SULLA ‘PLASTICITÀ NEURONALE’ E LA MEDITAZIONE

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SULLA ‘PLASTICITÀ NEURONALE’ E LA MEDITAZIONE

Di Andrea Boni con la collaborazione di Barbara Ferrando

Recenti studi scientifici hanno ormai ampiamente dimostrato che una delle caratteristiche principali
del sistema nervoso è la sua plasticità, ovvero la stupefacente capacità di adattarsi all’ambiente
e, come conseguenza, attraverso l’esperienza e la pratica costante, migliorarne le risposte. Sapendo
che i cambiamenti che avvengono nella rete neuronale a seguito degli stimoli ambientali possono
persistere molto a lungo, in linea di principio anche per tutta la vita dell’individuo, ne consegue
che la plasticità neuronale rappresenta la base delle funzioni cerebrali superiori come
l’apprendimento e la memoria e, indirettamente, la causa prima della manifestazione delle emozioni e
del carattere di una persona in generale, inteso come la sua capacità di reagire agli eventi.
L’organizzazione e il raggruppamento delle reti neuronali sono originariamente determinati da
fattori genetici, cioè da proteine di “riconoscimento” chemotattiche e da proteine di adesione
cellulare i cui geni sono trascritti e tradotti in modo specifico a seconda della popolazione
neuronale. Uno dei primi passi nello sviluppo del sistema nervoso centrale è l’inizio della crescita
dell’assone nei neuroni neonati: gli assoni nascenti “navigano” verso i loro bersagli specifici
creando con essi connessioni sinaptiche le quali vanno a costituire quell’intricata rete che si
ritrova nel sistema nervoso centrale maturo. Per fare questo gli assoni che si proiettano verso il
bersaglio devono continuamente controllare il loro ambiente spaziale e selezionare accuratamente i
percorsi corretti tra tutti quelli possibili (che sono numerosissimi).

Ad oggi sono noti diversi “sistemi di navigazione molecolare” che governano e orientano questa
funzione di ricerca da parte degli assoni. Comprendere come funzionino questi sistemi di guida
molecolare e come concorrano ad avviare e deviare la migrazione degli assoni è uno dei principali
obiettivi della neurobiologia. È stato dimostrato che le reti neuronali sono capaci di adattamento e
apprendimento, benché uno studio profondo e completo dell’attività dei loro circuiti sia stato
finora impedito dalla complessità della loro dinamica. Tuttavia già con millenni di anticipo, la
Scienza dello Yoga aveva fornito una conoscenza molto precisa delle dinamiche che contribuiscono
alla strutturazione delle reti neuronali, e quindi delle dinamiche mentali automatiche e
condizionanti che ne derivano e soprattutto ha fornito i mezzi per la loro destrutturazione. In
sostanza, la plasticità delle reti neuronali può essere definita come il continuo modellamento di
morfologia e funzione indotta prevalentemente dall’esperienza e quindi dall’ambiente. Tale
modellamento può essere rafforzato e “orientato” attraverso la pratica costante (abhyasa) di un
determinato esercizio. Ad esempio, per destrutturare schemi mentali automatici, condizionanti e
distruttivi, è possibile applicare la tecnica della visualizzazione meditativa giornaliera, da
attuarsi prevalentemente nelle ore del mattino (dalle 4 alle 8):

Il Signore Shri Krishna disse:
O Arjuna dalle braccia potenti, è indubbiamente molto difficile dominare la mente irrequieta;
tuttavia, o figlio di Kunti, è possibile con la pratica adatta e col distacco emotivo.
(Bhagavad Gita VI.35)

In quelle ore (quel periodo è anche detto brahmamurta) il cervello è particolarmente predisposto
all’apprendimento, e quindi all’addestramento su nuovi schemi di pensiero, che consentano di
codificare nuovi circuiti neuronali, sani e non condizionanti. Anche se i “periodi critici” (fasi
dello sviluppo in cui la plasticità neurale raggiunge l’apice di potenzialità espressiva) si
riscontrano prevalentemente nell’infanzia, ad oggi è scientificamente risaputo che la plasticità
neurale è una facoltà primaria che caratterizza l’intera vita cerebrale, anche in una fase avanzata
d’invecchiamento. Possediamo tutte le potenzialità per ri-mappare le aree del cervello che ci
condizionano e che sono generatrici di sofferenza e dipendenza (anche e soprattutto affettiva). In
questo senso la pratica della meditazione appare come una vera e propria tecnica per orientare la
plasticità neuronale e quando l’oggetto della meditazione è un mantra composto da nomi Divini, il
risultato che ne consegue, qualora la pratica sia adeguata e costante, porta a serenità interiore,
appagamento, ispirazione e desiderio di condividere.

Per maggiori approfondimenti sui benefici della meditazione si veda:
psicologiaespiritualita.blogspot.com/2009/04/la-scienza-della-meditazione.html

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