SRILA PRABHUPADA E IL QUINTO COMANDAMENTO
Ogni volta che Prabhupada incontrava i seguaci della Bibbia
invariabilmente li esortava a far cessare l’uccisione degli animali.
di Satyaraja Dasa
Durante un recente incontro interreligioso, mi è accaduto di ricordare che noi devoti di Krishna
siamo vegetariani e nel mezzo della discussione ho fatto riferimento al Quinto Comandamento: “Non
uccidere.” Un eminente erudito cristiano, che partecipava alla discussione, chiese cosa aveva a che
fare il Comandamento con l’essere vegetariani.
“Ha molto a che fare con esso!” risposi. “Chi mangia la carne, direttamente o indirettamente uccide
gli animali ed uccidere è ciò che il Comandamento proibisce espressamente, non è così?”
Bene, il mio amico cristiano era nettamente contrario. Diceva che il Comandamento si applica solo
agli esseri umani. Sebbene insistesse su quest’affermazione, si trovò a corto di argomentazioni
quando gli chiesi di spiegare razionalmente la sua posizione in proposito. E questo mi fece
pensare…
Srila Prabhupada dice:
Ma quando siete veramente al livello dell’amore per Dio, allora comprendete la vostra relazione con
Lui: “Sono una parte integrante di Dio – e questo cane è anche lui una parte integrante di Dio. E
così per tutti gli altri esseri viventi.” Allora estenderete il vostro amore anche agli animali. Se
davvero amate Dio, allora amate anche gli insetti, perché capite: “Questo insetto ha un tipo di
corpo differente, ma anch’egli è parte integrante di Dio – è mio fratello.” Samah sarvesu bhutesu:
guardate con equanimità tutti gli esseri viventi. Allora non potete mantenere i mattatoi. Se
mantenete i mattatoi, disobbedendo all’ordine che Cristo dà nella Bibbia “Non uccidere.” – e vi
dichiarate Cristiani, la vostra pretesa religiosità è semplicemente una perdita di tempo …perché
non amate Dio.
Spesso Prabhupada usa la frase “Non uccidere” presentando la coscienza di Krishna. È uno dei temi
che ricorrono con maggior insistenza nei suoi libri e il lettore attento può trovare riferimento a
quest’affermazione praticamente in ognuno di essi.* Il suo insistere sull’importanza di questo
argomento risulta non solo dal numero di volte che vi fa riferimento, ma dalla forza e
dall’intensità con cui Prabhupada lo richiama. Alcuni esempi:
Non è vero che i leader di una nazione devono occuparsi soltanto degli esseri umani. Il significato
di nazionalità è “nascere in una particolare nazione”. Perciò anche la mucca ha una nazionalità.
Allora perché la mucca viene macellata? La mucca dà il latte e il toro lavora per voi e allora
perché li uccidete? Che filosofia è questa? Nella religione cristiana viene detto chiaramente: “Non
uccidere.” Nonostante questo la maggior parte dei mattatoi si trova nei paesi cristiani. (Da The
Quest of Enlightenment, “La Misericordia del Signore Caitanya”)
Dovrebbero vergognarsi: “Il Signore Gesù Cristo ha sofferto per noi, ma noi continuiamo nelle nostre
attività peccaminose.” Egli disse a tutti: “Non uccidere,” ma essi continuano ad uccidere pensando:
“Il Signore Gesù Cristo ci scuserà e si farà carico di tutti i nostri peccati. Questo è ciò che
accade. (Da Perfect Questions, Perfect Answers, cap. 6)
Per quanto riguarda la religione cristiana, ci sono ampie possibilità per comprendere Dio, ma
nessuno ne approfitta. Per esempio, la Bibbia contiene il Comandamento “Non uccidere”, ma i
Cristiani hanno costruito i più grandi mattatoi del mondo. Come possono diventare coscienti di Dio
se non ubbidiscono al Comandamento del Signore Gesù Cristo? E questo accade non solo nella religione
cristiana, ma in tutte le religioni. I nomi “induista”, “musulmano” o “cristiano” sono soltanto
etichette. Nessuno di loro sa chi è Dio e come amarLo. (Dalla Scienza della realizzazione
spirituale: “Cos’è la Coscienza di Krishna?”)
Gesù Cristo insegnava: “Non uccidere”, ma i suoi seguaci ora hanno deciso: “Comunque uccidiamo” e
aprono grandi, moderni e scientifici mattatoi. “Se questo è peccato, Cristo se ne farà carico.”
Questa è la più abominevole delle conclusioni. (Dalla Scienza della realizzazione spirituale, “Gesù
Cristo era un Guru”)
Se guardiamo tutti gli interventi di Prabhupada su questo argomento, quelli che spiccano di più si
trovano nelle sue conversazioni con due rappresentanti del clero cristiano di grande fama: il
cardinale Jean Danielou di Parigi e il padre Emmanuel Jungclaussen, un monaco benedettino della
Germania occidentale. Poiché non c’è abbastanza spazio per riportare qui queste classiche
conversazioni, al lettore si consiglia di consultare il libro di Prabhupada: La scienza della
realizzazione spirituale dove sono riportate tutte e due queste interviste. In breve l’affermazione
più importante di Prabhupada è che il Comandamento dovrebbe essere preso nel suo vero senso –
uccidere è sbagliato, chiaro e semplice.
GIUSTIFICAZIONI DELLA BIBBIA PER UCCIDERE
Ma coloro che conoscono bene la Bibbia potrebbero chiedere: e la legittima difesa e la pena di morte
o quando l’uccisione è accidentale? La Bibbia prevede giustificazioni per questi casi escludendoli
di conseguenza dagli ordini di questo Comandamento. Secondo la Bibbia anche i nemici di Israele
possono essere uccisi. Allora dov’è la linea di confine? Se la prescrizione non comprende nemmeno
tutti gli esseri umani, che speranza c’è di far rientrare gli animali nel suo campo?
Se si tiene presente la cultura ed il contesto storico in cui il Comandamento fu rivelato, con tutta
probabilità il suo significato originale è: “Non uccidere, se non vi è necessità,” per cui, come si
è visto, la Bibbia ammette chiaramente alcune forme di uccisione. E queste probabilmente si
concentrano sugli aspetti che riguardano l’uomo, piuttosto che gli animali. Comunque, tenuti
presenti gli ideali di pace e di compassione contenuti nella tradizione giudeo-cristiana, è naturale
estendere questo Comandamento a comprendere le creature inferiori, per cui la scienza moderna – in
particolare le scienze della nutrizione – insegnano che non dobbiamo uccidere gli animali, neanche
per cibarcene. Questi cibi non sono più ritenuti necessari all’uomo per mantenersi in buona salute.
Mark Mathew Braunstein, un erudito di notevole fama, è tra coloro che vedono nel Comandamento un
chiaro ordine a non uccidere nessun essere vivente. Egli scrive: “Mosé l’inviato ha portato a noi
l’ordine ‘Non uccidere.’ Punto e basta. Mentre quello che viene prescritto fa specifico riferimento
alla sposa del vicino o ad onorare i genitori, la proibizione di uccidere non è specifica: afferma
puramente e semplicemente di non uccidere.”
Questo è un punto importante – gli altri Comandamenti indicano esattamente chi ricade nella loro
giurisdizione o chi possa essere ritenuto loro beneficiario. Ma qui ci viene semplicemente detto di
non uccidere, senza alcuna considerazione in merito. Questa è anche l’argomentazione di Prabhupada:
se il Comandamento non specifica se si riferisce agli uomini e agli animali o soltanto agli uomini,
allora perché interpretarlo? Perché non comprenderlo nel suo più semplice e diretto significato? Ma
le persone insistono a fare interpretazioni e per questa ragione noi studieremo le parole in
questione per vedere se riusciamo a trovare qualche ragionevole soluzione per questo dilemma.
UN ESAME PIU’ ATTENTO DEL COMANDAMENTO
Se vogliamo comprendere l’insistenza di Prabhupada su “Non uccidere” come base per una compassione
universale e per il vegetarianesimo, è obbligatorio studiare il quinto Comandamento (Exodus 20.13)
più attentamente.
Secondo Reuben Alcalay, uno dei maggiori eruditi nel campo linguistico del ventesimo secolo e autore
del The Complete Hebrew-English Dictionary, il Comandamento indica “qualsiasi tipo di uccisione”.
L’espressione ebraica originale, egli afferma, è Lo tirtzakh, che ci chiede di evitare ogni tipo di
uccisione senza eccezione.
Se quello che egli dice è vero, possiamo analizzare il Comandamento in questo modo: “Non” non ha
bisogno d’interpretazione. La parola controversa è “uccidere”, comunemente interpretata come (1)
privare della vita; (2) porre fine a; (3) distruggere la qualità vitale o essenziale di. Se ogni
cosa che ha vita potesse essere uccisa, anche un animale potrebbe essere ucciso; secondo questo
Comandamento, dunque, l’uccisione degli animali è proibita.
Il problema è che non tutti i manoscritti della Bibbia sono uguali. Tra i numerosi riferimenti a
questo Comandamento nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, alcuni di essi contengono sfumature
leggermente diverse. I moderni eruditi ora tendono a interpretare “Non assassinare” come
contrapposto a “Non uccidere”. Perché gli eruditi arrivano a questa conclusione e qual è la vera
differenza tra le due espressioni?
Innanzitutto esaminiamo cosa dice veramente la Bibbia. La parola ebraica per “assassinare” è
ratzakh, mentre la parola che traduce “uccidere” è haroq. Il Comandamento, in ebraico originale, in
verità afferma: “Lo tirtzakh” (una forma di ratzakh) e non “Lo taharoq”. In altre parole, “non
assassinare” è contrapposto a “non uccidere.” Allora perché Reuben Alcalay dice che tirtzakh indica
“qualsiasi tipo di uccisione”?
LE ESPRESSIONI “UCCIDERE” E” ASSASSINARE” NELLA TRADIZIONE BIBLICA
La differenza tra queste due espressioni – “uccidere” e “assassinare” – è più dovuta all’uso moderno
che ai testi originali: la distinzione tra queste due parole può essere stata diversa ai tempi
biblici. In verità, la Bibbia appare contraddittoria a questo proposito e così anche i suoi
traduttori. The Harper Collins Study Bible, che è la New Revised Standard Version e la versione
usata dall’Associazione della letteratura biblica, interpreta il Comandamento come “non
assassinare”, ma riporta una nota in calce che dice “oppure uccidere”. The New Oxford Annotated
Bible fa lo stesso.
La versione della Bibbia di Re Giacomo ed altre troppo numerose per ricordarle traducono il verso
con “non uccidere”, mentre altri continuano ad andare avanti e indietro, passando da “uccidere” ad
“assassinare” e dopo qualche anno cambiano nuovamente. Forse la versione più importante che usa la
parola “uccidere” invece di “assassinare” è The Holy Bible: From Ancient Eastern Manuscripts. Questa
opera è basata sulle prime edizioni del testo e fa uso di rari frammenti aramaici. Qui troviamo che
il verso dell’Esodo è inequivocabilmente tradotto come “non uccidere”, sebbene una lunga
introduzione spieghi perché i traduttori benpensanti potrebbero scegliere diversamente.
Il rabbino Joseph Telushkin tratta uno dei molti pericoli insiti nell’interpretare la parola come
“uccidere”:
Se il Comandamento fosse letto “non uccidere”, potrebbe suggerire che ogni uccisione è illegale
compresa quella per autodifesa. In verità, alcuni gruppi religiosi come i Testimoni di Geova
prendono questa posizione ed impongono ai propri componenti di rifiutare il servizio militare
(durante la seconda guerra mondiale in Germania i Testimoni di Geova rifiutarono di combattere per i
Nazisti, mentre i loro correligionari americani rifiutarono di combattere contro di loro).
Queste problematiche sono riservate ai traduttori e ai commentatori della Bibbia e mentre questi
possono avere opinioni diverse se usare “uccidere” o “assassinare” adducendo una molteplicità
infinita di argomentazioni, una cosa è certa: nell’uso corrente, le due parole hanno significati
diversi. Secondo lo Webster’s New Universal Unabridged Dictionary, il significato di “uccidere” è
chiaro e la sua definizione è stata data precedentemente.
“Assassinare” è invece più complicato. Webster lo definisce in termini legali. La sua prima
definizione come sostantivo è “la illecita e malvagia o premeditata uccisione di un essere umano da
parte di un altro”; come verbo viene definito come “uccidere (una persona) illecitamente e con
malvagità.” Queste sono le prime definizioni. Se osserviamo le successive troviamo “uccidere senza
umanità e barbaramente, come in tempo di guerra”, oppure “distruggere; porre fine a.”
Nella sua conversazione con Padre Emanuel, Prabhupada ammette che “assassinare” si riferisce agli
uomini e questo deriva dalle prime definizioni sopra riportate. Ma chi dà la definizione di queste
parole? Poiché gli animali non hanno gli stessi diritti degli uomini, per lo meno nelle società
occidentali contemporanee, essi sono esclusi dalla definizione di assassinio e quindi togliere loro
la vita non è considerato illegale. Ma se noi guardiamo da un punto di vista pratico all’assassinio
– a quello che realmente è aldilà delle formulazioni di legge – c’incontriamo con la seconda
definizione di “assassinare”, data precedentemente. Entrambe le quali possono essere applicate agli
animali.
I pedanti possono aggrapparsi strettamente alle prime definizioni, dicendo che assassinare si
riferisce soltanto agli uomini e con questo il problema viene chiuso. Ma come a prevenire questa
interpretazione, la Bibbia ci dice: “Colui che uccide un bue è come se uccidesse un uomo.” (Isaia
66.3) Forse questo suggerisce un più stretto legame tra “uccidere’ e “assassinare”.
UNA AMPIA DEFINIZIONE DI “ASSASSINIO”
Inoltre, i commentatori tradizionali della Bibbia definivano “assassinare” in un modo che è più
ampio delle odierne definizioni formali, inserendovi sottili attenuazioni dovute ad una sincera
compassione. Nel commento del verso 20.13 dell’Esodo i primi eruditi ebrei scrivono come segue: “I
saggi comprendevano nella definizione di “spargimento di sangue” sia l’imbarazzante situazione di un
essere umano che in pubblico perde sangue dal viso, sia il non fornire situazioni di sicurezza ai
viaggiatori provocandone la perdita della vita. Si può uccidere con la mano o con la lingua, con la
maldicenza o in qualità di assassino. Si può uccidere per mancanza di cure, per indifferenza …”
Dunque l’interpretazione rabbinica del Comandamento comprende di più del semplice togliere la vita.
Oppure, per dirla in altro modo, accettare la definizione giudea di assassinio va oltre i confini
standard della parola. Non sarebbe dunque irragionevole comprendere l’uccisione degli animali – che
comporta di togliere loro la vita – all’interno del generale significato di assassinio, perché
questo in qualche modo costituirebbe una forzatura minore di altre interpretazioni che si trovano
tradizionalmente nelle definizioni convenzionali della parola.
Ma c’è di più. Quando Prabhupada fa riferimento al Comandamento “non uccidere”, in generale lo cita
come “il Comandamento di Gesù Cristo”, oppure lo fa precedere da: “Gesù dice.” Questo è
significativo. In effetti, nel Nuovo Testamento la lettura di questo Comandamento tende ad
espandersi oltre la sua originale definizione: Luca (18.20), Marco (10.19) e Matteo (5.21), tutti
esortano i fedeli ad andare oltre la comprensione convenzionale di questo Comandamento. Per dare
solo un esempio, prendiamo in considerazione il Vangelo di Matteo: “Avete sentito cosa era stato
detto a coloro che vissero nei tempi antichi: ‘Non assassinare’; e ‘chiunque assassina sarà
sottoposto a giudizio’. Ma io vi dico che se voi siete in collera con un fratello o una sorella, voi
sarete sottoposti a giudizio; e se voi offendete un fratello o una sorella …”
In altre parole non si parla più di “uccidere”, ma di maltrattamenti. Vero, innanzi tutto questi
insegnamenti guidano i rapporti umani. Ma se si tengono presenti gli ideali biblici sulla dieta
originale dell’uomo, che era vegetariana (vedi Genesi 1.29) e la visione finale d’Isaia (11.6-9) –
che tutte le creature un giorno vivranno insieme in pace – è evidentemente auspicabile che l’uomo
cominci a trattare i suoi coabitanti del pianeta con dignità e rispetto. Può cominciare con non
ucciderli.
LA COMPASSIONE SECONDO IL SENSO COMUNE
Questo è il punto principale di Prabhupada: in qualunque modo gli antichi profeti ebrei e i loro
attuali rappresentanti interpretino la parola “uccidere”, una persona religiosa dovrebbe essere
capace di appellarsi al senso comune e all’innata compassione umana – non si deve uccidere nessun
essere vivente senza una vera necessità. Prabhupada è del parere che una persona che pratica la
religione, in particolare, dovrebbe essere dotata di buon senso, carattere e purezza di scopi per
sapere che togliere la vita non è affare nostro. Non abbiamo il potere di creare la vita di un
animale e perciò non abbiamo il diritto di toglierla. La comprensione di Prabhupada di “non
uccidere” è così chiaramente legittimata – specialmente alla luce della ristrutturazione del
Comandamento che si trova nel Nuovo Testamento. Questo sta a significare che i moderni mattatoi sono
contro il vero spirito dell’intera tradizione ebreo-cristiana della religione in generale – che
cerca di abolire le ingiustificate uccisioni e di stabilire un’armonia ed amore universali in tutta
la creazione.
Quest’articolo è stato tratto dal libro dell’autore: Holy Cow: The Hare Krishna Contribution To
Vegetarianism and Animal Rights, pubblicato recentemente nei Lantern Books e disponibile presso
Krishna.com.Store.
Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, contribuisce regolarmente a BTG. Ha scritto più di
venti libri sulla Coscienza di Krishna. Vive vicino a New York City con la moglie e la figlia.
* Ho trovato riferimenti e spiegazioni relative a “Non uccidere.” nello Srimad Bhagavatam; nella
Caitanya-caritamrita; Perfect Questions, Perfect Answers; The Science of Self-realization; Life
Comes from Life; Matchless Gifts; The Journey of Self-Discovery; The Quest of Enlightment;
Dialectical Spiritualism e in innumerevoli lezioni ed articoli della rivista Back to Godhead. Le
altre sue opere, sebbene non si riferiscano direttamente all’ingiunzione biblica, certamente
trattano di argomenti che la riguardano e comunque l’essenza del Comandamento è sempre presente.
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IL COMANDAMENTO E LA DIETA
Alcuni studi trattano del significato di “Non uccidere” dal punto di vista del vegetarianesimo. Da
questo punto di vista l’opera più nota è “Thou Shalt Not Kill” – The Torah of Vegetarianism di Aaron
Frankel, pubblicato nell’anno della nascita di Prabhupada (1896). Da allora solo un piccolo gruppo
di dichiarati sostenitori del vegetarianesimo hanno spiegato il Comandamento sulla base delle loro
preferenze alimentari.
Nel 1903, J. Todd un padre fondatore dell’Ordine della Croce,
compose un piccolo libro intitolato Concerning Human Camivorism, poi stampato di nuovo con il
titolo di On Behalf of Creatures. Alcuni anni più tardi, il Reverendo V. A. Holmes-Gore, scrisse un
volume simile intitolato These We Have Not Loved, che fu seguito da Why Kill for Food? di Geoffrey
L. Rudd. Questi libri sono pochi e distanziati nel tempo, ma ci permettono di vedere il Quinto
Comandamento da un punto di vista più ampio.
(da Ritorno a Krishna di Settembre-Ottobre 2004)
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