di Shriman Matsyavatara Prabhu
Nella vita, ai fini della nostra evoluzione, abbiamo il dovere di analizzare quel che accade, di
comprenderlo e farcene un’opinione. Analizzando i fatti possiamo anche comprendere eventuali errori
compiuti da noi o dagli altri, traendone una lezione, senza che ciò determini una sfiducia in noi
stessi o che faccia venir meno la nostra gratitudine nei confronti degli altri. In noi stessi, così
come negli altri, non vi è solo luce o sola ombra, e la nostra intelligenza va utilizzata nel
discernere questi due aspetti per capire in che modo possiamo correggerci e migliorarci.
L’analisi, l’indagine, la valutazione dei fatti è un dovere per tutti, se vogliamo evolvere. Ma
l’analisi e la valutazione non debbono implicare il giudizio stigmatizzante o la condanna altrui.
Nel Vangelo secondo Matteo (cap. 7) si legge: Non giudicate, per non essere giudicati; perché col
giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Da parte nostra c’è la necessità di capire, ma il giudizio spetta in ultima analisi soltanto a Dio.
Infatti nell’antichità anche la giustizia terrena si amministrava in nome di Dio, perché è soltanto
Lui che, colmo di compassione e benevolenza, conosce veramente i cuori e può emettere un giudizio
finalizzato ad educare e a riportare le persone sulla retta via.
Quando vediamo individui in conflitto tra loro, non dovremmo chiederci chi ha ragione, ma prima di
tutto dovremmo impegnarci a capire che cosa è successo e qual è la cosa giusta da fare. Dobbiamo
essere interessati a fare la cosa giusta, non a denunciare chi non la fa o ad acclamare chi la fa.
L’anima ci sospinge verso l’alto, verso ideali nobili, verso la purezza. È la purezza la vera forza,
non l’astuzia né la furbizia. Si possono leggere anche tutti gli Shastra e impararli a memoria, ma
se la motivazione non è il desiderio di sempre maggiore purezza e concordia, non si salirà nessun
gradino evolutivo.
Impegniamoci sempre a verificare qual è il nostro livello di comprensione e di capacità di
applicazione degli insegnamenti. Con i vaishnava, ad esempio, dovremmo comportarci con grande
rispetto, stando vicino a loro come si sta vicino al fuoco; bisogna essere attenti a non commettere
offese, altrimenti ci scottiamo. Le Scritture cinformano che stare con il maestro spirituale è un
privilegio che tocca dopo numerose vite, così come poter servire le Divinità o studiare gli Shastra.
Per recepire i loro insegnamenti occorre raccoglimento, offrire dei mantra, esprimere gratitudine
attraverso preghiere scelte, se vogliamo entrare in contatto non solo con il libro ma con quel
flusso di ispirazione divina che ci giunge quando il nostro cuore è pronto per accogliere l’infinita
misericordia.
Se non c’è un’attitudine umile e devota, se non ci accostiamo a queste Realtà con la consapevolezza
dell’immenso privilegio che abbiamo, rischiamo di perdere il gusto per gli Shastra, per il
Sat-sanga, per il Prasada e per altri incommensurabili doni divini. Abbiamo una grande fortuna ma la
dilapidiamo. Impegniamoci a prendere consapevolezza della grandezza di quel che ci è stato offerto e
della rarità di stare con persone che hanno dedicato la loro vita al raggiungimento dell’Amore per
Creatore, creato e creature. Pratichiamo con fede e sincerità la purezza, la semplicità, l’Amore per
Krishna e tutti gli esseri. Il vaishnava opera nel mondo per offrire a tutti l’opportunità di fare
questo percorso; il bhakta non è colui che si rinchiude in una caverna o in un albero cavo come un
misantropo, ma è attivo tra gli uomini nel sentimento della compassione per ispirare tutti ad
armonizzarsi con l’universo e a fare l’esperienza della Vita prima della morte. Questa esperienza
non la si può fare se non ci si risveglia spiritualmente, se si mantiene l’illusione di diventare
felici nella materia con la materia.
Grazie a Dio abbiamo ricevuto da Shrila Prabhupada e dagli acarya precedenti non solo insegnamenti
teorici ma anche il loro esempio e modello di vita; abbiamo potuto vedere come si sono comportati di
fronte agli applausi e agli insulti, nella salute e nella malattia, in momenti di abbondanza e
ristrettezza. Dobbiamo essere grati al Signore perché in questa vita abbiamo tutti gli strumenti che
ci servono per compiere il nostro viaggio spirituale e giungere a destinazione.
Ci saranno ancora prove da superare, curve pericolose e insidie lungo il percorso? La risposta è
sì, e non potrebbe essere altrimenti fintanto che viviamo in un mondo così mutevole. In questo
viaggio dalla nascita alla morte abbiamo l’opportunità di apprendere tante lezioni per trasformare
la nostra esistenza in senso evolutivo e raggiungere le vette della coscienza e della realizzazione
nel sentimento puro dell’Amore. Gli acarya ci descrivono il traguardo parlandoci di una vita libera,
dimmensa felicità, senza la costrizione del tempo e dello spazio e soprattutto senza la presenza
della morte. Le loro parole e realizzazioni richiamano un’aspirazione che è nel cuore di ciascuno di
noi: l’aspirazione alla piena consapevolezza, alla libertà, alla giustizia, all’immortalità e alla
beatitudine. Nella misura in cui con fede ci dedichiamo alle pratiche spirituali, in proporzione a
quanto ci abbandoniamo a Dio e intensamente desideriamo evolvere, potremo liberarci dalla rete di
maya grazie all’intervento divino e realizzare l’Amore.
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