< Swami Veetamohananda e gli Aforismi di Patanjali >
Il seguente saggio di Swami Veetamohananda sugli Aforismi di Patanjali
costituisce
uno tra i piu’ illuminati testi e commenti su di essi.
Siamo certi di fare un dono prezioso a tutti voi, della lista, a proporvelo!
Dio vi benedica!
Guido
N.B. Vi esorto a considerare come lo Swami, con linguaggio semplice e
armonioso, riesca a
scorrevolezza ed armonia – l’Essenza della Ricerca Spirituale, che e’
sintetizzata – completamente – nell’opera di Patanjali.
tratto da lista Sadhana > it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana
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Swami Veetamohananda
* GLI AFORISMI DI PATANJALI SULLO YOGA *
_INTRODUZIONE_
La pratica e’ il cuore dello yoga. In senso generale ed in primo luogo, lo
yoghi e’ uno sperimentatore, un filosofo, un teologo ed anche uno psicologo.
La sua stretta esperienza puo’ venire identificata a quella dello scienziato
nel suo laboratorio. Egli analizza per conquistare la Realta’. Non puo’
rimanere soddisfatto di teorie, di speculazioni o di situazioni di seconda
mano. Egli stima che il sovrano criterio di realizzazione del Reale non
possa essere che la sua diretta esperienza personale. Un’esperienza aperta
ad ognuno. E quanto viene richiesto sara’ una rigorosa devozione alla
pratica applicazione dello yoga.
Colui che si sforza di penetrare a fondo nello yoga analizza necessariamente
le basi interiori ed esteriori sulle quale si svolge il proprio sviluppo. Le
recenti ricerche sulla storia dello yoga, la sua sintonia con le scienze,
con l’antropologia, ecc.., mostrano che esso e’ comprensibile e che ci
unisce con certezza alla Realta’.. Risulta chiaro di conseguenza che lo yoga
non ha nulla da spartire con l’idea di magici poteri primitivi.
L’essenza dello yoga e’ sicuramente l’innata aspirazione dell’uomo ad
attraversare l’oceano del mondo fenomenico. Egli si trova costantemente in
conflitto con se stesso. Ed e’ a causa di questa lotta interiore tra la
propria ragione e tra le sue passioni che egli si pone in conflitto con il
mondo, con gli altri, ecc..
Il problema fonamentale degli esseri umano puo’ meglio venire compreso
leggendo la storia del piccolo principe, mentre si trovava sulla cinta
fortificata del suo palazzo, dopo aver percorso una giornata di penoso
cammino attraverso il cuore del deserto.
Guardando il sole che scompariva egli venne costretto a riflettere: ” Ci
sono due deserti” – pensava. ” Il primo rappresenta uno splendore per lo
sguardo; l’altro, diviene abominevole quando lo si vuole attraversare.” E
nel proprio cuore, con intensita’, carezzava l’idea di un giorno in cui
avrebbe potuto catturare la promessa d’un meraviglioso orizzonte!
” La promessa di un orizzonte” – ecco il problema di ogni essere umano. Noi
viviamo quotidianamente con la “Realta’”, ma siamo incapaci di spingere lo
sguardo al di la’ di un certo confine, come il cavallo che ha i suoi
paraocchi.
Lo yoga rappresenta una reazione spontanea ai nostri bisogni spirituali
inconsci. Riesce a stimolare nel subconscio le sue necessita’ interiori ed a
condurre alla realizzazione ed al compimento. Vien detto che riesce a creare
un bisogno spirituale dinamico che diviene una spinta motivazionale ad ogni
attivita’ umana in vista del contatto con la Realta’ ultima.
Ricordiamoci di Sant’Agostino quando diceva: ” Ci hai creato per te ed il
nostro cuore restera’ senza pace sino a quando non si riposera’ in Te.”
Secondo Vyasa – il grande interprete e commentatore dello yoga – il termine
yoga si identifica con “samadhi”.
Benche’ in senso stretto possa venire definito come una filosofia, una
psicologia, una religione esso resta al di sopra di tutto questo.
Rappresenta un’azione attraverso la quale il rapporto empirico del soggetto
con l’oggetto viene trasceso, e nella quale la coscienza pura – ossia, il
potere che adombra la mente (chit-shakti), l’essenza trascendente – si
esprime in se’ medesima.
Il sistema yoga di Patanjali rappresenta l’aspetto pratico della filosofia
Samkhya. E’ pure la filosofia della psicologia e della sperimentazione.
Esige, come ogni scienza, un pratico metodo di analisi ed una sintesi
dell’universo fisico e metafisico. In un modo o nell’altro, lo yoga e’
presente in tutti i sistemi filosofici dell’India.
Ogni forma di conoscenza deriva da tre procedimenti:
1. Un’accurata sperimentazione
2. Un’osservazione precisa e critica
3. La nascita di una teria conseguente ai processi di induzione e di
deduzione.
I primi due processi sono analitici; il terzo appartiene alla categoria
della sintesi. E’ cosi’ che lo yoga pone l’accento sull’analisi e sulla
sintesi dello sperimentare.
Include ogni filosofia, con tutte le sue facoltà ed i suoi metodi. E’ adatto
alla persone normali, quelle per le quali risulta chiaro che: ” Il Se’ non
puo’ venire raggiunto dai deboli” e ” Lo yoga esige moderazione in ogni
cosa”; e così di seguito…
Il sistema dell’Hata Yoga fa dell’equilibrio fisico e psico-mentale una base
obbligatoria.
L’unione della coscienza individuale con Purusha, la Coscienza Pura, puo’
realizzarsi a seguito di due sistemi:
Il sistema che si identifica allo Samkhia dualista viene chiamato Yoga dello
Samkhya. Secondo la concezione dualista di questa filosofia esistono
venticinque elementi metafisici. Arrivare a conoscere questi elementi porta
alla liberazione; ossia, alla soppressione dell’identita’ con la coscienza
individuale, con la materia e con il mondo materiale.
Il Samkhya non dualista e’ identico al Vedanta. Il sistema che ne deriva
viene chiamato lo Yoga-Vedanta.
L’analisi psicologica inizia attraverso delle esperienze dualistiche e
culmina nella conoscenza non dualistica. Lo yoga e’ comune sia al Samkhya
che al Vedanta.
Patanjali rappresenta la piu’ eminente personalita’ e la maggiore autorità
sullo yoga.
Conosciamo tre sue grandi opere.
Un brillante commentario sul trattato di grammatica sanscrita di Panini
Chakra – uno studio sulla medicina
I Sutra Yoga, o Aforismi sullo Yoga.
Tutte le tre opere posseggono una relazione tra di esse.
Lo studio della grammatica aiuta a purificare la parola, quella della
medicina insegna a purificare il corpo, e gli Aforismi sullo yoga l’anima. E
noi sappiamo che un corpo sano, un mentale sano, una parola sana creano una
personalita’ individuale ben formata e perfettamente integrata.
La ricerca psicologica ha dimostrato che un parlare difettoso non e’
casuale. Nasce da radici profonde che attengono allo sviluppo mentale
dell’individuo. Farfugliare o balbettare, ad esempio, sono vizi che emergono
in seguito ad un vivo coinvolgimento emotivo.
Il mondo della medicina ammette che la maggior parte delle malattie sono di
natura psicosomatica. Nel sistema della medicina ayurvedica il corpo, la
mente e l’anima vengono considerati una sola unità. Ne consegue che,
seguendo rigorosamente la tradizione, Patanjali ha coordinato
sistematicamente ogni disciplina yoga.
Patanjali ha raccolto quasi duecento Aforismi sullo yoga.
Essi sono suddivisi in quattro parti.
Il primo capitolo tratta della natura e della finalità del samadhi.
Il secondo, del mezzo di raggiungere il samadhi attraverso il Kriya Yoga
Il terzo, descrive i poteri sovrannaturali che si possono acquistare
attraverso la pratica dello yoga e del samadhi.
Infine, nella quarta parte studiamo l’analisi psicologica e la natura della
liberazione spirituale.
Il problema dell’uomo non risiede in una sua presunta incapacita’ di
raggiungere lo scopo. L’anima umana possiede una disposizione innata a
riunirsi all’Anima Suprema.
In effetti, la sua complessa situazione e’ provocata dalla mente. Si puo’
difatti leggere nel Purana Vishnu:
” Il mentale, in verità, e’ la causa prima dell’asservimento e della
liberazione dell’uomo. Essere attaccati alle cose conduce – si dice – alla
schiavitu’; esserne distolti alla libertà.”
E’ attraverso la mente illuminata dal trascendente che si realizza la
trasformazione della natura umana. Questo concetto forma il tema centrale
dello yoga.
Parliamo quindi di questo tema centrale. E, per iniziare, cerchiamo di
conoscere un po’ la natura della mente.
La mente e’ un corpo sottile celato dall’organismo grossolano; proprio come
se il corpo fisico fosse la crosta esterna di quello mentale. E poiche’ la
mente ed il corpo sono legati in modo intimo, essi si influenzano
reciprocamente. Per tale ragione una malattia fisica si riflette spesso sul
mentale ed una turba, una tensione di quest’ultimo sulla mente.
Dietro la mente risiede lo Spirito, l’Essenza reale dell’uomo. Il corpo e la
mente sono materiali. Solo Purusha, lo Spirito, e’ pura coscienza. Il
mentale, di conseguenza, e’ ben distinto dallo Spirito.
Tra la materia e la mente la differenza si esprime solo a livello di
vibrazioni. Il mentale, al suo scalino inferiore di vibrazioni, e’ chiamato
materia. La materia, nella sua gamma superiore di vibrazioni, e’ detta
mentale. La materia e la mente sono ambedue governati dalle stesse leggi del
tempo, dello spazio e della causalita’.
Dunque, essenzialmente, l’uomo non e’ il mentale; egli e’ l’Anima reale, lo
Spirito.
Lo Spirito permane immutevole, immobile, eternamente perfetto. E’ Pura
Coscienza. Di conseguenza, resta del tutto indifferente alle cose di questo
mondo, alle perdite ed ai profitti, alle gioie ed alle pene, alle commedie
ed alle tragedie. Solo quando dimentica la propria natura lo Spirito viene
coinvolto nella partecipazione alla gioia della vita. Ma, appena si ritrova
allo stato originale della realizzazione del se’, risplende della sua
intrinseca gloria, del tutto indifferente alla danza cosmica di Prakriti, la
Natura.
Sebbene la mente non sia un agente libero i suoi poteri sono semplicemente
meravigliosi. E’ grazie ad essi che, ad esempio, l’uomo diviene capace di
frammentare l’atomo invisibile e di liberarne la potenza per dei fini buoni
o malvagi. E’ sempre grazie ad essi che molti santi e molti uomini saggi
hanno realizzato ed ancora realizzano la natura reale della propria Anima e
divengono degli illuminati.. Ogni opera che oggi l’uomo ha compiuto e’
dovuta solo ai suoi poteri mentali! Non vediamo che la mente e’
onnipresente? Ogni mentale singolo e’ un frammento di quello universale.
Ogni individuo e’ unito agli altri e, ovunque egli si trovi, puo’ vedersi,
come in Internet, in comunione con il mondo intero!
L’Upanishad Katha ci dice: ” Lui radia ed ogni cosa radia. Attraverso la sua
luce ognuno si manifesta in diversi modi.”
La sorgente di ogni luce e’ lo Spirito Supremo, la pura Coscienza. Quel che
chiamiamo anima individuale – l’anima consapevole dell’essere vivente – e’
identica allo Spirito Supremo, la pura coscienza. E’ lo scintillio di questa
pura coscienza che manifesta tutto, attraverso i tempi.
Il mentale, composto di materia sottile, e’ trasparente e molto prossimo
all’Anima Universale. Di conseguenza, e’ lo strumento interiore dell’Anima
Universale, che conosce. Non e’ la sorgente della luce. La coscienza non e’
inerente al mentale. Riceve la sua radiazione dall’Anima che conosce, di cui
e’ lo strumento interiore, e che illumina tutto, compresa la stessa luce
fisica.
Malgrado non possegga una luce propria, la mente sembra essere luminosa.
Benche’ sembri conoscere, il mentale non e’colui che sa, ma soltanto lo
strumento della conoscenza. E’ grazie e solamente alla coscienza che esso ne
rappresenta lo strumento.
Assumiamo la nostra esperienza come esempio. Sappiamo che la nostra mente
rimane distinta dai nostri organi e dal nostro corpo. Possiamo pensare,
essere sensibili, volere, immaginare, ricordarci, gioire, rimpiangere..e
tutto ciò senza utilizzare i nostri dieci organi. Il fatto non prova che
esiste uno strumento interiore distinto, che serve a rendere possibili le
suddette funzioni?
L’Upanishad Brihadaranyaka spiega:
Si dice: ” La mia mente era altrove..non l’ho visto” – oppure: ” La mia
mente era altrove, non l’ho sentito”. E’ attraverso la mente, allora, che si
vede e si sente. Il desiderio, la determinazione, il dubbio, la fede e la
volonta’ di aver fede, la stabilita’ e l’instabilita’, la vergogna,
l’intelligenza e la paura, tutto cio’ altro non e’ che la mente. Persino
quando si provano emozioni si sa, in qualche modo, che lo si fa attraverso
la mente. Ecco perche’ essa esiste.
Essa ha il potere di farci rivolgere verso il suo interno.Come, difatti, ben
sapete noi possiamo analizzarla e vederne ogni processo.
La psicologia indiana accorda al mentale tre costituenti, tre livelli,
quattro funzioni e cinque condizioni
I tre costituenti.
Risulta evidente che la mente non si trova sempre in uno stato uniforme. Il
fatto e’ dovuto a tre forze indipendenti, chiamate i gunas: sattwa, rajas e
tamas. Qualita’ che ritroviamo, poi, nei costituenti basilari dell’intero
universo fisico e mentale.
Sattwa rappresenta il principio di equilibrio, che conduce alla purezza,
alla conoscenza ed alla gioia.
Rajas e’ il principio di mobilità, che trascina verso l’azione, il desiderio
e l’agitazione.
Tamas e’ invece il principio di inerzia, il cui effetto e’ l’inattivita’, la
passivita’, la menzogna.
Tamas costringe la mente a involversi verso un livello inferiore. Rajas la
rende dispersiva ed agitata. Sattwa le fornisce una direzione superiore.
Panchadaci definisce molto bene gli effetti dei gunas.
” Il non-attaccamento, la capacita’ di perdonare, la generosita’, ecc.. sono
prodotti da Sattwa.
Il desiderio, la collera, l’avarizia, ecc., da Rajas.
La letargia, la confusione, la sonnolenza, ecc.., da Tamas.
Quando e’ sattwa a predominare nella mente si acquisisce del merito. Quando
lo fa rajas, nasce del demerito. E quando entra in azione tamas, non si
produce ne’ merito, ne’ demerito, e la vita intera viene sciupata in un
nulla di fatto.
La mente individuale viene orientata dalle differenti combinazioni e
permutazioni di questi tre gunas. Ed ecco cosa giustifica le diversita’
esistenti tra gli uomini e la natura mutevole di essa.
Non affermiamo spesso: “Ho cambiato parere”?
E come sarebbe possibile cio’ se la natura della mente fosse fondata solo
sull’unitarieta’? Le persone , allora, rimarrebbero per l’intera vita
identiche a come si trovavano alla nascita.Non apparirebbe alcuna
intelligenza superiore, brillante, o inferiore.
I tre livelli.
I termini “coscio” e “inconscio” ci sono famigliari. Indicano i diversi
livelli in cui opera la mente. Nel livello cosciente ogni azione e’
solitamente accompagnata dal sentimento di egoismo. Nel piano subconscio e’
assente il senso dell’egoismo.
Un livello superiore nel quale la mente riesce ad esprimersi – e che e’ ben
conosciuto dagli yoghi – e’ quello del super-conscio.
Anche qui il senso dell’egoismo rimane assente, poiche’ essa si trova al di
sopra della coscienza relativa.
Tuttavia, esiste un enorme differenza tra lo stato supercosciente e quello
subconscio.
Quando gli stati mentali passano oltre il livello della coscienza relativa,
essi fluiscono nella supercoscienza; ossia, nel samadhi.
Qui, la mente si ritrova nel suo stato più originale.
Codesti tre stati, tre piani – conscio, subconscio e superconscio –
appartengono tutti ,alla natura mentale. Sono i tre livelli attraverso i
quali essa evolve.
Le quattro funzioni.
Nel suo aspetto funzionale, il mentale possiede quattro facolta’: manas,
buddhi, ahamkara e chitta.
Manas e’ la precipua modificazione dello strumento interno (antahkarana),
che analizza i pro ed i contro di ogni situazione.
Buddhi e’ la modificazione dello strumento interno, che possiede una
facolta’ di determinazione.
Chitta e’ la modificazione dello strumento interno, che agisce da memoria.
Ahamkara e’ la modificazione dello strumento interno che possiede la
caratteristica dell’autocoscienza.
Le quattro caratteristiche intervengono in qualunque funzione percettiva
esteriore. Si seguono e si stabilizzano con potere istantaneo.
Il mentale si manifesta attraverso cinque condizioni: disperso, oscuro,
raccolto, unificato e concentrato.
Ascoltiamo i chiarimenti di Swami Vivekananda:
” La forma dispersa e’ attività. Essa tende a manifestarsi sotto l’aspetto
del piacere o del dolore. La forma oscura e’ debolezza, che spinge verso il
male. Nella forma raccolta la mente lotta per darsi una centralita’…”
Il commentatore sa che il terzo aspetto esaminato e’ pertinente agli dei ed
agli angeli; mentre, il secondo appartiene ai demoni.
La forma unificata appare quando la mente tende a concentrarsi, e la forma
concentrata e’ quella che conduce al samadhi.
Le condizioni medie della mente sono l’oscurita’ e la dispersione.
Nell’oscurità, ci si sente appannati e passivi. In quello disperso,
agitati.
Ma, attraverso la disciplina yoga, la mente riesce a divenire “unificata” e
“concentrata”.
Un manager industriale dalla mente concentrata riuscira’ a fare prosperare
i suoi affari. Un musicista senza la mente concentrata non riuscira’ ad
esprimersi nelle migliori condizioni; uno scienziato necessita assolutamente
di questa condizione per giungere alle sue grandi scoperte. Ed e’ soltanto
attraverso la pratica e lo sviluppo della meditazione che la mente potra’
raggiungere lo stato di pura concentrazione. In tal caso, e solo in tal
caso, la supercoscienza potra’ venire toccata.
Senza dubbio, sarete interessati a sapere cosa accade realmente in colui che
ha raggiunto lo stato di supercoscienza: il samadhi.
Il primo effetto – quando si realizza tale stato – e’ di sentirsi al di
sopra dei bisogni che l’attività patogena del corpo produce.
Infatti, ogni tendenza al compiacimento fisico svanisce per incanto. Si vive
una gioia incommensurabile; la gioia che scaturisce dalla liberazione
definitiva dalla schiavitu’ del corpo.
Le Upanishad dicono: ” Ogni nodo del cuore viene sbriciolato, ogni dubbio
svanisce, gli effetti delle azioni sono annichiliti, una volta che egli ha
visto Dio, la piu’ alta di ogni vetta.”
Quando sentiamo dire che la felicità della Realizzazione puo’ venire
misurata, ebbene abbiamo in diritto di chiederci in che grado cio’
corrisponda al vero
Nelle Upanishad Taitteriya, un calcolo ed una misura della felicita’ di
Brahman sono cosi’ descritti:
” Immaginate un giovane uomo, dotato di tutta la conoscenza; il migliore dei
sovrani, dal corpo sano e dallo spirito forte, e supponete che egli possegga
il mondo intero con ogni sua ricchezza. Cio’ vi dara’ la misura della
felicita’ umana.
E questa felicita’ umana, moltiplicata per cento volte, da la misura della
felicita’ dei gandharvas (i super-uomini)…”
E l’Upanishad prosegue, moltiplicando le felicità…e conclude:
” Colui che risiede, qui, nell’uomo e abita, la’, nel sole, sono Uno. Chi
conosce questa verita’ ha raggiunto la felicità eterna.”
Dopo di cio’ si potra’ avere una idea dell’estensione, della profondita’ e
dell’intensita’ di quanto prova uno yoghi perfetto e felice.
Ma, non ci spaventa questo stato di coscienza invisibile ed immaginata?
La morte non ci insegna a perdere tutto cio’ che possediamo? Si’, e’ proprio
qui il timore dell’uomo non illuminato.
Tuttavia, chi conosce il reale e’ del tutto libero da ogni tipo di paura.
Un’assenza di timori assoluta, indistruttibile.
L’Upanishad afferma: ” Egli diviene un essere senza alcuna paura, perche’
ha ottenuto una nicchia in quel supporto privo di supporti, invisibile,
incorporeo, indefinibile..”
Tra tutti noi, qualcuno certamente esiste che non sia particolarmente
interessato alla vita spirituale. Egli preferisce perseguire
intelligentemente lo scopo del massimo profitto nella sua esistenza. Ebbene,
se, malgrado tutto, egli proseguira’ i suoi sforzi sino alla logica
conclusione, potra’ trasformarsi in cercatore della conoscenza sperimentale
degli stati superiori che abbiamo descritto.
Raggiungere l’illuminazione yoga in questa stessa vita porta come risultato:
1. la cessazione di ogni eccitamento fisico
2. lo svanire di ogni dubbio
3. la realizzazione di un potere infinito
4. la realizzazione di una gioia illimitata
5. la scomparsa di ogni timore
6. La realizzazione di qualunque meta contemplata dallo yoghi.
Sforziamoci di comprendere il messaggio dell’Islam, annunciato dal Corano:
” O, credente, temi Dio. Desidera l’unione con Lui. Lotta sinceramente sulla
via che può condurti alla felicità.
Nessun’anima conosce quelle gioie degli occhi riservate al saggio, in
ricompensa ai suoi sforzi.”
Ecco che, malgrado le loro diversita’, tutte le religioni promettono questa
unione con la gioia ultima ed eterna. Ed anche la semplice descrizione di
questa gioia, che puo’ offrirci tuttavia solo un minima idea di tanta
esperienza, rappresenta una salutare brezza per la mente.
Concluderei la mia lunga introduzione ai “Sutra Yoga” di Patanjali con la
storia di un grande yoghi, che li ha commentati.
Sadashiva Brahmendra era un brillante studioso. Un giorno, mentre se ne
stava occupato a dibattere con passione i concetti della filosofia non
dualista, il suo Guru lo esorto’ ad osservare il silenzio ed a meditare.
Sadashiva, di conseguenza, divenne silenzioso e prese a meditare, dimentico
del mondo attorno a lui.
Inizio’ a vagabondare, completamente nudo.
Mentre stava assorto sulle rive di un vasto fiume, ecco che venne afferrato
dalle onde e sepolto sotto una spessa quantita’ di sabbia, sotto la quale
resto’ per diverse settimane. Lo ritrovarono solo per caso. Vivo e radioso
come prima.
Un’altra volta, senza rendersene conto, entro’, sempre completamente nudo,
nella tenda dello Zenanal di un Nawab.
Costui, furioso, gli trancio’ il braccio destro. E quando si accorse che
Sadashiva restava completamente indifferente alla ferita che gli aveva
inflitto, rimase stupefatto e gli chiese perdono.
Allora, Sadashiva si tocco’ il moncherino con la mano sinistra e fece
nascere un nuovo braccio!
Ben altri racconti vengono narrati sulla vita di questo grande yoghi.
Riprenderemo prossimamente lo studio dei Sutra, riferendoci anche ai
commentari di Sadashiva.
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