di Shriman Matsyavatara Prabhu
Bhaktivedanta ashrama, 16 marzo 2010
L’impermanenza, l’instabilità della prakriti è la caratteristica principale di questo mondo. Il
mondo è costituito di prakriti e chi fonda la propria vita su di essa considerandola duratura, sia
questa nella forma di intelletto, mente, sensi, etere, aria o fuoco, sia essa nella forma di acqua o
terra, si illude, vaneggia e non potrà mai realizzare una piena soddisfazione interiore. Poiché
tutti gli elementi materiali sono instabili e corruttibili, la prakriti è destinata inesorabilmente
a deludere. C’è un solo elemento stabile nell’universo: la coscienza divina, spirituale, immortale.
La consapevolezza di ciò rende la persona saggia e la sottrae al dolore dell’illusione e della
conseguente delusione. Che il saggio costruisca sulla Realtà e l’unica Realtà veramente tale è lo
Spirito. Quel che si costruisce sulle fondamenta dello Spirito è ben saldo, poiché la Realtà non è
mai causa di delusioni. Ogni elemento prakritico, a prescindere dalla sua specifica natura e
composizione, ha invece un comune denominatore: l’instabilità. E quando una persona, che sia uomo o
donna, giovane o vecchio, si attacca ad uno di questi aggregati, è costretta a soffrire.
Più volte abbiamo evidenziato che l’origine di tutti i mali è il falso ego, ahamkara, quando il
soggetto si identifica con ciò che non è. Da questa falsa identificazione nascono tutti i
condizionamenti, klesha. Non esistono problemi spirituali. Lo Spirito non conosce problemi. I
problemi sono di ordine fisico o psicologico. L’identificazione con l’ego falso, con ciò che non si
è, porta a sviluppare amori che non sono veramente tali: ad esempio amore per il potere, per i
piaceri sensoriali, per lo stato, per la nazione, per i familiari considerati come strumenti di
possesso e godimento. E’ questo che intende Cristo quando dice nel Vangelo secondo Matteo ( X.37):
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me. Attaccarsi ad una persona o ai genitori
nella loro personalità prakritica crea ostacoli alla propria evoluzione, mentre se ci si attacca
all’essenza spirituale dell’altro si può diventare autentici ricercatori dello Spirito.
Nel quindicesimo capitolo della Bhagavad-gita Krishna dice: chi conosce lo Spirito e la Natura è il
vero saggio. Il problema sorge quando si conosce la Natura ma non lo Spirito, ovvero l’essenza che
la vivifica. Possiamo imparare a conoscere lo Spirito attraverso la preghiera, la meditazione, la
sadhana, l’azione che mira all’elevazione di tutti, attraverso la verità, la rinuncia e lo studio
dei testi sacri, ma niente di tutto ciò è di per sé sufficiente. Una persona può conoscere le
Scritture o adorare le Divinità e al tempo stesso può cadere. Nessuna pratica spirituale di per sé
garantisce la nostra realizzazione: è indispensabile l’abbandono a Dio in spirito di servizio, con
umiltà e devozione. È l’abbandono con devozione a Shri Shri Guru e Krishna che permette di agire con
purezza, di comprendere gli Shastra, di fare rinunce costruttive, di curare gli altri e di aiutarli
ad evolvere. Chi è abbandonato a Dio e Lo serve con devozione, può indossare indifferentemente abiti
eleganti o cenciosi, può indifferentemente rinunciare al denaro oppure utilizzarlo per una causa
spirituale, può impegnarsi in un comparto della società piuttosto che in un altro, può essere un
sannyasi o un grhastha, può fare servizi umili o servizi complessi che richiedono grande
intelligenza, ma niente di tutto ciò modifica la sostanza della sua autentica devozione. La sadhana
è essenziale per giungere a questo livello di pura Bhakti, incondizionata e irrevocabile. E’ per
questo motivo che sono importanti lo studio delle Scritture, la preghiera e la meditazione,
l’osservanza delle Ekadashi, la pratica della pulizia e della purezza, rifuggire sempre il male e
praticare il bene, rifugiarsi presso persone sante, ascoltare e praticare i loro insegnamenti,
essere gioiosi e grati quando ci correggono. Tutto ciò richiede umiltà. Se la persona sviluppa
orgoglio è incapace di ascoltare, di correggersi, ed è per lei l’inizio della deviazione, l’inizio
della fine.
Ci sono diversi sentieri che conducono alla realizzazione. Alcuni di essi prevedono voti molto
rigorosi. Ad esempio nell’ordine francescano il voto di castità significa nessun rapporto sessuale,
totale astinenza. Il secondo voto in quest’ordine è quello della povertà e il terzo è l’obbedienza
totale. Senza regole non ci sono frati, dice un antico proverbio. Un frate che non vuole regole non
è un frate. L’accettazione dei voti serve per rinunciare ad un piacere effimero in vista di
sperimentare la Felicità duratura, eterna, immortale, cosmica. La rinuncia al piacere sessuale,
anche fosse drastica, è un piccolo prezzo da pagare per poter accedere al piacere vero dell’anima,
profondamente e completamente appagante. Rinunciare alla ricchezza effimera di questo mondo, quella
che dura solo una manciata di tempo perché in fondo si nasce nudi e si muore lasciando qui ogni cosa
che si credeva di possedere, per poter guadagnarsi la ricchezza eterna è ben poco prezzo da pagare.
L’obbedienza e l’umiltà servono per diventare nessuno nel mondo delle illusioni, che è la condizione
essenziale per poter diventare qualcuno nel mondo della Realtà.
Shri Caitanya Mahaprabhu e Shrila Rupa Gosvami hanno indicato regole di disciplina spirituale che
non prevedono una rinuncia radicale al mondo e che dunque risultano facilmente accessibili per le
persone desiderose di evolvere. Nella tradizione vaishnava astensione dal sesso significa astensione
dal sesso non finalizzato alla procreazione, a meno che uno non scelga di fare voto di naistiki
brahmacari. Attorno a Shri Caitanya vi erano sannyasi ma anche grhastha come Advaita Acarya e
Ramananda Raya, che era uno dei suoi compagni spirituali più intimi con il quale Shri Caitanya
parlava di argomenti molto confidenziali, delle vette dell’amore spirituale: le relazioni delle gopi
con Krishna. Secondo la tradizione della Krishna-Bhakti, in qualsiasi varna e ashrama si può
conseguire la perfezione. Non è l’aspetto esteriore dell’asceta o l’aspetto esteriore del grhastha
che garantisce la realizzazione spirituale, ma la purezza del cuore e del comportamento, la costante
consapevolezza di essere parte integrante del Signore ed operare in comunione con Lui. Se c’è tale
consapevolezza, come spiega la Bhagavad-gita nello shloka II.50, che arrivino fischi o applausi,
malattia o salute, vecchiaia o gioventù, la persona è comunque e sempre connessa a Dio. Krishna
nella Bhagavad-gita non fa mai riferimento a caratteristiche esteriori quando parla dello yogi più
elevato, né parla di voti rigidi come condizione essenziale per giungere a quel livello. Nel
dodicesimo capitolo (shloka 8-12)Krishna offre varie possibilità e strumenti di evoluzione, adatti
ai vari livelli di coscienza, fino a spiegare chi sono le persone a Lui infinitamente care, quelle
che hanno abbandonato il piacere effimero, che è solo un’illusione prodotta dalla coscienza
condizionata, per acquisire la vera ricchezza dello Spirito. Krishna non mette l’enfasi sulla
ricchezza o sulla povertà materiali, ma sull’uso che se ne fa. Mettere al servizio di Krishna le
proprie risorse per permettere che altri si avvicinino a Lui è la vera rinuncia, che coincide con
la più grande ricchezza. Dunque quel che fa la differenza non è quanti soldi abbiamo in tasca, bensì
l’uso che ne facciamo. Cosa stiamo facendo con le nostre energie, con il nostro tempo, con il nostro
intelletto? Questa è la domanda da porci. In fondo la prakriti, se messa al servizio del Signore con
il puro desiderio di servirLo e soddisfarLo, è uno strumento che ci aiuta ad evolvere. In molte
preghiere della nostra e di altre Tradizioni viene descritta la bellezza del creato, per cui si
ringrazia il Signore per averci donato il sole, la luna, le stelle, come nel Rig Veda s’inneggia
alle aurore. La prakriti viene celebrata non come materia ma come dono divino. Il sacerdote è per
definizione colui che unisce in nozze mistiche Cielo e Terra, che dona le cose della Terra al Cielo
e che dona le ricchezze del Cielo alla Terra. In ciò consiste il sacrificio. Il sacerdote deve pur
toccare le cose di Terra e raccogliere i buoni propositi degli uomini per offrirli al Cielo, e deve
pur venire in contatto con il Cielo per invocarne le ricchezze e farle scendere sulla Terra.
L’ispirazione, il coraggio, la lealtà, la purezza sono tutte virtù o quid spirituali da donare alle
creature sulla Terra.
Nella Shri Isha Upanishad Krishna dice: che l’uomo prenda solo quel che la Natura gli ha assegnato,
nella consapevolezza che tutto appartiene a Dio. Nella Tradizione i brahmani si mantengono
impegnando al servizio degli altri la loro capacità di insegnamento, gli kshatriya utilizzando la
forza per ristabilire l’ordine, i vaishya commerciando e producendo ricchezze a beneficio di tutti e
gli shudra mettendo a disposizione la loro attitudine a servire. Che i brahmani vivano
dell’insegnamento, che siano puri, colti, compassionevoli, misericordiosi, come Shri Krishna spiega
in Bhagavad-gita XVIII.42 quando descrive le nove qualità di un brahmano: pacificità, dominio dei
sensi, ascesi, purezza interiore ed esteriore, tolleranza, onestà, conoscenza, realizzazione, fede
nella Realtà. Chi è carente di queste qualità dovrebbe impegnarsi per svilupparle. Saggio è colui
che lavora su se stesso, modellando il proprio carattere e stabilendosi fermamente nella Realtà. Chi
dipende dalla prakriti è in perenne turbamento, agitazione, confusione ed è sempre intimamente
insoddisfatto.
Non dipendere dalla prakriti non significa negarla. Le donne non possono escludere l’altro genere
dell’umanità, ovvero gli uomini, come se non esistessero. Operare questa negazione in nome della
rinuncia sarebbe puerile e costituirebbe soltanto una phalgu vairagya, una rinuncia ipocrita, fuori
dalla realtà. L’altro genere esiste, così come esistono le ricchezze: la differenza in termini
evolutivi o involutivi è dettata dalla nostra attitudine e dalle motivazioni con cui ci avviciniamo
agli altri e alle cose. All’opposto di phalgu vairagya c’è yukta vairagya, la rinuncia più elevata,
che consiste nell’utilizzare tutto al servizio del Signore. È questa alta qualità che
contraddistingue la vita di grandi personalità come Parikshit Maharaja, che nonostante fosse
imperatore del mondo era un puro devoto del Signore, o Re Janaka che era un grhastha e viveva in una
reggia, ma era talmente santo, rinunciato e devoto a Dio che era Guru per asceti rinunciati. Anche
Krishna nel lila nasce nella casa di un re e di una regina, Vasudeva e Devaki. Dunque la ricchezza
non è da demonizzare, così come non lo è la materia in qualsiasi sua forma. Quando l’asceta sviluppa
forte compassione e amore per Dio esce fuori dalla foresta, dalla caverna o dalla clausura per
aiutare tante persone a connettersi al Signore. Qualsiasi cosa tocchiamo o facciamo, sarà la nostra
motivazione a produrre il nostro sviluppo spirituale o l’opacizzazione della nostra coscienza.
Nella tradizione di Shri Caitanya Mahaprabhu, se si commettono errori ci si può correggere invocando
il santo Nome, stando in compagnia dei puri vaishnava per servirli, con l’adorazione della Divinità
e con le altre pratiche della sadhana-bhakti: queste, se compiute secondo i criteri indicati nelle
Scritture, restituiscono il gusto per lo Spirito. Con la pratica il canto del Nome divino diventa
così dolce e appagante che soddisfa ogni aspirazione dell’anima, poiché nel Nome si realizza la
Divinità. Se invece pratichiamo con superficialità, senza seguire le ingiunzioni delle Scritture,
non solo non sviluppiamo il gusto spirituale ma alla fine veniamo calamitati da ciò che l’ego
desidera. Dunque dobbiamo essere accurati e attenti nella pratica spirituale, il che è un’altra
accezione dell’essere onesti. Il sincero desiderio di purificare il proprio cuore e di dedicarsi al
servizio devozionale è reso tangibile dal nostro livello di coerenza. L’incoerenza è la prova della
non sincerità o inconsistenza del desiderio. Se avete un desiderio spirituale inconsistente, pregate
di accrescere il vostro desiderio e ciò gradualmente avverrà, in proporzione all’impegno con cui
praticate.
Una volta alla fine di una lezione un ragazzo fece la seguente domanda a Shrila Prabhupada: Tu dici
che se una persona non è umile non può comprendere il messaggio spirituale. Ma come si fa se non si
è umili?
Prabhupada rispose: Si deve diventare umili.
E ancora il ragazzo: Ma come si fa a diventare umili?
Prabhupada rispose: Per diventare umili bisogna cominciare a comportarsi come se lo si fosse già.
In questo modo gradualmente lo si diventa. È questo il segreto della vaidhi sadhana bhakti:
comportandosi secondo le ingiunzioni di Guru e Shastra, praticando con sincerità, il gusto
dell’anima emerge e diventa sempre più spontaneo fino allo sviluppo della raganuga bhakti. La
vaidhi-bhakti, quella supportata dalla sadhana, pian piano si trasforma in bhakti spontanea, perché
la natura dell’anima è innamorarsi di Dio e agire in comunione con Lui. La sadhana non fa altro che
liberare l’essere dalle costrizioni mentali. Una volta destrutturate le false identificazioni, la
persona diventa libera di ascendere al cielo anche quando vive in un corpo.
Siate praticanti sinceri. Quando avete un problema, mettetelo sul tavolo parlandone con
spiritualisti avanzati. Non sempre per tutti è possibile farlo con il Maestro spirituale, perché
magari il proprio Guru si trova a 5000 km di distanza o perché è in uno stato di salute precario o
perché ha già lasciato il corpo, allora in questi casi si deve ricorrere a qualcuno che riteniamo
veramente capace di poterci ascoltare e guidare. Ma non consigliatevi mai con la vostra mente,
perché la mente non è un buon consigliere, anzi è la responsabile dei condizionamenti e della
conseguente sofferenza. Dobbiamo diventare consapevoli della nostra essenza spirituale, capaci di
ascoltare la voce dell’anima, e ciò è possibile con la preghiera, implorando il santo Nome, con la
pratica della sadhana e con il servizio ai vaishnava. Queste pratiche spirituali rendono il
progresso rapido, gioioso e la consapevolezza della nostra natura di atman diventa una realtà,
quella che Shrila Prabhupada chiama: la coscienza di Krishna. La compagnia di devoti con cui
praticare vita spirituale è la più grande ricchezza di questa vita, perché assieme possiamo compiere
importanti opere per amore di Dio e a beneficio del nostro prossimo, cercando di salvaguardare il
creato dallo sfruttamento cui è purtroppo soggetto. Dobbiamo impegnarci per proteggere gli animali
dalla violenza, dagli allevamenti, dai mattatoi, e proteggere le persone dalle loro cattive
abitudini, comportandoci con gentilezza e compassione, per aiutare a comprendere e a realizzare che
non c’è felicità nell’ego: la felicità piena e vera la si può sperimentare unicamente nel rapporto
d’amore con Dio e con tutti gli esseri.
Nella nostra vita siamo impegnati su differenti fronti, ma sia che cuciniamo, che ci laviamo, che
rispettiamo, che amministriamo, che adoriamo o insegniamo, dobbiamo essere sempre coscienti di Dio,
della nostra natura spirituale immortale, esprimendo il sentimento dell’amore per Dio, le creature
tutte e il creato. La prova di autenticità di questo amore è che siamo capaci di tollerare le
avversità, gli insulti, le sconfitte e tutto ciò che di spiacevole ci accade, nella consapevolezza
che tutto quel che avviene nel mondo è solo temporaneo. Dobbiamo essere capaci di tollerare non solo
gli insuccessi ma anche i successi, cosa ancora più difficile perché il successo inebria e
inorgoglisce se non viene ben elaborato. Ogni cosa che ci arriva dovremmo utilizzarla con il dovuto
distacco, che si esprime nell’umiltà, nella serenità, in azioni e parole sempre benefiche per tutti.
La vera sapienza produce rinuncia e umiltà. L’interesse per il bene degli altri deve rimanere anche
quando gli altri ci offendono. Troppo facile amare chi ci ama: anche gli animali ne sono capaci, ma
noi dobbiamo diventare persone mature, capaci di amare anche chi ci odia. Se ci liberiamo dall’amore
egoistico possiamo sperare di sviluppare l’amore divino, universale, immortale.
Con il cuore esprimo la mia riconoscenza agli Acarya precedenti per l’immenso tesoro di insegnamenti
e soprattutto per il modello di vita che ci hanno donato. Infatti, più ancora dei loro insegnamenti
è il loro esempio che vive in noi e ci permette di evolvere, senza imitare, senza camminare al loro
fianco ma umilmente seguendo le loro orme.
Se investite nella purezza, nella lealtà, nella pratica spirituale seria, onesta, continua, sarà un
investimento che mai vi deluderà.
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