Suono e luce

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Suono e luce

Il pensiero religioso di ogni tradizione insegna che suono e luce sono le modalità primordiali di
tutte le cose. L’armonia della manifestazione cosmica origina, come il cerchio dal suo centro,
dall’assoluta perfezione del Verbo divino.

Per millenni si è creduto che le forme originarie delle cose fossero generate dai suoni e che la
prima energia sonora fosse appunto «il grido-presago del Creatore». Quando pronuncia «Sia la luce»
(Genesi, 1:3) la luce è istantaneamente creata. La luce esiste nello spirito del Creatore in maniera
indistinta e potenziale e quando la sostanza ritmica del Verbo è pronunciata il suono traduce l’idea
creatrice in creato, la parola luce in luce.

Alla parola divina verbalizzata seguono le vibrazioni sonore che irradiandosi si infiammano per la
loro potenza. La luce a sua volta in un processo di distinzione si diffonde in raggi i quali come
colori si spargono nello spazio. I colori, a loro volta, allontanandosi dalla fonte originaria,
acquistano diversa consistenza, per compromissione, fino a condensarsi negli elementi: aria, acqua,
fuoco e terra che si appoggiano sull’elemento spazio. Gli elementi, infine, per cause concomitanti
si combinano in diverse proporzioni e generano i misti noti: dai minerali all’uomo.

«Il Verbo si fece carne» (Giovanni, 1:14), dal suono alla forma, la parola divina percorre lo spazio
quale navicella per la tessitura del cosmo e lo porta a compimento.

Dalla luce e dai colori degli elementi, manifestazioni della pura energia sonora, nasce dunque il
mondo materiale, il quale non è altro che la condensazione della luce primordiale fissata ad un
diverso grado di purezza. Le gradazioni di luce vanno «dal fulgore del diamante fino all’oscura
pietra (…) Ogni oggetto a qualsiasi grado di rarefazione, dall’incantato cristallo fino ad un
mutevole stato psichico, esprimono «un diverso grado di (assenza) di luce».

Dalla «luce su luce» (Corano, XXIV:35), quintessenza di ogni colore, si diffondono, in un processo
discendente descritto nelle diverse tradizioni: o i sette colori (i tre fondamentali blu, giallo e
rosso e i tre complementari arancione, violetto e verde ai quali si aggiunge l’indaco) o i cinque
colori (blu, verde, bianco, rosso e giallo).

Ogni colore rappresenta nel settenario diffuso in Occidente una gerarchia angelica ed arcangelica e
nel quinario dell’Oriente buddhista una famiglia spirituale, e quindi una virtù-saggezza, una
passione, un elemento, una direzione dello spazio ecc.

Il percorso discendente dell’anima umana, dal suo stato primordiale fino all’incarnazione, passa
attraverso il mondo intermedio dei colori e degli elementi i quali tessono una forma e danno le
qualità psichiche inerenti o karmiche.

Nel buddhismo, nel Bardo della rinascita, i cinque colori puri diventano sempre più consistenti man
mano che sorgono le visioni e vengono riconosciute come reali, fino al punto che i colori, perdendo
la loro originaria purezza e cristallizzandosi, costituiscono via via i sensi e gli oggetti dei
sensi.

Il mondo intermedio dei colori fornisce dunque all’anima le facoltà psichiche le quali, seppure
leggerissime, sono pur sempre consistenti, e quando, per ulteriore caduta, la terra riveste l’anima
di un corpo fisico, si giunge ad una fissazione temporale della sua natura luminosa e lo stato
dell’essere, che è l’anima umana, si manifesta nella physis.

Il mondo fisico deriva anch’esso dal mondo intermedio dei colori e reca traccia dell’originaria,
primordiale, vibrazione sonora proprio negli elementi di cui è composto. Ogni sostanza è dunque
tessuta di colori.

Attraverso l’indagine delle leggi che governano gli elementi, in un processo retrogrado di
conoscenza, cioè di risalita verso gli archetipi, si possono decifrare le sostanze terrestri per
arrivare ad intuire le cause intermedie e invisibili che regolano il mondo visibile.

Secondo la filosofia tradizionale la caduta non avrebbe dovuto esserci, cioè i colori non avrebbero
dovuto concretizzarsi negli elementi del mondo materiale e tutto doveva rimanere, dopo l’emanazione
dal Principio, sul piano del mondo della luce diffusa nell’iride.

La caduta pone il problema del ritorno al mondo originario che per l’uomo è il mondo intermedio dei
colori, immediatamente precedente alla nostra manifestazione. Per questa ragione appena i colori
ricompaiono tutti assieme sulla Terra e si rendono simultaneamente percepibili nell’arcobaleno, si
interpreta questa ‘meteora’ (‘che sta in alto nell’aria’), come un segno di richiamo per il ritorno
verso la dimensione pura dei mondi superiori. L’arcobaleno diviene allora il segno dell’Alleanza fra
Cielo e Terra, fra la condizione originaria e indistinta e quella decaduta e incantata, collegate
appunto dal ‘ponte celeste’ che si stende, come via di luce, fra i diversi stati dell’esistenza.

Gli iraniani chiamavano questa via nel sacro Zend-Avesta il Ponte Cinvat, via dell’anima che
nell’estasi (‘esco (fuori) di me’), giunge fino alle «luci supreme» (Yasna, 19:6). L’arcobaleno come
ponte è l’intermediario fra la pura luce indistinta, natura primordiale dell’uomo e di tutte le
forme materiali, e il mondo degli elementi.

L’apparizione dell’arcobaleno, sia sul piano metafisico che su quello fisico dell’arte sacra
buddhista e cristiana, può essere vista come la manifestazione della pura e chiara luce nel nostro
mondo, in quanto simbolo del processo di ritorno al Principio sancito dall’Alleanza di pace fra Dio
e l’uomo e «ogni essere che vive in ogni carne» (Genesi, 9:15), poiché in seguito al ‘Patto’ la
protezione e il sostegno divino non verranno mai meno e una via di ascesa rimarrà sempre aperta.

Sul piano fisico percepiamo i colori dell’arcobaleno attraverso i sensi; sul piano metafisico quei
colori sono dunque la somma delle famiglie spirituali che si manifestano congiunte nel nostro mondo,
come richiamo alla completezza dello stato primordiale.

Ogni famiglia spirituale con il colore del suo fondamento è l’espressione di una virtù. Tutte le
famiglie spirituali, sette o cinque come si diceva secondo le diverse tradizioni, esprimono le sette
virtù: fede-rosso; prudenza-indaco; forza-arancione; temperanza-giallo; giustizia-blu; carità-verde
e speranza-violetto; o le cinque consapevolezze corrispondenti nel buddhismo ai cinque colori e agli
elementi: onnipresente-bianco-acqua; discriminante-rosso-fuoco; come lo specchio-blu-spazio;
dell’eguaglianza-giallo-terra e che tutto compie-verde-aria.

Virtù e saggezze fondamentali che l’uomo può volontariamente acquisire per reintegrarsi nella sua
vera natura essenziale o, secondo i creazionisti, per divenire «corona della creazione».

L’arcobaleno è, secondo l’esempio dato da queste prospettive di lettura, il simbolo della totalità
dell’essere virtuoso, impregnato delle virtù conformi alle leggi cosmiche, ed è anche la via che
totalizza le sette o cinque vie minori legate ad ogni singolo colore.

L’arcobaleno dal punto di vista dell’uomo è la via di luce dell’ascesa spirituale. Come teofania
luminosa è la manifestazione del divino che si rende percepibile a tutti gli esseri, perché esprime
tutti i cromatismi di cui gli esseri non sono che un ‘precipitato’.

L’origine degli elementi, collegata al simbolo dell’arcobaleno, va cercata dunque nell’illuminazione
spirituale. I cinque elementi (spazio, aria, acqua, fuoco e terra) nella loro condizione pura e
impura non sono altro che l’ornamento dello stato dell’illuminazione. Riconosciamo invece l’aspetto
impuro degli elementi quando, percepiti dalla mente prigioniera del dualismo, li ritroviamo potenti
e devastanti nelle apparenze materiali che si dissolvono ad ogni morte turbinando in altre modalità.

tratto da:
www.terzano.info/cataloghi_01.htm

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