STATI ALTERATI DI COSCIENZA – 6
da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
STATI DI COSCIENZA E PARAPSICOLOGIA
Ritmi dei tamburi e onde cerebrali nelle esperienze sciamaniche
di Piergiorgio Pietrobon
Oltre alle guarigioni individuali e “sociali”, per lo sciamano, svolgono un ruolo importante le
ascensioni in mondi non accessibili alle persone comuni.
Per fare ciò egli utilizza degli oggetti e dei simboli di potere che fungono da agganci, ponti o
intermediari, con il mondo dell’aldilà. Nel tempo lo sciamano si costruisce o si procura un
materiale di potere, come per un medico lo sono i suoi strumenti e questo materiale sarà
strettamente personale, procurato o fabbricato da lui, ricevuto dalle mani di un sant’uomo, o da un
altro sciamano.
Oggetti come il tamburo, il costume, la pipa, sono conosciuti unanimemente in tutto il mondo
sciamanico, come oggetti di potere che stimolano a penetrare nel mondo sovrannaturale. Simboli
invece come l’albero, la scala, il ponte, anch’essi universalmente riconosciuti, molto spesso, ma
non sempre, presenti, rappresentano nell’inconscio archetipico degli sciamani rispettivamente l’asse
del mondo, l’oggetto di ascensione e il passaggio che permette di comunicare con ognuna delle tre
zone cosmiche. Essi determinano in sé lo spazio sacro e centrale, a partire dal quale l’uomo apre
una finestra sull’infinito.
L’ascensione o la discesa sciamanica per eccellenza, consiste nel passaggio da una regione cosmica
all’altra: dalla Terra al Cielo e dalla Terra agli Inferni. Lo sciamano conosce il mistero delle
rotture di livello perché esse sono collegate da un asse centrale che passa per una “apertura” o per
un “foro”.
Simboli del passaggio
L’Albero: simbolo di vita in continua evoluzione, l’albero esprime l’ascensione e la crescita; è la
vita. L’albero mette in comunicazione i tre livelli del cosmo: quello sotterraneo con le radici che
scavano le profondità, la superficie della terra con il tronco e i primi rami, e i cieli, con i rami
superiori e la cima attirata dalla luce del sole. Esso in questo senso ha un carattere centrale, al
punto che l’albero del mondo è sinonimo dell’asse del mondo.
La Scala: anch’essa si ricollega alla simbologia della verticalità; tuttavia essa indica
un’ascensione graduale, per gradi, in cui lo spirito dello sciamano deve riequilibrarsi per poi
procedere verso nuove “salite”. La scala appare nell’arte come il supporto immaginario
dell’ascensione spirituale. Lo stesso Dante nel “Paradiso” (XXI, 28-34), scrive:
“…di color d’oro in che raggio traluce
vid’io uno scaleo eretto in suso
tanto che nol seguiva la mia luce
Vidi anche per li gradi scender giuso
tali splendor, ch’io pensai ch’ogni lume
che par nel ciel quindi fosse diffuso”.
Il Ponte: anch’esso viene vissuto simbolicamente come mezzo che unisce il mondo ai Piani Infernali e
Celesti. Al pari della morte, l’estasi implica un passaggio, un “mutamento” dato figurativamente dal
mito, nella forma di un attraversamento pericoloso.
Mircea Eliade spiega: “Si tratta di un complesso mitologico, i principali elementi costitutivi del
quale sarebbero i seguenti:
a) in illo tempore, nell’era paradisiaca dell’umanità, un ponte collegava la Terra e il Cielo e si
posava dall’una all’altra regione senza ostacoli perché non esisteva la morte
b) una volta interrottisi le comunicazioni facili tra Cielo e Terra, il ponte lo si attraversa solo
“in ispirito”, cioè come morti o in estasi. Da un certo punto di vista, tutti i riti iniziatici
tendono alla ricostruzione di un passaggio verso l’aldilà e, pertanto, all’abolizione della rottura
di livello che caratterizza la condizione umana dopo la caduta. Nei miti questo passaggio
“paradossale” va appunto a sottolineare il fatto che chi riesce a realizzarlo ha superato la
condizione umana: è uno sciamano, un mistico o un eroe”.
Il potere del tamburo
Al pari dei simboli precedenti, gli oggetti di potere figurano nella realtà sciamanica come agganci
energetici a trance ascensionali. Il tamburo, per esempio, oltre a possedere un potere generazionale
se trasmesso ereditariamente, emette delle onde vibratorie che influiscono a livello cerebro –
corporeo, stimolando particolari aree del sistema nervoso centrale.
Infatti sembra che le basse frequenze emesse dal rullio del tamburo trasmettano al cervello
un’energia massima, perché possono essere sopportate per lungo tempo e a grande amplitudine. Non è
così per le alte frequenze che “saziano” rapidamente.
Inoltre si ritiene che la zona di frequenza d’onda su cui vibra il tamburo sia particolarmente
efficace per far scattare una modificazione dello stato di coscienza. Stessa “suggestione di
frequenza” assumono i canti sacri per gli Orientali e il mantra “OM” dei Tibetani, il quale deve
vibrare a livello addominale.
Con un semplice parallelismo, si configura nel quadro vibrazionale una tendenza delle basse
frequenze a stimolare campi fisico – emotivi, che si avvicinano sempre a esperienze meditative, di
trance o di estasi.
E’ come se le onde emoto-somatiche dello sciamano o del mistico vibrassero, per raggiungere un
livello di conoscenza profondo, a frequenze più basse del normale. Tutto ciò accade similmente nel
cervello umano, in cui si é riscontrato che, negli stati meditativi, le onde cerebrali scendono da
45-13 cicli/sec. delle onde beta, ai 12-8 cicli/sec. delle onde alfa, toccando la soglia delle onde
theta 8-4 cicli/sec. ed a volte anche a livelli inferiori delle onde delta 4-0,5 cicli/sec.
Sconcertante allora è pensare che il livello theta, posseduto da un soggetto dormiente, viene
raggiunto consciamente dal meditativo in esercizio. Si potrebbe affermare cioè: “Sta sognando con
coscienza!”.
Esistono infatti numerosi casi di persone che, durante il sogno, si rendono consapevoli di essere
stesi sul proprio letto, e vivono la “favola onirica” percettivamente con tutti cinque i sensi: essi
odono, toccano, annusano, vedono il sogno e sanno nello stesso tempo, di essere sdraiati nel letto.
L’Io integrato e fluido
Si può chiamare effettivamente allucinazione, ma la differenza sostanziale di queste persone dagli
psicotici o schizofrenici è che i primi possiedono degli Io integri, i secondi no.
Per quanto perplessi possano risvegliarsi e, successivamente, approfondire o accantonare
l’esperienza casuale, essi continueranno a vivere una propria vita normale.
Gli psicotici invece, possiedono purtroppo un Io diviso, meglio definirlo disintegrato e,
rappresentandolo come un cerchio spezzettato, non possono impedire al contenuto (cioè l’inconscio),
di fuoriuscire.
Il concetto fondamentale a cui sono giunto nel mio studio è che il lavoro degli sciamani dei monaci,
su sé stessi agisca assottigliando la struttura psichica dell’Io, e rendendola fluida. La volontà,
ossia la “presenza energetica”, cardine e caratteristica primaria per l’applicazione e la
continuazione di queste tecniche, si sovrapporrà come una patina o alone trasparente, a quelle
solidificazioni egoiche che mantenevano in vita inutili difese dell’Io, strutturate in seguito a
shock infantili o ad esperienze sociali negative.
Con la prima legge di termodinamica la scienza giunse alla conclusione che “Nulla si crea, nulla si
distrugge, ma tutto si trasforma”; effettivamente l’apprendistato sciamanico consiste in una
trasformazione personale in cui le difese e gli inutili desideri vengono sostituiti da qualità
potenziali, poche volte sviluppate.
“Un guerriero” disse una volta Don Juan a Castaneda, “deve usare la volontà e la sua pazienza per
dimenticare. Di fatto un guerriero ha solo la sua volontà e la sua pazienza e con esse costruisce
tutto quello che vuole. La volontà è qualcosa di molto speciale, che capita misteriosamente.
Non c’è un vero modo per dire come la si usa, tranne che i risultati della volontà sono
stupefacenti. Forse per prima cosa si dovrebbe sapere che si può sviluppare la volontà; il guerriero
lo sa e aspetta. La volontà è qualcosa che l’uomo usa, per esempio, per vincere una battaglia che,
secondo ogni calcolo, dovrebbe perdere. Quella che tu chiami volontà è carattere e temperamento
forte, quello che uno stregone chiama volontà è una forza che viene dall’interno e che si attacca al
mondo esterno. La volontà è come una forza, il vero legame tra gli uomini e il mondo”.
Una spiegazione fisica della coscienza
L’unificazione della fisica e la questione della mente
di Fabrizio Coppola
La scienza si propone di comprendere la realtà in cui viviamo; e la fisica è la scienza
fondamentale. Oggi i fisici tendono allo sviluppo di una “teoria unificata” da cui dedurre tutte le
manifestazioni dell’universo in funzione di un’unica entità, il “campo unificato”. Si tratta di un
atteggiamento che risale ad Einstein, che però non disponeva ancora di sufficienti conoscenze per
riuscire nell’intento.
Dal campo unificato si spiegherebbe ogni manifestazione in natura. E poiché anche la mente dell’uomo
fa parte della realtà, è naturale ricercare la sua relazione col campo unificato, e chiedersi come
nasca la coscienza nell’universo.
Generalmente si pensa che la mente sia un fenomeno secondario rispetto alle entità fondamentali
della fisica, che si riscontra solo in quegli organismi complessi che sono gli animali e l’uomo e
come tale di esclusiva pertinenza delle scienze biologiche. Forse però la coscienza è più importante
di quanto crediamo; esaminiamo se non sia una manifestazione diretta del campo unificato. A primo
acchito questo può sembrare poco credibile, anche perché le conseguenze filosofiche sarebbero
enormi, la coscienza riacquisterebbe un ruolo di prim’ordine nell’universo, e molti scienziati sono
apertamente contrari ad idee del genere. Ma è facile dimostrare che il loro rifiuto derivi da un
giudizio superficiale e forse anche da pregiudizi materialistici e meccanicistici ancora radicati,
nonostante i progressi della fisica verso stadi più avanzati.
La fine del meccanicismo
La scienza non ragiona più in termini di un mondo – macchina come in passato.
La relatività di Einstein ha evidenziato che a livelli profondi di analisi la materia si riduce ad
una forma di energia. La fisica quantistica sviluppata da Bohr, Heisenberg, Schrodinger ed altri
fisici ha poi dimostrato che tale energia manifesta proprietà ondulatorie, che le catene di
causa/effetto che determinano l’evoluzione temporale dell’universo non sono rigide ma offrono un
piccolo margine per una “1ibera scelta” della natura (indeterminazione), e che l’atto di
osservazione modifica leggermente ma inevitabilmente il sistema osservato: osservatore ed osservato
costituiscono un sistema unico ed indivisibile.
Oggi la realtà viene descritta dalla fisica come un tessuto di informazioni che emergono dal “vuoto
quantistico”, che è un vuoto “dinamico”, “creativo”, contenente in forma potenziale tutte le entità
fisiche: queste sono prodotte da perturbazioni o vibrazioni nel vuoto, simili ad onde in un oceano,
che a livello grossolano appaiono come particelle materiali o come forze. Ma al livello fondamentale
della realtà esistono solo “campi” che agiscono sul vuoto. Con la teoria della superstring si sta
riuscendo a dimostrare che i diversi campi (gravitazionale, elettromagnetico, nucleari) sono diversi
aspetti di un medesimo “campo unificato”, di cui il vuoto quantistico è la sede (e si può dire che i
due concetti coincidono).
Le convinzioni dei grandi fisici quantistici
Heisenberg affermò esplicitamente che materialismo e meccanicismo non sono più accettabili e che la
fisica moderna ci ha riportato verso l’idealismo, secondo cui la realtà si fonda sul pensiero,
sull’informazione. Egli addirittura capovolse La visione tradizionale, nata nei secoli passati, ma
purtroppo ancora dominante nella nostra cultura; e definì “ingenua” la visione materialistica (1).
Schrodinger si spinse ancora oltre in direzione dell’idealismo. Egli notò che la scienza, basandosi
sull’oggettivazione, tende a dimenticare la figura del soggetto cosciente, che resta (forse
inconsapevolmente) al di fuori del quadro oggettivo della natura costruito intellettualmente dallo
scienziato. Ma di fatto il soggetto è 1’anima che pervade tale quadro, anche se paradossalmente la
scienza non lo scorge (cosi come in una fotografia non si vede la macchina fotografica che l’ha
scattata). La coscienza, secondo Schrodinger, è 1’essenza dell’universo, in quanto il soggetto ed il
mondo da questo percepito sono la stessa cosa (cosi come in ultima analisi la pellicola e l’immagine
che contiene sono la stessa cosa). Affermando che la consapevolezza è la condizione necessaria a
priori affinché il mondo possa esistere, egli giunse ad accettare dichiaratamente la concezione
filosofica indiana [2]. E’ con queste semplici riflessioni preliminari rispetto alla fisica, egli
precorse di decenni e andò persino oltre quello che oggi in cosmologia viene chiamato “principio
antropico”: dedotto da inizi fisici non banali, questo sostiene che l’universo potrebbe essere nato
allo scopo specifico di sviluppare essere coscienti, come l’uomo.
Bohr notò un’evidente affinità tra i fenomeni psichici e i fenomeni fisici a livello quantistico e
capi che la mente doveva trovare spiegazione fisica a livello della nuova fisica quantistica e non
della vecchia fisica meccanicistica [3] (sebbene la psicologia continui a seguire quest’ultima).
Effettivarnente oggi l’attività mentale va interpretata come prodotto di processi fisico – chimici
che avvengono a livello quantistico, ovvero ad un livello prossimo al campo unificato.
Il campo unificato è cosciente?
La fisica quantistica evidenzia che il soggetto cosciente contribuisce (sia pure in misura limitata)
a determinare le priorità della realtà: per esempio un elettrone si manifesta come particella se
vogliamo rivelarla come particella, o come onda se vogliamo rivelarla come onda, il che pone dei
limiti al concetto di “oggettività” dell’universo e mette in discussione il concetto stesso di
“realtà”.
Considerando tutto quanto detto, è senza dubbio ragionevole e legittimo chiedersi se la coscienza
non sia una proprietà diretta del campo unificato, ovvero se questo non contenga sintomi di
coscienza. In tale prospettiva, si può supporre che la coscienza divenga praticamente irrilevante
negli oggetti macroscopici inerti, ma emerga decisamente negli organismi viventi e particolarmente
nell’uomo: il cervello non servirebbe più á Produrre la coscienza, ma solo ad “amplificarla” e
valorizzarla. Si tratterebbe di una spiegazione olistica, in grado di spiegare da un unico principio
ogni cosa nell’universo osservato (e… osservante!).
Purtroppo i pregiudizi contrari sono fortissimi, anche perché si tratta di una visione finalistica,
in cui la natura è intelligente e tende a fini specifici, mentre la mentalità con cui è nata la
scienza moderna esclude il finalismo a favore del meccanicismo e vede il mondo con caratteristiche
impersonali. Ma Schrodinger ha già spiegato che questo è dovuto solo al nostro atteggiamento
(oggettivazione) e non le reali caratteristiche della natura. Ed infatti tale quadro arido non
spiega in maniera convincente come nel mondo possa nascere la vita dalla materia inerte, ovvero
l’ordine dal disordine, l’intelligenza dal caos. Nella nuova concezione si ha invece un piccolo
margine per una volontà cosciente della natura, nonostante il dominio quasi assoluto della
causalità.
Ovviamente le obiezioni a tale idea possono essere molteplici e per rispondere a tutte occorrerebbe
un’analisi dettagliata e compiuta con molta cautela, sorretta da considerazioni sulla storia della
scienza e della filosofia ed integrata da concetti di biologia e psicologia, come ho tentato di fare
nel 1ibro ‘Ipotesi sulla realtà” (4)
Ricerche simili vengono tentate da vari scienziati “non allineati” alle interpretazioni tradizionali
(le quali obiettivamente non riescono a chiarire in modo coerente il mistero della mente e della
vita?).
Una teoria fisica fondata sulla coscienza
Personalmente ritengo scientificamente molto valida la teoria di Maharishi Mahesh Yogi [5], Maestro
di filosofia indiana laureato in fisica. Egli propone una concezione basata sul campo unificato
interpretato esplicitamente come campo di pura coscienza, il che capovolge la tradizionale visione
materialistica e considera la materia una condensazione grossolana della coscienza. Questo è
comprensibile se interpretiamo una parola come “bit” (quanto minimo indivisibile) di informazione e
quindi di coscienza. Si tratta di una teoria completa e coerente, e può costituire il ponte già
auspicato da Jung (6) tra scienza oggettiva e psicologia; purché questa si adegui ad acquisire
concetti di fisica moderna e, dal lato pratico, tecniche che si rifanno alla tradizione orientale
(quelle proposte da Maharishi si sono dimostrate molto efficaci, come dimostrato da centinaia di
ricerche scientifiche (7). A questa concezione particolare, che apre prospettive ottimistiche per
l’umanità, aderiscono fisici illustri, come Josephson, premio Nobel, e Hagelin, uno dei pochi
“eletti” che studiano 1a superstring.
Note bibliografiche
1. Heisenberg, Fisica, e filosofia, Il Saggiatore
2. Schrodinger, L’immagine del mondo, Boringhieri
3. Bohr, I quanti e la vita, Boringhieri
4. Coppola, Ipotesi sulla realtà, Lalli
5. Pubblicazioni della Maharishi International University, Fairfield, Iowa, USA
6. Jung, Aion, Boringhieri
7 Uno dei primi articoli fu Fisiologia della meditazione di Benson e Wallace, Le Scienze n. 45
continua…
Lascia un commento