Sri Lahiri Mahasaya (L’Incarnazione dello Yoga)

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Sri Lahiri Mahasaya (L’Incarnazione dello Yoga)

(capitolo 35 de: < L'Autobiografia di uno Yoghi > – edizioni Astrolabio – di
Yogananda Paramahansa)

Ignota al mondo in generale, una grande rinascita spirituale prese inizio
nel 1861 in un angolo remoto di Benares. Come la fragranza dei fiori non può
esser repressa, così Lahiri Mahasaya, vivendo quietamente da capofamiglia
perfetto, non poteva nascondere la sua grandezza interiore. Da ogni parte
dell’India i devoti, come api, presero ad affluire in cerca del divino
nettare che il Maestro liberato dispensava

Il sovrintendente inglese del suo ufficio fu uno dei primi ad accorgersi di
uno strano mutamento trascendentale nel suo impiegato, ch’egli
affettuosamente chiamava l’estatico Babu”

“Signore, avete l’aria triste. Che cosa avete?” domandò con simpatia una
mattina Lahiri Mahasaya al suo capo.

“Mia moglie, in Inghilterra, è gravemente ammalata. Sono dilaniato
dall’ansia”

“Vi farò avere sue notizie”. Lahiri Mahasaya uscì dalla stanza e sedette per
qualche istante in un luogo appartato. Tornando, sorrideva in modo
consolante. “Vostra moglie sta meglio. Vi sta scrivendo una lettera”. E lo
yoghi onnisciente citò alcune frasi della missiva.

“Estatico Babu, so già che non siete una persona comune; ma ancora non posso
credere che voi possiate, a volontà, bandire il tempo e lo spazio!

La lettera promessa alla fine giunse. Il sovrintendente, attonito, vi trovò
non solo la buona notizia della guarigione della moglie, ma anche le stesse
parole che Lahiri Mahasaya gli aveva riferite qualche settimana prima.

Dopo alcuni mesi la moglie arrivò in India e visitò l’ufficio dove Lahiri
Mahasaya stava quietamente seduto dinanzi alla sua scrivania. La donna gli
si avvicinò con rispetto e gli disse:

“Signore, era la vostra forma, circondata da un’aureola di luce, che vidi
accanto al mio letto a Londra. Da quell’istante fui completamente guarita!
Poco dopo ero in grado d’intraprendere questo lungo viaggio per mare”.

Giorno. per giorno, uno o due devoti venivano dal sublime Guru per essere
iniziati al Kriya. In aggiunta a questi doveri spirituali e alle
responsabilità :verso la famiglia e l’ufficio, il grande Maestro si dedicava
con entusiastico interesse all’istruzione dei giovani. Organizzò
associazioni culturali ed ebbe una parte attiva nello sviluppo di un grande
liceo nel quartiere Bengalitola di Benares. Nelle riunioni settimanali, che
vennero chiamate la sua “Assemblea Gita:’, il Guru spiegava le Scritture a
molti sinceri ricercatori della Verità.

Con queste molteplici attività, Lahiri Mahasaya cercava di dare una risposta
alla comune obiezione: “Dopo aver adempiuto i propri doveri sociali e di
lavoro, a chi rimane tempo per la devozione e la meditazione? La vita così
armoniosamente equilibrata del grande Guru-capofamiglia ispirò
silenziosamente migliaia di cuori carichi di interrogativi. Contento di un
modesto stipendio, parco e frugale, senza ostentazioni, accessibile a tutti,
il Maestro seguiva naturalmente e serenamente il sentiero della sua
disciplinata vita terrena.

Benché ìnsediato sul trono dell’Uno Supremo, Lahiri Mahasaya tributava
rispetto a tutti gli uomini, senza tener conto dei loro differenti meriti.
Quando i suoi devoti lo salutavano, egli ricambiava il saluto inchinandosi
dinanzi a loro. Con l’umíltà di un bimbo, il Maestro toccava spesso i piedi
degli altri, ma raramente permetteva che gli si tributasse un simile onore,
anche se tale segno di rispetto verso il Guru è un’antica tradizione in
Oriente.

Un tratto caratteristico della vita di Lahiri Mahasaya era quello di dare
l’iniziazione Kriya a uomini d’ogni fede. Tra i suoi principali discepoli si
trovavano non soltanto indù, ma anche musulmani e cristiani Monisti e
dualisti, uomini d’ogni fede o di nessuna determinata fede, tutti venivano
accolti imparzialmente e il grande Guru li istruiva tutti. Uno dei suoi
chela più altamente progrediti fu Abdul Gufoor Khan, un maomettano; ciò
dimostra un grande coraggio da parte di Lahíri Mahasaya che, pur essendo un
brahmino di alta classe, fece di tutto per annullare il rigido pregiudizio
di casta del suo tempo. Tutti coloro che vennero a lui, da ogni sentiero
della vita, trovarono rifugio sotto le onnipresenti ali del Maestro. Come
tutti i profeti ispirati da Dio, Lahiri Mahasaya diede nuove speranze ai
reietti e ai calpestati. dalla società.

“Ricorda sempre che non appartieni a nessuno e che nessuno ti appartiene.
Riflettì che un giorno, all’improvviso, dovrai abbandonate tutto in questo
mondo; perciò cerca di fare la conoscenza di Dio adesso diceva il grande
Guru ai suoi discepoli.

Preparati per il viaggio astrale della morte che dovrà venire, inalzandoti
ogni giorno nell’aerostato della percezione di Dio. L’illusione ti induce a
sentirti una piccola massa di carne ed ossa, capace di essere, al più, un
nido di guai. Medita senza tregua, per poter presto conoscer te stesso come
l’Essenza Infinita, libera da ogni miseria. Cessa di esser prigioniero del
tuo corpo; usando la chiave segreta del Kriya, impara a rifugiarti nello
Spirito”.

L’impareggiabile Guru incoraggiava i suoi vari allievi a uniformarsi
ciascuno alla buona, tradizionale disciplina della propria fede. Insistendo
sulla natura universale del Kriya quale tecnica pratica di liberazione,
Lahiri Mahasaya dava poi ai suoi discepoli la facoltà di vivere secondo
l’educazione e l’ambiente loro naturali.

Un musulmano deve adempiere il suo culto namaj ‘ cinque volte al giorno”,
diceva il Maestro. “Un indù deve sedere quattro volte al giorno in
meditazione, un cristiano inginocchiarsi quattro volte al giorno per pregare
Iddio e poi leggere la Bibbia”.

Con saggio discernimento il Guru guidava i suoi seguaci sui seritíeri del
Bhakti (devozione), Karma (azione), Jnana (saggezza), o Raja (reale o
completo) Yoga, secondo le naturali tendenze d’ogni individuo

Il Maestro esitava a lungo prima di dare il suo benestare ai devoti che
desideravano farsi monaci, e li esortava sempre a riflettere molto bene
sulle austerità imposte dalla vita monastica.

Il grande Guru. insegnava ai suoi discepoli a evitare discussioni teoriche
sulle Scritture. “E’ saggio solo colui che si dedica a vivere, e non solo a
leggere, le antiche rivelazioni”, diceva. “Risolvete tutti i vostri problemi
con la meditazione Preferite alle inutili speculazioni religiose, la reale
comunione con Dio. Sbarazzate la mente dai detriti teologici e dogmatici;
lasciate entrare le fresche acque risanatrici della percezione diretta.
Mettetevi in sintonia con l’attiva Guida interiore la Voce Divina può
risolvere ogni dilemma della vita. Benché l’abilità dell’uomo nel procurarsi
dei guai sembri illimitata, l’Infinito Soccorso non è meno ricco di
risorse”.

L’onnipresenza del Maestro si palesò un giorno dinanzi a un gruppo di
discepoli che ascoltava la sua esposizione della Bhagavad Gita. Mentre stava
spiegando il significato del Kutastha Chaitanya la Coscienza Cristica in
tutta 1,1 creazione vibratoria, Lahiri Mahasaya a un tratto inspirò
affannosamente ed esclamò:

“Sto affogando nei corpi di molte anime sulle coste del Giappone

La mattina dopo i chela lessero sul giornale il resoconto della morte di un
certo numero di persone che si trovava su una nave affondata il giorno prima
non lontano dalle coste del Giappone.

Molti discepoli lontani di Lahiri Mahasaya sentivano la sua avvolgente
presenza. Io sono sempre vicino a coloro che praticano il Kriya diceva per
consolare i chela che non potevano restargli vicino. “Vi guiderò alla
Cosmica dimora attraverso la vostra sempre crescente facoltà di percezione”.

Sri Bhupendra Nath Sanyal un eminente discepolo del grande Guru, raccontò
che da giovínetto nel 1892, non essendo in grado di andare a Benares,
rivolse la sua preghiera al Maestro per ricevere da lui l’istruzione
spirituale. Lahiri Mahasaya apparve a Bhupendra in un sogno e gli diede la
diksha (iniziazione). Più tardi il ragazzo andò a Benares e chiese al Guru
la diksha ‘Io ti ho già iniziato, in sogno” replicò Lahiri Mahasaya.

Se un discepolo trascurava qualcuno dei suoi obblighi terreni, il Maestro
con dolcezza lo correggeva e gli imponeva la sua disci. plina.

‘Le parole di Lahiri Mahasaya erano miti e risananti, anche quand’era
costretto a parlare apertamente degli errori di un chela” mi disse una volta
Sri Yukteswar. E aggiunse tristemente: “Nessun discepolo fuggì mai a causa
degli strali del nostro Maestro”. Non potei fare a meno di ridere, ma
assicurai Sri Yukteswar con sincerità che, tagliente o meno, ogni sua parola
era una musica ai miei orecchi.

Lahiri Mahasaya graduava il Kriya Yoga in quattro, distinte iniziazioni
progressive . Egli concedeva le tre tecniche superiori solo ai devoti che
avevano dato prova di un reale e sicuro progresso spirituale. Un giorno un
certo discepolo, convinto che il suo valore non fosse debitamente
apprezzato, dichiarò il suo malcontento.

“Maestro”, disse, “senza dubbio ormai sono pronto per la seconda
iniziazione”.

In quel momento la porta si aprì per introdurre un umile chela Brinda Bhagat
un postino di Benares.

“Brinda, siedi qui accanto a me”, disse il grande Guru sorridendogli
affettuosamente. “Dimmí, sei pronto per la seconda tecnica Kriya?”

Il piccolo postino giunse le mani supplichevole: “Gurudeva disse allarmato,
“non più iniziazioni, vi prego! Come posso assimilar un più alto
insegnamento? Sono venuto a chiedere la vostra benedi zione, proprio perché
il primo divino Kriya mi ha tanto inebriato ch non mi riesce più di
consegnare le mie lettere! ».

“Già Brinda nuota nel mare dello “. A queste parole d Lahiri Mahasaya
l’altro discepolo chinò il capo.

“Maestro”, disse, “mi accorgo di essere stato un cattivo operai , che dava
la colpa ai suoi arnesi”.

Mediante il Kriya il postino, che era un uomo semplice e privo d’istruzione,
sviluppò col tempo la profondità della vista interiore

tal punto, che a volte gli studiosi si rivolgevano a lui per chiederg la
spiegazione di certi passi difficili delle Scritture. Vergine di pecca
quanto di sintassi, il piccolo Brinda divenne celebre nell’ambiente de colti
pandit.

Oltre ai numerosi discepoli che Labiri Mahasaya aveva a Benares, ne venivano
a lui a centinaia dalle più lontane parti dell’India Egli stesso, in varie
occasioni, viaggiò nel Bengala, visitando le case dei suoceri dei suoi due
figli. Benedetto così dalla sua presenza, il Bengala divenne un alveare di
piccoli gruppi Kriya. Specialmente nei distretti di Krishnagar e Bishnupur,
molti silenziosi devoti mantengono viva tuttora l’invisibile corrente della
meditazione spirituale.

Fra i molti Santi che furono iniziati al Kriya da Lahiri Mahasaya, si può
annoverare il nome dell’illustre Swarni Bhaskarananda Saraswati di Benares,
e il grande asceta del Deogarb, Balananda Brahniabari. Per un certo tempo
Lahiri Mahasaya fu il precettore privato del figlio del Maharaja lswari
Narayan Sinha Bahadur di Benares. Ríconoscendo le alte cime spirituali
raggiunte dal Maestro, il Maharaja e, il figlio vollero essere iniziati al
Kriya, e così fece pure il Maharaja Jotindra Mohan Thakur.

Un gruppo di discepoli del Maestro che occupavano posizioni autorevoli nel
mondo desideravano estendere, attraverso la propaganda, la cerchia di coloro
che avevano la conoscenza del Kriya. Il Guru rifiutò il suo permesso. Un
chela medico ufficiale del principe di Benares, iniziò una campagna
organizzata per divulgare il nome del Maestro quale Kashi Baba (il Sublime
di Benares. Di nuovo il Guru lo proibì.

“Lascia che la fragranza del fiore del Kriya si espanda naturalmente senza d
ar spettacolo”, disse. “I suoi semi prenderanno sicuramente radice nel
terreno di cuori spiritualmente “.

Sebbene non avesse adottato il sistema di predicare coi mezzi moderni di
un’organizzazione, o attraverso la stampa, il grande Maestro sapeva bene che
il potere del suo messaggio si sarebbe espanso incontenibilmente come un
fiume in piena, inondando con la sua sola forza le rive delle menti umane.
Le vite mutate e purificate dei devoti erano le naturali e sicure garanzie
dell’immortale vitalità del Kriya.

Nel 1886, venticinque anni dopo la sua iniziazione a Ranikhet, Lahiri
Mahasaya si ritirò in pensione . Ora che era disponibile anche

1. Altri titoli datigli dai suoi discepoli erano: Yogibar (il più grande
degli yoghi); Yogirai (re degli yoghi Munibar (il più grande dei Santi), ai
quali io ho aggiunto Yogavatar (incarnazione dello yoga).

2 Aveva prestato trentacinque anni di servizio in un dipartimento
governativo. Quale yoghi-capofamiglia, Lahiri Mahasaya recò un messaggio
pratico, adatto alle necessità del mondo moderno. Le floride condizioni
economiche e religiose dell’India antica non sussistono ormai più. Il grande
Guru perciò non incoraggiò l’antico ideale di uno yoghi-asceta ambulante con
la ciotola dell’elemosina. Insisteva invece sui vantaggi, per uno yoghi
moderno, di guadagnarsi la vita col proprio lavoro, in modo da non pesare
per il proprio sostentamento su una società impoverita, in preda alla
miseria, e di praticare lo yoga nell’intimità della propria casa.

A questo consiglio Lahiri Mahasaya aggiungeva l’incoraggiante potenza del
suo esempio. Egli era uno yoghi ultimo modello, diremo ‘aerodinamico’.
Durante il giorno, i discepoli affluivano in numero sempre crescente. Ormai
il grande Guru trascorreva la maggior parte del suo tempo seduto in
silenzio, raccolto nella tranquilla posizione del Loto.

Raramente abbandonava il suo salottino, foss’anche solo per una passeggiata
o per andare in altre parti della casa. Una quieta fiumana di chela giungeva
quasi ininterrottamente per un darshan (santa contemplazione) del Guru.

A ispirare anche maggior reverenza a tutti coloro che lo visitavano, valeva
il fatto che lo stato fisico abituale del Guru manifestava le
caratteristiche superumane della sospensione del respiro, della rinuncia
totale al sonno, della cessazione dei battiti del polso e dei cuore, degli
occhi fermi, privi per ore intere di ogni battito di palpebre, e di una
profonda aura di pace. Nessun visitatore se ne andava senza sentirsi
spiritualmente elevato; tutti erano consapevoli di aver ricevuto la tacita
benedizione di un vero uomo di Dio.

Il Maestro permise allora al suo discepolo Panchanon Bhatta charya di aprire
a Calcutta un centro yoga, la ‘Missione Arya’. Il centro preparava e
distribuiva alcune medicine yoga fatte di erbe’, e pubblicò le prime
edizioni popolari in bengali della Bhagavad Gita. L’Arya Mission Gita, in
indi e in bengali, entrò così in migliaia di case indù.

Secondo un’antica usanza, il Maestro dava generalmente un olio di neem per
la cura di alcune malattie’. Quando il Guru chiedeva a un discepolo di
distillare quest’olio, il compito era facile. Se qualcun altro tentava di
farlo, incontrava strane difficoltà. poiché dopo i necessari processi di
distillazione, l’olio medicinale era quasi completa. mente evaporato.
Evidentemente la benedizione del Maestro era un ingrediente essenziale.

“Lahiri Mahasaya ha portato alla luce, libera da allegorie, la scienza
religiosa tanto abilmente celata nelle Scritture in un rebus di immagini. Le
formule del culto vedico cessarono d’essere un gioco di prestigio con parole
inintelligibili e si rivelarono, attraverso le spiegazioni del Maestro,
piene di significato scientifico.

“Sappiamo che l’uomo è generalmente indifeso contro le ondate dilaganti
delle cattive passioni; ma queste sono ridotte all’impotenza e l’uomo non
trova motivo d’indulgerví quando sorge in lui la coscienza d’una beatitudine
superiore e durevole attraverso il Kriya. Qui la rinunzia, la negazione
della bassa natura, va di pari passo con una conquista: l’esperienza della
beatitudine.

“Se così non fosse, centinaia di massime morali che esprimono soltanto
negazioni sarebbero inutili per noi.

“Dietro tutte le manifestazioni fenomeniche sta l’Infinito, l’Oceano di
Potere. Il desiderio di attività materiale uccide in noi il senso di
riverenziale rispetto spirituale. Poiché la scienza moderna ci insegna a
utilizzare le forze della natura, noi manchiamo di comprendere la Grande
Vita che sta alla base di tutti i nomi e di tutte le forme. La familiarità
con la natura ha creato in noi il disprezzo per i suoi ultimi segreti; i
nostri rapporti con essa sono di natura eminentemente pratica. Noi la
stuzzichiamo, per così dire, per scoprire come possiamo costringerla a
servire i nostri scopi, e sfruttiamo I.sue energie, la cui Fonte tuttavia ci
rimane ignota. Nella scienza i nostri rapporti con la natura sono simili a
quelli che esistono tra un uomo arrogante e il suo servo; oppure, in senso
filosofico, la natura è una prigioniera nella gabbia degli imputati. La
interroghiamo, la provochiamo e valutiamo minutamente le sue prove con
intendimenti umani, che non possono dare la giusta valutazione dei suoi
valori segreti.

“D’altra parte, quando l’Io è in comunione con un potere superiore, la
natura automaticamente ubbidisce senza sforzo alla volontà dell’uomo. Questo
spontaneo dominio sulla natura è chiamato ‘miracoloso’ dal materialista, che
non comprende.

«La vita di Lahiri Mahasaya diede un esempio atto a sfatare l’errata
convinzione che lo yoga sia una pratica misteriosa. A dispetto della
materialità della scienza fisica, per mezzo del Kriya ogni uomo può giungere
a capire il proprio giusto rapporto con la natura e a risvegliare in sé il
riverente rispetto per ogni fenomeno, sia esso di carattere mistico o comune
‘. Dobbiamo rammentarci che molte cose che erano inspiegabili un migliaio
d’anni fa, oggi non lo sono più, e che molti fenomeni oggi misteriosi,
potranno fra qualche anno rivelarci le loro leggi.

“La scienza del Kriya Yoga è eterna. Essa è vera come la matematica; come le
semplici norme di addizione e sottrazione, la legge dei Kriya Yoga non può
mai essere negata o distrutta. Bruciate tutti i libri di matematica, e le
menti logiche scopriranno sempre di nuovo tali verità; distruggete tutti i
libri sacri sullo yoga, e le sue leggi fondamentali verranno nuovamente
rivelate dovunque comparirà un vero saggio dalla devozione pura e, perciò,
dalla pura conoscenza”.

Come Babaji è un avatar fra i più grandi, un Mahavatar, e come Sri Yukteswar
può essere giustamente considerato un jnanavatar, o Incarnazione di
Saggezza, così Lahiri Mahasaya era uno Yogavatar, Incarnazione dello Yoga.
Il grande Maestro elevò il livello spirituale della società sotto un punto
di vista sia qualitativo che quantitativo Per la sua facoltà di elevare i
suoi discepoli più stretti a una statura spirituale simile a quella del
Cristo, e per la larga diffusione della verità fra le masse, Lahiri Mahasaya
s’inserisce tra i salvatori della umanità.

La sua unicità come profeta consiste nell’aver posto l’accento sulla pratica
di un metodo ben definito, il Kriya, aprendo per la prima volta le porte
dello yoga liberamente a tutti gli uomini. A parte i miracoli della sua
vita, lo Yogavatar ha certamente raggiunto il culmine di tutti i miracoli
riducendo le antiche complessità dei metodi yoga a una semplicità pratica ed
efficace, accessibile a tutti.

Per quanto riguarda i miracoli, Lahiri Mahasaya spesso diceva: “L’azione
delle sottilissime leggi ignote alla massa non dovrebbe essere discussa
pubblicamente, o pubblicata senza le dovute discriminazioni”.

Se può sembrare che in queste pagine io non abbia rispettato le sue prudenti
parole, è perché egli me ne diede, nell’intimo, il permesso. Tuttavia, nel
narrare le vite di Babaji, Lahiri Mahasaya e Sri Yukteswar, ho creduto
opportuno omettere certi racconti miracolosi, a spiegazione dei quali avrei
dovuto inserire tutto un volume di astrusa filosofia.

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