Sulle armonie musicali, Pitagora (un po’) si sbagliava

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Sulle armonie musicali, Pitagora (un po’) si sbagliava

Pitagora ha dimostrato che l’armonia della musica si fonda sui numeri. Ma anche al di fuori della
consonanza pitagorica possono nascere piacevoli armonie.

8 marzo 2024 – Massimo Manzo

Divenuto l’incubo di tutti gli studenti per il suo celebre teorema geometrico, il greco Pitagora è
considerato ancora oggi una delle menti più brillanti e poliedriche di tutti i tempi. Fondatore nel
VI secolo a.C. di una tra le prime scuole filosofiche dell’antichità, nel corso della sua vita si
interessò alle materie più disparate, dalla matematica all’astronomia, fornendo le basi per la
fondazione del pensiero occidentale. Dopo oltre 2.500 anni, oggi c’è però chi ha smentito (almeno in
parte) l’insegnamento pitagorico che più di ogni altro ha influenzato le teorie musicali europee.

FORMULA MATEMATICA. Stando al filosofo, la formula perfetta per produrre un’armonia musicale, ovvero
un suono piacevole e non stonato composto da più note, deve rispettare la cosiddetta “consonanza”,
ossia una semplice relazione matematica tra le frequenze che lo compongono. Secondo tale meccanismo,
esistono precisi rapporti in grado di produrre intervalli considerati consonanti: nell’ottava, per
esempio, una delle due note presenti nell’accordo ha esattamente la metà o il doppio della frequenza
dell’altra (rapporto 1:2), mentre nella quinta il rapporto tra le note è di 3:2. Gran parte della
musica che conosciamo è stata costruita su questo semplice principio pitagorico, ma in realtà sembra
che tali proporzioni non siano sempre valide, specie in culture che si avvalgono di strumenti
musicali poco noti alla tradizione occidentale.

FUORI DAGLI SCHEMI. Nel loro studio, pubblicato su Nature Communications, un gruppo di ricercatori
delle università di Cambridge, Princeton e dal Max Planck Institute for Empirical Aesthetics di
Francoforte, ha scoperto che esisterebbero armonie diverse e altrettanto piacevoli anche al di fuori
della consonanza pitagorica e che durante l’ascolto di una melodia, spesso il nostro orecchio si
discosta dai rapporti matematici “classici”. Per dimostrarlo, gli studiosi si sono avvalsi di una
serie di prove comportamentali, coinvolgendo 4.000 persone provenienti dagli Stati Uniti e dalla
Corea del Sud. In una di queste, ai partecipanti è stato chiesto di ascoltare alcuni accordi
valutandone la gradevolezza, mentre in un altro le persone sono state invitate a utilizzare un
cursore per regolare note particolari in modo da modificarle e renderle più piacevoli alle loro
orecchie.

ARMONIOSE IMPERFEZIONI. Analizzando i comportamenti degli ascoltatori, gli esperti hanno rilevato
una preferenza significativa per le lievi imperfezioni, o “inarmonicità”, che anzi sembravano
rendere la musica ancora più godibile. Ulteriori esperimenti hanno inoltre esplorato la percezione
dell’armonia con strumenti musicali diversi da quelli occidentali, come per esempio il bonang
(diffuso in Indonesia e formato da un insieme di piccoli gong) o vari tipi di percussione,
accorgendosi che erano in grado di creare modelli completamente nuovi di consonanza e dissonanza nei
quali le tradizionali relazioni matematiche non erano più valide.

Più che sconfessare totalmente Pitagora, lo studio in questione potrebbe ampliare ulteriormente la
nostra comprensione della musica, dando la possibilità a compositori e musicisti di sperimentare
nuove combinazioni di strumenti e di suoni attingendo a un mix di culture diverse.

www.nature.com/articles/s41467-024-45812-z

da focus.it

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