< Superare il tuo dolore > – di Louise L. Hay
Tratto da:
LOUISE L. HAY
< IL POTERE E' IN TE >
ARMENIA EDITORE
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CAPITOLO SETTE
Superare il dolore
Siamo ben piu’ di un insieme di corpo e personalita’
Lo spirito interiore resta sempre magnifico,
indipendentemente dalle variazioni dell’aspetto interiore.
*Il dolore della morte*
Essere positivi e’ stupendo; lo e’ altrettanto riconoscere che
siamo in grado di provare sentimenti: la natura ce li ha dati affinche’
potessimo fare certe esperienze. Negarli significa solo
indurre maggiore sofferenza. E sempre bene ricordare che la
morte non e’ un fallimento: tutti moriamo, e’ previsto nel processo
vitale.
Quando muore una persona cara, la sofferenza per la sua
scomparsa permane a lungo. E’ in effetti difficile superare
tale esperienza e, in particolare, certi momenti dell’anno quali le
vacanze, San Valentino, il compleanno, l’anniversario, Natale
e cosi’ via In circostanze simili e’ anche naturale provare rabbia e
avere crisi isteriche: non possiamo certo fingere che sia piacevole
e, d’altro canto, dobbiamo sfogare i nostri sentimenti gridando
di fronte allo specchio che non e’ giusto o qualsiasi altra cosa.
E’ importante liberarci di tutte le sensazioni provate, altrimenti si
trasformeranno in entita’ negative per il nostro corpo:
dobbiamo, in sostanza, prenderci cura di noi, anche se non si
tratta di un compito facile.
Coloro che assistono i malati di aids sanno certamente come
la sofferenza cresca gradatamente nel tempo. E’ come in
guerra: ci sono troppi attacchi alla psiche, al sistema nervoso
da fronteggiare. Quando non ne posso piu’, cerco l’aiuto di alcuni
amici e mi sfogo disperatamente con loro. Affrontare la
morte di mia madre non mi ha causato un dolore insopportabile:
l’ho infatti accettata come il completamento naturale di
un ciclo vitale durato novantun’anni.
Soffrivo, certamente, ma non provavo rabbia, ne’ una sensazione
di ingiustizia; le guerre e le epidemie, invece, oltre al dolore
provocano un’immensa frustrazione derivante da un profondo
senso di ingiustizia.
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La sofferenza passa dopo molto tempo; talora, tuttavia, ci
sentiamo in un vicolo cieco: se avvertiamo di soffrire a distanza
di numerosi anni, significa che ci stiamo crogiolando in
questo sentimento. In tal caso dobbiamo perdonare, liberando
noi stessi e l’altra persona, e ricordando che non perdiamo mai
nessuno perche’, fin dall’inizio, non possediamo nessuno.
Se cio’ risulta difficile, ci sono alcune tecniche che possono
essere d’aiuto. Personalmente, consiglio di meditare insieme
alla persona scomparsa: indipendentemente da quello che essa
ha fatto o detto nella vita, dopo il decesso e’ stata privata di
quei veli che impediscono ai vivi di osservare obiettivamente
la vita. Non ha piu’ le paure, ne’ le convinzioni che possedeva
da viva; se soffriamo molto, essa ci dira’ probabilmente di non
farlo perche’ sta bene. Nel corso della meditazione e’ bene chiedere
il suo aiuto per uscire dalla condizione di dolore in cui ci
troviamo, ripetendo che l’amiamo.
Non dobbiamo mai giudicarci per non aver detto o fatto le
cose giuste per la persona scomparsa, quando era viva: in questo
modo, infatti, alla sofferenza aggiungiamo il senso di colpa.
Alcuni strumentalizzano tale periodo della loro esistenza
come alibi per non progredire e reagiscono talora desiderando
la morte o, viceversa, sviluppando un terrore profondo all’idea
della stessa.
E’ bene impiegare questo periodo per cercare di liberare la
negativita’ che sta in noi: dopo la scomparsa di una persona
amata siamo sopraffatti dal dolore. Si tratta di una reazione
naturale ed e’ dunque opportuno accettarla: sfoghiamo tutta la
sofferenza, magari piangendo per due o tre giorni; in seguito
staremo meglio. Se necessario, possiamo rivolgerci a uno psicoterapeuta
oppure aiutarci ripetendo affermazioni quali:
“Ti amo e ti lascio libero. Tu sei libero ed io pure.”
Durante uno dei miei seminari una paziente aveva considerevoli
difficolta’ a sfogare la propria rabbia nei confronti di
una zia molto malata: era terrorizzata all’idea che quest’ultima
morisse prima di essere riuscita a spiegarle i suoi sentimenti passati.
Non voleva, tuttavia, parlarle perche’ si sentiva
totalmente bloccata. Le suggerii di consultare uno psicoterapeuta:
quando siamo imprigionati nei nostri problemi, richiedere aiuto
agli altri e’ un atto di amore nei nostri confronti, oltre che un
valido mezzo per risolverli.
Esistono psicoterapeuti specializzati nel trattare vari tipi di
problemi e di pazienti: ognuno puo’ scegliere quello piu’ adatto
alle proprie esigenze. Non si tratta, inoltre, di fare numerose
sedute: a volte ne bastano alcune per superare un periodo difficile.
In taluni casi anche la terapia di gruppo puo’ essere d’ausilio.
*Capire il dolore*
La maggior parte di noi vive portandosi dentro, giorno dopo
giorno, il proprio dolore, piccolo o grande che sia. Ma che
cos’e’ il dolore? Innegabilmente una sensazione di cui tutti vorrebbero
liberarsi. Il dolore puo’ tuttavia insegnarci qualcosa;
ma, da dove viene? Che cosa ci puo’ insegnare?
Il dizionario lo definisce “una sensazione spiacevole o tormentosa
dovuta a disturbi o lesioni fisiche”, nonche’ “sofferenza mentale o
psichica”; dato che puo’ essere determinato da fattori fisici o mentali,
interessa sia la mente che il corpo.
Mi ricordo di un episodio capace di illustrare chiaramente
tale concetto: due bambine stavano giocando in un parco; una
alzo’ il braccio per colpire l’altra; ma, prima ancora di compiere
il gesto, la compagna di giochi grido’ “Ahi!”.
“Perche’ hai detto ahi?”
le chiese stupita l’amica
“non ti ho nemmeno toccata!”
“Sapevo che avrebbe fatto male” rispose prontamente l’altra.
In questo caso, dunque, il dolore mentale ha previsto quello
fisico.
Il dolore puo’ manifestarsi sotto forma di graffio, bernoccolo,
malattia, difficolta’ ad addormentarsi, minaccia, peso allo
stomaco, sensazione di intorpidimento a braccia o gambe
e altro ancora.
Talora e’ molto forte, talora lieve: in ogni caso
lo avvertiamo e, quasi sempre, cerca di indicarci qualcosa. Spesso
il messaggio e’ chiaro: se, durante l’intera settimana lavorativa,
ma non durante il fine settimana, abbiamo mal di stomaco
significa che dovremmo cambiare lavoro.
Indipendentemente dal tipo di messaggio, dobbiamo sempre ricordare
che il corpo umano e’ una macchina costruita alla perfezione e che
ci segnala la presenza di eventuali problemi, solo se siamo disposti
ad ascoltarlo, cosa che pochi fanno in realta’.
Il dolore rappresenta l’ultimo tentativo disperato che il corpo
fa per metterci in allarme; al di la’ di quello che facciamo, esso
aspira infatti a uno stato di salute ottimale. Se, tuttavia,
abusiamo del nostro organismo, contribuiamo a determinare l’insorgenza
di malattie.
Quando avvertiamo dolore per la prima volta, che cosa facciamo?
Corriamo in bagno, all’armadietto dei medicinali, o in farmacia e
prendiamo qualche pillola dicendogli, in sostanza:
“e stai buono! Non voglio starti a sentire!”
Il corpo stara’ in effetti buono per
un po’, per poi riprendere a sussurrare i suoi messaggi, forse a voce
lievemente piu’ alta. In questo caso decidiamo di andare dal medico
chiedendogli di farci un’iniezione o di prescriverci qualche medicinale;
solo se temiamo di avere una malattia grave, prestiamo realmente attenzione
al disturbo. Anche in tale fase pero’, mentre alcuni si accorgono che e’
ora di cambiare, altri preferiscono continuare a non ascoltare e
a fare le vittime; ognuno, del resto, impara a modo suo.
La soluzione del problema puo’ essere semplicemente dormire
profondamente per una notte, decidere di non uscire sette sere su
sette o non strafare sul lavoro: e’ bene ascoltare il nostro corpo,
dal momento che desidera veramente recuperare la salute, impresa
questa in cui lo possiamo aiutare efficacemente.
Quando avverto una sensazione di dolore, o di disagio, per la prima
volta, cerco di calmarmi e mi affido all’Energia Superiore, capace
di indicarmi che cosa devo cambiare nella vita per liberarmi dalla
malattia. In questo stato di tranquillita’ mi immagino un ambiente
ideale, pieno dei miei fiori preferiti; dei quali percepisco il profumo
e la dolcezza, cercando di rilassare la muscolatura.
Quando ritengo di aver raggiunto una condizione di rilassamento totale,
faccio appello alla Saggezza Interiore chiedendo: “In che misura
contribuisco ad aggravare il problema? Che cosa ho bisogno di sapere?
Che cosa devo cambiare nella mia vita?” e lascio che le risposte vengano
da sole. Cio’ puo’ richiedere pochi istanti o un tempo piu’ lungo; in ogni
caso la risposta arriva indicandomi i cambiamenti e i passi giusti da
fare, al di la’ di tutti gli ostacoli.
Talvolta ci interroghiamo su come fare a realizzarli: “Come
faro’ a vivere? Che cosa sara’ dei bambini? Come paghero’ i conti?”:
ancora una volta ci viene in aiuto la nostra Energia Superiore,
suggerendoci la strada per vivere una vita spiritualmente ricca e
priva di dolore.
Consiglio sempre di fare un passo alla volta. Lao-Tse ha
detto: “Un viaggio di mille miglia inizia con un passo”: passo
dopo passo, possiamo progredire considerevolmente. Una volta
presa la decisione di effettuare determinati cambiamenti, ricordiamo
pero’ che il dolore non scompare necessariamente subito: se si e’ fatto
strada nel tempo, avra’ bisogno di tempo per accorgersi che non e’
piu’ richiesto e, quindi, scomparire. Per liberarci da ogni tipo di
sofferenza, fisica o psichica, dobbiamo affidarci all’io Superiore.
* Il perdono e’ la chiave per la liberta’*
Chiedo frequentemente ai miei pazienti: “Preferite essere
giusti o essere felici?” Basandoci sulle percezioni personali,
facciamo sempre distinzioni fra chi ha agito correttamente e
chi scorrettamente e cerchiamo in ogni modo di giustificare le
nostre sensazioni. Desideriamo punire gli altri per quello che
ci hanno fatto; tuttavia, siamo sempre e solo noi a perpetuare
il circolo vizioso: non ha senso punirci adesso perche’ qualcuno
ci ha fatto del male nel passato!
Per liberarci da quest’ultimo, dobbiamo essere disposti a
perdonare, anche se non sappiamo come. Perdonare significa
liberarci dai sentimenti negativi; se non lo facciamo,
distruggiamo noi stessi.
Indipendentemente dalla via scelta, ci accorgeremo che il
perdono ha estremo valore in ogni occasione e, soprattutto, se
siamo malati: in questo caso e’ bene guardarci attorno e scoprire
chi dobbiamo perdonare. In genere, la persona che meno riteniamo
meriti il nostro perdono, e’ quella che dovra’ riceverlo per prima.
Se non agiamo in tal modo, non danneggiamo certo l’altro, bensi’
noi stessi – ed anche gravemente: il problema e’ nostro, non suo.
Il rancore e la sofferenza che avvertiamo, associati al perdono
riguardano noi, non gli altri; in quest’ottica e’ bene ripeterci
di essere totalmente disponibili a perdonare tutti:
“Sono disposto
a liberarmi dal passato, a perdonare tutti quelli che mi hanno
fatto del male e dunque me stesso, per quello che ho fatto agli
altri.”
Dobbiamo perdonare qualsiasi persona che ci abbia ferito
nella vita; benedirla, liberandoci di tale schema negativo.
Non sarei arrivata dove sono se non avessi perdonato tutti
quelli che mi hanno fatto del male; oggi non desidero piu’ punirmi
per quello che gli altri mi hanno fatto nel passato. Non dico che
cio’ sia facile; a cose fatte, tuttavia, posso guardare indietro e
affermare con certezza di essermi liberata di questa negativita’.
Quando gli altri ci spogliano di qualcosa a cui teniamo,
ricordiamo sempre che nessuno puo’ sottrarci cio’ che ci appartiene
di diritto: anche se qualcosa ci viene portata via, ci verra’
restituita al momento giusto e, se questo non si verifica,
significa che in realta’ non ci spettava. In tal caso dovremmo
accettare il fatto e proseguire la nostra vita.
Per essere liberi, dobbiamo liberarci di ogni rancore ipocrita
e di ogni autocommiserazione: crogiolandoci in essi, non faremo mai
alcun progresso; se vogliamo possedere l’energia dobbiamo assumerci
le nostre responsabilita’ e affrontare i problemi.
Per un istante proviamo a chiudere gli occhi e a immaginare un
ruscello che scorre gorgogliante davanti a noi: prendiamo quindi
le vecchie esperienze dolorose, le ferite, i rancori e
immergiamoli nell’acqua, osservandoli mentre vengono trascinati
dalla corrente. Ripetiamo questo esercizio il piu’ frequentemente
possibile.
C’e’ un tempo per la pieta’ e per la guarigione. Entriamo in
noi ponendoci a contatto con quella parte che sa come guarirci:
non e’ difficile, basta essere disposti a cercare ogni metodo
possibile per recuperare la salute. Solo in questo modo ricostruiremo
la nostra interezza accettando ogni nostra parte ed ogni nostra
esperienza.
Apprezzo molto “Il Libro di Emanuele” e, in particolare, il brano
seguente:
La domanda posta a Emanuele e’: “Come possiamo fare esperienze
dolorose senza uscirne amareggiati ?” Ed Emanuele risponde:
“Considerandole come una lezione di vita, non come una
punizione. Abbiate fede nella vita, amici. Per quanto lontano la
vita sembra portarvi, questo viaggio e’ necessario. Dovete
attraversare il vasto campo dell’esperienza per poter scoprire
dove risiede la verita’ e dove la falsita’. Sarete capaci di
ritornare alla vostra dimora, al vostro io, rinvigoriti e piu’
saggi.”
Se solo riuscissimo a capire che tutti i nostri cosiddetti
“problemi” non sono altro che opportunita’ per crescere e cambiare
e che gran parte di essi sorgono dalle vibrazioni che
emaniamo! Cio’ che dobbiamo fare e’ cambiare il modo di pensare,
essere disposti a liberarci del risentimento e a perdonare.
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