Superare gli ostacoli verso la meditazione supercosciente

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Superare gli ostacoli verso la meditazione supercosciente

di Ellen Grace O’Brian

(“Il primo passo verso la concentrazione consiste nell’abituare la
mente discorsiva a calmarsi per cercare in modo determinato un singolo
soggetto. Questo si deve fare impedendole di essere distratta da tutti
i richiami esterni che richiamano la sua attenzione.” – Sri Aurobindo)

Si pratica la meditazione per chiarire la consapevolezza al punto
dell’intuizione pura e dell’esperienza diretta della propria vera
natura. Si usano le tecniche di meditazione per focalizzare
l’attenzione, con lo scopo di fermare l’attività delle modificazioni
mentali simili ad onde, dei pensieri e delle emozioni nelle loro varie
forme. Per il principiante della meditazione esistono parecchi
ostacoli verso la meditazione di successo che possono impedire il suo
progresso e, pertanto, devono essere superati. I primi tre ostacoli
sono la pigrizia, o mancanza di vera motivazione, l’agitazione o
attenzione dispersa e la distrazione che nasce dalla mancanza di
focalizzazione. Si può superare la pigrizia che permette la
depressione o varie forme di inerzia attraverso la volontà divinamente
guidata. Dobbiamo usare il nostro discernimento per considerare che
cosa realmente vogliamo nella vita e, quindi, dedicarci a
raggiungerlo. Quando la volontà diventa forte coltivando un desiderio
elevante, si fa strada bruciando gli avanzi dell’inerzia attraverso la
motivazione positiva. A quel punto, un passo nella direzione di un
obiettivo di valore conduce naturalmente ad uno successivo.

Pensa allo scopo della tua vita e a quanto tempo pensi ancora di
trascorrere qui, in quest’incarnazione. Sii consapevole del passare
del tempo e di quanto sia importante vivere nel modo migliore come una
persona autorealizzata. E’ con questo concetto in mente che monaci e
monache buddisti contemplano le parole del maestro Guishan in un
trattato intitolato “Parole di incoraggiamento”: “I nostri corpi non
dureranno per sempre. La nostra esistenza è impermanente come la
rugiada del mattino, l’albero sul ciglio del fiume, la pianta
rampicante sul pozzo.

Alcuni esseri che vivono al mattino, devono morire la sera. Giorni e
mesi passano in fretta; tarda età e morte sono inevitabili. Come puoi
sederti qui intorno e lasciare che la tua vita trascorra senza senso?”
Una simile acuta consapevolezza del tempo e della mortalità può avere
un’influenza chiarificante, benché scioccante, quando la si contempla
alla luce dello scopo della nostra vita. Per l’aspirante devoto,
piagato dalla pigrizia, questo secco richiamo può essere una forte
sveglia che lo incoraggia a non sprecare nell’inconcludenza la sua
preziosa vita.

Si supera l’agitazione coltivando l’immobilità. Essere dedicato a
sedersi in meditazione ogni giorno alla stessa ora per un periodo di
tempo stabilito, inizia a spegnere il fuoco dell’attività agitata.
Quando la mente è sopraffatta dall’agitazione, è comune pensare di non
avere tempo per sedersi e meditare. Dalla prospettiva della mente
agitata, questo sembra vero. Possiamo essere consapevoli di questo
pensiero come di un segno sicuro del fatto che siamo diventati troppo
mondani o, comunque, troppo coinvolti nelle attività esteriori.

Cambiare questo atteggiamento nelle nostre vite è come far cambiare
direzione ad una grossa nave attraverso le onde dell’oceano. Girare
una grossa nave è un’operazione che inizia dal timone, dove una
piccola correzione fa una grande differenza. E’ la stessa cosa con
l’agitazione. La tendenza della mente agitata consiste nel fare grandi
piani tesi a cambiare ogni cosa, come riorganizzare la sala di
meditazione, iniziare un gruppo di meditazione, leggere un nuovo
libro… qualsiasi cosa tranne fermarsi; quando fermarsi sarebbe
l’unico semplice rimedio necessario. Pensa al timone che gira la
grande nave e sappi che un piccolo passo, apparentemente solo una
piccola correzione ai tuoi piani, inizierà il processo necessario di
quietare la tua mente.
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Quando il nostro piano mentale inizia a chiarirsi dall’agitazione,
possiamo sperimentare che la nostra focalizzazione è ancora un pò
distratta. Notiamo, cioè, che quando iniziamo a concentrarci, siamo in
grado di portare l’attenzione verso un punto singolo per un pò,
dopodiché è facile distrarci. Quando abbiamo superato la pigrizia
prendendo l’impegno di meditare e abbiamo frenato questa tendenza
agitata della mente grazie alla pratica regolare, possiamo ancora
incontrare questo ostacolo della distrazione. Quando l’energia della
distrazione predomina nel piano mentale, la nostra esperienza
meditativa non è soddisfacente, poiché l’attenzione vagabonda
continuamente e, in questo modo, non ci liberiamo della coscienza
frammentata. I devoti che rimangono a questo livello della pratica
senza identificare questo ostacolo e sapere come superarlo, spesso
diventano troppo scoraggiati dalla loro mancanza di progresso.

Curare l’abitudine della distrazione è critico per il nostro successo
sul sentiero spirituale e anche negli altri sforzi che compiamo. La
tendenza mentale verso la distrazione è così formidabile da essere
citata anche nella Bhagavad Gita, dove Arjuna dice a Krishna: “Questo
yoga (samadhi, meditazione) che dichiari essere la natura
dell’uguaglianza (focalizzazione su un singolo punto), o Krishna, non
vedo fondamento stabile per esso, per colpa dell’agitazione. Poiché la
mente è molto instabile, o Krishna. E’ impetuosa, forte e ostinata.
Controllarla è difficile come controllare il vento (capitolo 6 – versi
33 e 34)”. La risposta di Krishna, personaggio che rappresenta la
conoscenza innata del nostro vero Sé, è di concordanza.

Egli dice: Si, la mente è veramente difficile da controllare per via
dell’agitazione, eppure è possibile farlo. La formula per la vittoria
finale su agitazione e attenzione distratta è data: è possibile
attraverso la pratica costante (della meditazione supercosciente) e il
non attaccamento. Persino il modo in cui è dato questo insegnamento
contiene una chiave per calmare la mente. Krishna concorda con Arjuna,
invece di discutere. Evita la via del dibattimento infinito, poiché
ciò che viene eluso dalla mente agitata produce solo una quantità
maggiore della stessa cosa. La risposta brillante, invece, è “si” ed è
comunque possibile. Le due pratiche date come antidoto all’attenzione
instabile – pratica costante della meditazione supercosciente e non
attaccamento – sono la medicina da applicare nel momento della
meditazione stessa e anche nella performance della vita di tutti i
giorni.

La meditazione supercosciente migliora il flusso interiore
dell’attenzione e purifica il piano mentale. Praticare il non
attaccamento frena il flusso esteriore dell’attenzione e incoraggia
così il flusso calmo dell’attenzione a rimanere nella consapevolezza
della sua vera natura. Invece di cercare all’esterno per avere
soddisfazione e supporto, la pratica del non attaccamento ci fa
discernere la vera origine del nostro bene nella relazione che abbiamo
con l’infinito. Se non freniamo la mente vagante durante tutto il
giorno e non impariamo a focalizzare l’attenzione, siamo in netto
svantaggio quando ci sediamo per meditare, perché anche in quel
momento abbiamo la tendenza mentale di vagabondare, sotto forma di
abitudine. Possiamo, invece, sviluppare l’abitudine della
concentrazione nel mezzo delle attività. Non solo l’abitudine utile di
sapere come rimanere focalizzati migliorerà il nostro successo negli
affari mondani, ma migliorerà anche la nostra pratica meditativa.

Forse l’aiuto più efficace per superare le varie forme di distrazione
consiste nel ricordare che al cuore del nostro essere siamo già
completi e, così, già pienamente consapevoli. Quando si manifesta la
meditazione supercosciente, è semplicemente una rivelazione di questo
stato naturale. Possiamo avere grande beneficio dal “sapere di sapere”
e usare quella prospettiva come via per galvanizzare energia e
attenzione. Per superare gli ostacoli e sperimentare il successo nella
meditazione supercosciente, possiamo leggere le istruzioni contenute
negli yoga sutra di Patanjali (1-14), i quali enfatizzano la pratica
persistente, devota e ininterrotta. Per realizzare l’immobilità,
portala fuori da te stesso. Questo stato immobile trova il suo
referente interiore nel Sé immobile e immutabile. Sapendo questo, ci
sediamo e apriamo la nostra consapevolezza a ciò che siamo.

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