 12 km a
nord della città di Pondicherry che, a sua volta, è situata 160 km a sud di
Madras. Una volta arrivati a Pondicherry, è possibile ottenere informazioni
e organizzare la visita ad Auroville presso “La Boutique d’Auroville”, in 12
Jawaharlal, Nehru Street.
A Pondicherry c’è anche la Sri Aurobindo Society, che è diventata una vera e
propria holding con un fatturato di parecchi miliardi di lire, ma dal 1980
costituisce una realtà totalmente separata da Auroville. Ad Auroville
stessa, invece, le informazioni si possono ottenere presso il locale
“Information & Reception Centre” o il “Matrimandir Reception Centre”.
La città vera e propria si estende su una superficie di circa 20 chilometri
quadrati;, è percorsa da strade e sentieri non sempre buoni, con una
cinquantina di insediamenti distribuiti su un territorio piuttosto vasto.
Gli ospiti, in numero limitato, vengono accolti nelle “Guest Houses”. Il
clima è semitropicale in una zona semiarida. Già a maggio, la temperatura
supera i 38°, e per tutto l’anno sono sufficienti abiti di cotone, con
l’aggiunta di un impermeabile tra ottobre e dicembre, durante la stagione
dei monsoni, e di un pullover per la sera o per la mattina presto a dicembre
e gennaio.
Quella che un tempo era una terra arida, desolata, bruciata dal sole e dalla
salsedine adesso è un’oasi di verde, grazie alle straordinarie opere di
bonifica attuate finora ed al lavoro di dipartimenti che si occupano di
rimboschimento, di colture biologiche, di tecnologie alternative, nel
massimo rispetto dell’ambiente. L’energia necessaria viene fornita dal sole
(attraverso una modernissima centrale termica solare), dai gas naturali e
dal vento. Pochissime sono le automobili dei visitatori, tutti gli altri
vanno in bicicletta o a piedi.
Le abitazioni sono quasi tutte unifamiliari e sono costruite, in modo
semplice e funzionale, in mezzo al verde, magari con vista sull’Oceando
Indiano. Sul mare guarda anche “Quiet”, il nuovo centro naturalistico della
salute, dove vengono applicati i principi della medicina ayurvedica. Ci sono
poi un centro multimediale, vari laboratori artigianali e scuole dove si
insegnano yoga, massaggio tradizionale indiano e shiatsu, nonchè varie forme
di arte e artigianato tradizionali, ma anche cinema, teatro, fotografia,
ecc.
Ma tra tanti centri ed edifici rappresentativi, il vero simbolo dello
spirito di Auroville è rappresentato dal Matrimandir, una metafisica sfera
del diametro di circa 50 metri, la cui prima pietra fu posta dalla stessa
Mère il 21 febbraio del 1971, giorno del suo novantatreesimo compleanno.
Il Matrimandir simboleggia la libertà necessaria per superare i propri
desideri ed egoismi, ma anche l’uguaglianza e la fraternità tra gli esseri
umani. All’esterno, la sfera è coperta da un reticolo di strutture
metalliche, ed al suo interno si apre la “camera della meditazione”, con le
pareti d’acciaio dipinte in oro. Al centro, un globo di cristallo di circa
settanta centimetri di diametro è il simbolo di Sri Aurobindo, illuminato da
un unico raggio di sole che attraversa un’apertura praticata in alto per
mezzo di un sistema computerizzato di specchi rotanti e cellule
fotovoltaiche. Il resto della camera è buio, per poter meditare isolati dal
resto del mondo.
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