TECNICHE DI CONSAPEVOLEZZA E MEDITAZIONE

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TECNICHE DI CONSAPEVOLEZZA E MEDITAZIONE

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

Neurofisiologia dell’estasi. Sincronizzazione cerebrale e stati di meditazione
Di Nitamo Montecucco

In questi giorni abbiamo ascoltato una notevole varietà di relazioni su diversi tipi di esperienze
interiori riguardo a ciò che è la malattia psichiatrica. Vorrei proporvi ora un differente
approccio, una differente visione di questo stesso problema, che non parte da una visione classica
psichiatrica o religiosa, ma, dalla neurofisiologia in particolare, parte da un approccio
cibernetico. Mi preme molto ricordare che il sistema nervoso umano è il frutto di un percorso di
evoluzione estremamente lungo e complesso, e che nella nostra scienza l’evoluzione purtroppo è
ancora vista come un processo casuale. Nella casualità noi vediamo diversi eventi che accadono
perché dovevano accadere, ma non ne percepiamo la coerenza, non ne riconosciamo il percorso
intelligente di costruzione, di finalità. Se invece, come avevano anticipato tanti filosofi, come
Henry Bergson o Teilhard De Chardin, intendiamo il processo di evoluzione come un processo continuo
di accumulo di coscienza e di conoscenza, cioè di informazione, noi possiamo reinterpretare il
sistema nervoso come un organo in costante crescita, che da millenni è in un costante processo di
evoluzione.

Nel cervello dell’essere umano l’ontogenesi recupera la filogenesi, nel cervello umano sono presenti
i sistemi nervosi dei mammiferi, dei rettili, dei cordati, c’è la saggezza neurofisiologiche
dell’intera evoluzione della vita, ma ci sono anche le potenzialità della prossima evoluzione, la
sua possibile crescita di consapevolezza. Quando nell’essere umano il sistema nervoso manifesta
degli squilibri, noi possiamo quindi intervenire con una visione più saggia e profonda, e cercare di
interpretare il suo disagio in maniera evolutiva. Quando il problema è strettamente
neurofisiologico, biologico o biochimico, dobbiamo necessariamente intervenire di conseguenza –
pensiamo alle importantissime sperimentazioni di Alberto Caddeo senza l’uso degli psicofarmaci, una
sorta di omeopatia elettrica. Là dove invece il disturbo psichico nasce da un disagio esistenziale,
che ha bloccato una certa evoluzione interiore emozionale, mentale o spirituale, occorre operare con
un altro punto di vista. In questa serie di diapositive partiamo dalla constatazione che nella
scienza contemporanea manca il concetto di coscienza.

La mia proposta quindi – secondo la teoria dei sistemi applicata alla cibernetica – è che l’essere
umano, così come qualsiasi organismo vivente, dalla cellula, al vegetale, all’animale, debba essere
considerato come un campo di informazioni unitario, che – solo nel vivente – è unitario. Ciò
significa che tutte le informazioni contenute all’interno di un sistema vivente, hanno come un punto
centrale in cui vengono conosciute, un centro di coscienza, che riesce a percepire il senso globale
di ogni informazione contenuta nel suo campo. Ovviamente, questo grado di percezione della globalità
dell’informazione del proprio campo è un sintomo di grande coerenza e presenza, e noi vedremo che il
sistema nervoso è in un certo senso un ologramma. Se noi andremo ad analizzare una persona che vive
nella malattia fisica o psichica, che vive una disgregazione, un conflitto interno, troveremo che le
sue comunicazioni interne, la coerenza tra le sue informazioni saranno disturbate. Là dove invece
c’è una presenza forte, un io, un sé vissuto intensamente, noi avremo un aumento di coerenza. Dal
punto di vista della teoria dei sistemi, e della teoria cibernetica dei sistemi in particolare, noi
interpretiamo le unità viventi come dei Cyber, dalla parola greca kubernetes, il timoniere, quindi
l’arte di guidare le proprie informazioni, dal sanscrito kubera, il timone, cioè la capacità di
restare in asse, di avere un centro che è il governatore di se stessi. Allora, il ritrovare il
nostro centro profondo, quello che ci guida nel tempestoso oceano dell’esistenza, nel mare della
vita, è sinonimo di ritrovare una elevata coerenza informatica o neurofisiologica globale.

Diapositive

– Dia 1. Iniziamo da questa immagine dell’essere umano, simbolicamente racchiuso in un campo
energetico-informatico unitario, un “Cyber”. Nell’essere umano troviamo diversi livelli di
complessità, dal suo piano fisico-chimico, al piano biologico-cellulare, ai piani sistemici più
complessi, fino ad un livelli di massima complessità che è rappresentato dell’essere umano come
unità. Seguendo la medesima base teorica di Caddeo, sul concetto di energia-informazione, possiamo
analizzare gli stati di salute o malattia come stati a differenti livelli di integrazione, ossia di
comunicazione più bassi o più alti.

– Quindi noi inizialmente interpreteremo il sistema vivente come una rete di informazioni, un flusso
di energie informate, non come tante parti divise di un sistema. A un certo momento vedremo che
anche questo concetto può essere superato e anche la rete di informazioni diventa un’unità cosciente
e intelligente.

– Andiamo avanti; in realtà la parte sotterranea delle informazioni contenute nel sistema nervoso,
diciamo l’inconscio, è molto maggiore della parte cosciente, e anche questo è un dato
importantissimo di cui dobbiamo tenere conto nell’analisi dei processi mentali.

– Dia 2. Proviamo adesso ad analizzare l’essere umano nella sua principale tripartizione; abbiamo
una tripartizione fisica derivata dai foglietti embrionali. L’entoderma è il sistema metabolico in
cui ci sono anche i polmoni, che ha la sua sede elettiva nella pancia, dove c’è raggruppata la
maggior parte degli organi derivati dal foglietto interno; il mesoderma, cuore, sistema
circolatorio, osseo e muscolare, che è quello che tiene la struttura di mezzo, e l’ectoderma, dalla
cui invaginazione deriva il sistema nervoso, che trova il suo centro principale nella testa come
centro mentale e sensoriale.

– Se andiamo a guardare nella struttura evolutiva del cervello, vediamo queste tre aree, la
divisione di Paul McLean, che negli anni ’60 propose una tripartizione semplificata, ma comunque
utile, per un’interpretazione generale del cervello. Abbiamo un cervello rettile, che va a
coordinare le funzioni metaboliche/istintive principali, poi un cervello mammifero, che si sviluppa
successivamente ai rettili, che sviluppa il sistema emozionale, vissuto a livello psicosomatico
nella parte toracica, affettiva, le mani, la voce, l’abbraccio, il tenere a sé i figli,
l’allattamento, eccetera, cosa che non fanno i rettili ma che fanno i mammiferi; la terza parte
evolutiva del sistema nervoso è tipica invece dei mammiferi più evoluti, dei primati e in
particolare dell’essere umano, in cui si sviluppa la capacità mentale principale. Questa
tripartizione ci serve poi per capire la riunificazione e l’eventuale terapia come tentativo di
ripristinare integrità tra istinti, emozioni e pensieri.

– Dia 3. Guardiamo adesso un quadro EEG (elettroencefalografico) normale di una persona. Abbiamo
preso un normale tracciato elettroencefalografico, che è un’onda, e l’abbiamo diviso in 64
frammenti, in cui le onde rosse sono le delta, le gialle sono le theta, le verdi sono le alfa e le
blu, indaco e violetto, sono le beta. I colori dell’EEG in qualche modo corrispondono, dal basso
all’alto, alle zone del corpo, ciò non vuol dire che sono uguali ma in qualche modo connesse a
questa tripartizione del cervello e dell’essere umano. Vediamo alcuni parametri, a destra e a
sinistra vediamo i grafici vediamo le 64 bande della trasformata di Fourier dei punti F1 ed F2,
ossia frontale sinistro e frontale destro. Questi punti ci interessano perché sono connessi con le
aree frontali che sono le più recenti a livello filogenetico, e quindi, visto che l’ultimazione dei
processi mentali avviene sulle aree frontali, perché ci possono dare un’analisi di ciò che è la
totalità del funzionamento del cervello. Tra i punti F1 e F2, il computer calcola il livello di
coerenza con l’analisi di Person. Come si vede dalla diapositiva 4, la loro correlazione, o
sincronizzazione, può variare da +100 a -100, la possiamo osservare nel grafico in basso, dove a
metà, segnato dalla linea punteggiata, abbiamo lo zero, ossia nessuna correlazione tra le onde di
destra e di sinistra, in alto abbiamo +100, massima correlazione, massima uguaglianza tra le onde, e
sotto abbiamo -100, le onde sono assolutamente uguali, ma di segno opposto, cioè sono in opposizione
di fase. Questa persona sta bene perché ha un quadro coerente con una buona sincronizzazione. C’è un
piccolo picco alfa, e la coerenza o sync. È di 67. Adesso vediamo una carrellata di quadri di
persone che stanno veramente male.

– Dia 5. Questo è un ingegnere che parla con molta eccitazione e ha delle turbe depressive; vedete
la sincronizzazione che è abbastanza alta, ma improvvisamente cade, come se ogni due o tre secondi
il cervello perde coerenza e si ritrova in uno spazio di disgregazione, poi si riprende. Osserviamo
una lieve iperattività dell’emisfero sinistro.

– Dia 6. Qui abbiamo una persona con un eccesso di onde theta che abbiamo riscontrato abbastanza
comunemente nelle persone ansiose o in crisi di panico, crisi di paura. Qua i valori sono in eccesso
e c’è un livello di disgregazione abbastanza ampio.

– Dia 7. In questa dia c’è un ragazzo ipocondriaco, che ha visto morire un suo amico sotto gli
occhi, e ha cominciato a pensare che anche lui sarebbe morto di lì a breve. Quindi c’è
un’iperattività mentale abbastanza forte, con consistente prevalenza a sinistra, e ovviamente con
una sincronizzazione tendente a zero, per l’esattezza -6.

– Dia 8. Qua abbiamo un ragazzo con una evidente iperattività beta e theta-delta. Quindi un po’
troppo mentale, e molto teso fisicamente.

Dia 9. Qui abbiamo il peggior caso di stress, di iperattività dell’emisfero sinistro; sulla destra
c’è un buco sulle onde alfa, un’iperattività delle beta. L’emisfero sinistro è esuberante, esce dal
grafico. ovviamente la curva di sync (sincronizzazione) sarà sullo zero.

– Dia 10. In questo caso c’è un picco alfa eccessivo ad occhi aperti, per cui non è molto
fisiologico, segno di un parallelo eccesso emozionale, osserviamo anche una certa iperattività
mentale sulle beta 3.

Questi sono quadri di squilibri generici, abbastanza comuni. Abbiamo fatto un serie di ricerche in
luoghi di preghiera e meditazione, sull’Himalaya, per testimoniare cosa accade nel cervello di
persone che fanno meditazione, non solo fanno meditazione, ma cercano di vivere in luogo dove non
c’è traffico, in silenzioso contatto con la natura. Siamo andati in un monastero himalayano, di
Babaji, a tre ore dalla strada più vicina, per cui bisogna fare tre ore di pellegrinaggio con i
computer in testa. Guardiamo cosa accade nel cervello di queste persone.

– Dia 11. Questa è una persona che, da una situazione piuttosto stressata, a bassa sync., in circa
15 minuti di meditazione con ripetizione di mantra, mostra un costante aumento di sincronizzazione.
Si osserva una buona apertura delle alfa e delle beta3.

– Dia 12. Quando si raggiunge un livello più profondo di meditazione, il cervello produce delle onde
armoniche, delle sinusoidali praticamente perfette, appaiono dei picchi a distanza regolare gli uni
dagli altri, con la sincronizzazione che sale ai massimi, 96, 98, 99, 100%. La perfezione delle onde
armoniche EEG rilevate ci aveva inizialmente fatto pensare ad un artefatto, in quanto sembrano
prodotte da un apparecchio elettrico generatore di onde quadre. I picchi regolari a distanze
identiche tra loro sono tipici delle onde armoniche prodotte dagli strumenti musicali. Il quadro
della dia 14 evidenzia 7 bande armoniche. Abbiamo chiamato “stati armonici ad altissima coerenza”
questi quadri generati da esperienze di meditazione profonda. Analizzando un certo numero di questi
quadri EEG abbiamo rilevato una grande varianza, una forte diversità da una persona all’altra e
anche, in alcuni casi, tra differenti quadri della stessa persona.

– Dia 13. Questo quadro evidenzia armoniche molto belle rilevate da una persona in meditazione in
una vasca termale di Villa Demidoff qui al Villaggio Globale. La nostra ricerca è orientata a
comprendere i meccanismi scientifici, ossia neuropsicologici della meditazione e riproporre le
stesse “Tecniche dell’estasi” a persone con problemi psichici o psicosomatici. I risultati sono
veramente sorprendenti, riusciamo a creare un rilassamento profondissimo anche nelle persone
stressate e un senso di centratura e identità molto forti, che aiutano a dare forza e fiducia alla
persona per superare i suoi problemi.

– Dia 14, è il più elevato quadro registrato – 99,2% – per una durata costante di mezz’ora di
meditazione. Osserviamo picchi regolari, ampie delta e theta, tipiche del sono profondo, quindi una
coscienza che rimane vigile in sonno profondo. Abbiamo studiato duversi gruppi di meditatori, con
mediamente gli stessi risultati, e ci proponiamo nei prossimi anni di studiarli qua in Italia, in
eremi o in monasteri dove praticano la preghiera e il ritiro interiore, proprio per verificare
l’unità dell’esperienza religiosa in tutte le sue discipline e vie spirituali.

– Adesso entriamo in un campo interessante soprattutto per noi medici che abbiamo una relazione coi
pazienti. Questi sono i quadri di due persone vicine, che non si toccano, altrimenti c’è
comunicazione elettromagnetica. La sincronizzazione normale attesa è ovviamente zero. Essa viene
calcolata dal computer come coerenza tra le onde EEG tra i due emisferi sinistri delle persone (S1 e
S2) e tra i due destri (D1 e D2), abbiamo due persone ognuna col suo cervello e la sua energia eeg.

– Dia 15. Guardiamo cosa accade in due persone vicine che fanno meditazione, la coerenza tra i due
emisferi sinistri (S1-S2) e destri (D1-D2) sono elevatissimi, rispettivamente 84 e 78. Vediamo a
colpo d’occhio la loro sincronizzazione e una bellissima onda alfa sui 10 Hertz, e questi quadri
praticamente identici.

– Dia 16. Guardate il quadro di questi due amici che meditano insieme: quando si dice “siamo sulla
stessa onda”, uno è un po’ più ampio, uno un po’ più stretto, ma esattamente sulle stesse bande,
incredibili.

– Dia 17. A volte ci si chiede perché mai per meditare dovremmo andare sull’Himalaya a rasarci i
capelli; guardate questi ragazzi innamorati, sembrano due in meditazione. L’unica caratteristica che
li differenzia è le onde sono in “opposizione di fase” a -85 (S1-S2) e -76 (D1-D2) di coerenza,
ossia si è creata una polarità tra i cervelli proprio come lo yin e lo yang, ossia quando uno è
polarizzato in su, l’altro è polarizzato in giù. Si viene a creare una similitudine enorme, ma una
polarità opposta, e quindi l’attrazione. L’amore è una meditazione ed è importantissimo
ricordarcene, perché l’abbiamo vicino a noi sempre, lo possiamo catturare in ogni istante del
vivere, soprattutto coi pazienti ammalati, che soffrono.

– Ora entriamo nella terza fase della nostra ricerca, fase che è iniziata cinque anni fa, nel 1994.
Abbiamo studiato uno strumento ancora più perfezionato che potesse calcolare la media tra gruppi di
persone, ogni persona ha un solo elettrodo, tra F1 e F2, nel centro della fronte. Poi tutte le
persone entrano in silenzio, non si toccano tra di loro, per non comunicare le energie
elettromagnetiche, ed entrano in uno spazio di meditazione… vediamo cosa succede.

– Dia 18, questo è l’inizio, vedete un’attività caotica, ognuno ha la sua onda, il suo caos
quotidiano. Poi pian piano ci si calma, si entra in meditazione, nella dia 19 vediamo che le onde si
placano ma sono ancora diverse tra loro.

– Dia 20. Poi la magia: guardate, sui tempi (la verticale) cominciano delle onde sincroniche su
tutti gli elementi del gruppo allo stesso istante. Sembra che siano 12 elettrodi sullo stesso
cervello. È proprio un miracolo, e vuol dire che esiste un “campo psichico collettivo”, creato da
una comunicazione sottile che si instaura tra i cervelli delle persone. La natura di questa
comunicazione è ancora allo studio, potrebbe essere elettromagnetica, ma potrebbe essere anche “non
locale”, di altra natura. La spiegazione secondo il principio fisico della “non località”, ormai ben
documentato da diverse sperimentazioni in Francia, Germania e Stati Uniti, potrebbe connettere, a
livello di vuoto sub-quantistico, gli esseri umani, e permetterebbe una spiegazione anche
scientifica di tutte quelle relazioni umane profonde, che la psicologia e la medicina conoscono
intuitivamente da tempo, come ad esempio che una famiglia disgregata crea delle alterazioni
psichiche e secondariamente neurofisiologiche nei figli perché le energie-comunicazioni che
normalmente passano tra i membri di un nucleo famigliare, tra le persone in quella famiglia non
passano, e quindi l’essere umano più sensibile che ha bisogno di questa comunicazione sottile si
trova a vivere una condizione di isolamento.

– Dia 21. Questa ultima è una delle immagini più belle, di nuovo è presa in vasca grande a Villa
Demidoff, tra persone mollemente rilassate in acqua termale, ad occhi chiusi, sembrano proprio onde
assolutamente sincroniche, continue, in ogni istante l’onda cambia, non è mai ripetitiva, ed è
uguale per tutte le persone. Di nuovo cerchiamo di trasferire le conoscenze sperimentali nella
pratica terapeutica quotidiana. Cerchiamo di creare consapevolmente, direi quasi, scientificamente,
le condizioni per un campo collettivo armonico in cui i pazienti si sentano amati, protetti e in cui
possono crescere ed evolvere superando i loro problemi personali.

Facciamo il punto per concludere, cosa vogliono dire queste ricerche e come possiamo riportarle al
nostro vissuto quotidiano? Espongo due ordini di idee, uno sugli ammalati e uno sull’evoluzione. La
prima cosa che faccio quando ricevo una persona che soffre è verificare il livello di coerenza tra
me e lei, lo possiamo chiamare empatia, a volte c’è a volte non c’è; se non c’è, io mi “svuoto” di
me stesso, mi apro e cerco di entrare in uno stato di grande ricettività e percepire ciò che lui mi
trasmette, spesso ricevo da lui una forte sensazione di sofferenza, che magari lui ha rimosso perché
non vuole rivangare il dolore, e che invece io sento perché sono aperto. Se pensate al caduceo, ad
un’asse con due ali in cima, e lo rapportate alla colonna vertebrale con i due emisferi, associando
al serpente l’energia elettromagnetica, l’energia in generale come l’onda a spirale
elettromagnetica, che ha proprio la forma serpentina, noi abbiamo un moderno caduceo che riflette in
maniera molto evidente quello che è la neurofisiologia moderna. Se noi riusciamo a ricreare questa
comunicazione interna tra tutte le dimensioni dell’essere umano, la psichiatria transpersonale può
essere una psichiatria che tende a scoprire quei livelli che finora non sono stati sufficientemente
riconosciuti nell’essere umano sofferente, perché magari venivano guardati di più i livelli
biologici o fisici, quindi riscopre l’anima della persona, riscopre la sua capacità di percepire
amore, di sentirsi amato e di dare amore, Quando si crea questa comunicazione empatica tra le
persone, intanto si scambiano informazioni in silenzio, e uno sente ciò che sente l’altro, la
telepatia che non è la comunicazione del pensiero, ma del pathos, l’emozione, tele, da lontano,
quindi percepisco l’emozione di un paziente e a volte la riesco a decifrare meglio io che sono, come
dire, un canale un po’ più pulito che non il paziente stesso, magari bloccato e chiuso dentro di sé.

Seconda cosa è il gruppo, il concetto di maternage, di gruppo terapeutico, di comunità di sostegno,
sono concetti importantissimi, sono importanti nella spiritualità, se uno deve entrare in contatto
con delle dimensioni sottili di coerenza interiore e trova uno spazio in cui intorno a sé, c’è
coerenza, questo lavoro sincronicamente avviene e avviene molto più evidentemente all’interno di un
monastero che non per le strade di una città, si può fare anche a Milano ma è più difficile.
L’energia che riusciamo a creare all’interno di un qualsiasi setting terapeutico, sia individuale
che collettivo, per le persone che soffrono può essere di grandissima importanza. Ovviamente oltre
all’aspetto patologico ci aprono una dimensione verso il futuro; in questo momento la terra è
malata, se consideriamo la terra come un cervello, come un organismo, una creatura vivente ma
pesantemente frammentata e senza comunicazione globale, con gruppi da ogni parte che vogliono
prevalere sugli altri ed entrano in attrito a volte aspro, ognuno che vuol far prevalere la propria
lingua, la propria religione, il desiderio di espandersi. Fortunatamente ci sono anche gruppi in
tutto il mondo di qualsiasi visione e religione che invece cercano di ricreare questa rete. Allora,
se noi riusciamo ad espandere questo livello di ricerche e applicarlo dal singolo essere umano ai
gruppi, abbiamo una possibilità di quantificare, di documentare un cammino verso la pace planetaria,
un villaggio globale inteso come pianeta che diventa un gruppo di amici dove ognuno è libero di
comunicare, di essere quello che è senza incorrere in sanzioni o punizioni. In questo modo secondo
me la medicina tornerebbe ad essere quello che era alle origini; il vero medico era un uomo di
medicina, di scienza, spesso doveva essere un saggio, perché a volte è l’anima che si ammala e non
il corpo, cioè la malattia viene da ogni punto, ma a volte viene dal profondo e il saggio è colui
che ha la possibilità di entrare in contatto anche con questa parte e avendola già vissuta nella sua
esperienza, può essere vicino o comunque indirizzare la persona verso una sua propria evoluzione, o
una direzione evolutiva. Credo che queste ricerche, insieme a quelle di Alberto Caddeo e di Marco
Margnelli, e a tutte le informazioni, che comunque sono delle sperimentazioni in altri campi del
sapere, vadano in qualche modo riunite, che questi modelli della coscienza, dell’unità del campo,
siano assolutamente importanti per la scienza e per la medicina per ritrovare un nuovo livello di
possibilità terapeutica.

Discussione e commenti

Mario Betti

Veramente eccezionale questo ponte che offre il dottor Montecucco, un ponte fra aspetti interiori e
fisiologici, individuali e relazionali, scientifici ed umani. Esso si inserisce in modo brillante
nel discorso che aveva aperto Caddeo.

Vediamo quali sorprendenti prospettive si stanno aprendo per comprendere dal punto di vista
scientifico le cosiddette “altre medicine”.

Padre Giuseppe De Gennaro

Prendo lo spunto per dire che qui stiamo veramente toccando la possibilità di una misurazione del
fenomeno più smisurato. Dobbiamo vedere con grande attenzione e simpatia questo percorso, misurare
l’evento preghiera, misurare l’infinito, è impossibile ma in qualche modo è possibile. Cinque anni
fa avevo chiesto all’IBM di darmi la possibilità di creare delle tute per oranti, cioè delle tute
sottilissime che, attraverso un sistema cibernetico, potessero misurare tutte le modificazioni. Mi
dissero: “Se ci fossero più soldi lo faremmo subito”. E io risposi: “La provvidenza ne ha di soldi,
un giorno si farà”. Ecco che Nitamo sta cominciando a farlo. Nel 2000, in quel congresso dell’Aquila
dal 24 al 30 giugno, in un castello, spero che queste cose saranno andate più avanti, non per
distruggere o empirizzare la preghiera, ma per toccare con mano l’infinito.

Oggi 16 maggio, è Santa Gemma Galgani, una giovane lucchese, morta nel 1930; questa ragazza di 25
anni, qui a Lucca, ha avuto una serie di estasi che sono state misurate, come si poteva misurare
allora, da Cecilia Giannini, la quale segnalava gesto per gesto, parola per parola, tutto ciò che
succedeva a Gemma. Se avesse avuto gli strumenti di Nitamo! Credo che Gemma sia una realtà in questo
istante, perché ci permette di parlare di lei.

Credo che questo congresso sia il primo congresso di psichiatria transpersonale, transculturale e
transreligiosa.

Considerazioni sull’approccio scientifico alle estasi
Di Marco Margnelli

Prima di entrare nel merito dell’argomento, è opportuno precisare il concetto di estasi, dato che
c’è molta confusione su questa parola. In realtà l’estasi può essere definita in vari modi. C’è un
modo antropologico di concepire l’estasi, c’è un modo mistico-religioso, un modo filosofico, un modo
letterario e c’è anche un modo neuroscientifico. Quest’ultimo è il mio approccio. Generalmente si
tende a confondere l’esperienza estatica, quindi il vissuto di una persona che sperimenta l’estasi,
con l’estasi stessa. In realtà l’estasi è un contenitore, una scatola, e quello che succede dentro
il contenitore per me ha poca importanza, mentre mi interessa come è fatto il contenitore. Per farvi
capire meglio il concetto, pensate al sogno: il sogno può avere contenuti molto variabili, anche se
è riconoscibile come sogno, ma il cervello che sogna è in uno stato diverso dal cervello sveglio e
dal cervello del sonno senza sogni; questo è il concetto di contenitore. Per me l’estasi è
un’esperienza che si verifica solo se il cervello funziona in una certa maniera, e questo mi
interessa; le vie o i modi per raggiungere questa condizione sono molteplici. Questa è la prima
concettualizzazione che volevo premettere. L’altra è venuta a galla in questi giorni, a proposito
del modello di estasi della nostra cultura: si è arrivati ad una concettualizzazione dell’estasi in
ambito scientifico partendo dalla patologia. Ad esempio, Santa Caterina di Siena era anoressica,
cioè malata, oppure aveva un carisma mistico, cioè un qualcosa che è molto diverso dalla malattia?
Io sono un fisiologo, e quindi mi interesso di come funziona il cervello normale, non quello
patologico, non posso pensare di formare un modello di estasi partendo dalla patologia e dalla
schizofrenia, ma penso di formarlo partendo da un cervello che funziona normalmente e che si esprime
attraverso una modificazione della coscienza ed un comportamento che è particolare, ma ma non è
patologico. Buona parte del lavoro che ho fatto sull’estasi è stato di cercare convincere i colleghi
psichiatri che l’estasi non è un fenomeno psicopatologico ma è un aspetto della fisiologia.
L’importanza di questo concetto verrà forse chiarita più avanti, in ogni caso l’interpretazione
psicopatologica delle esperienze mistiche è ubiquitaria nella cultura occidentale.

Dicevo che l’estasi è un contenitore e io ho cercato di capire com’è fatto. Sono partito dal modello
del sonno e del sogno, cioè dal modo di funzionare che il cervello ha in questi due stati, e poi per
successive approssimazioni, per paragoni, per confronti tra un piccolo fenomeno e l’altro, ho
cercato di differenziare questi vari stati. Ho compiuto un percorso molto lungo, che non è finito
(forse è appena cominciato) e alla fine qualche piccola certezza l’ho raggiunta.

Prima di tutto l’estasi è uno stato modificato di coscienza. William James sostiene che gli stati di
coscienza sono molteplici e questa possibilità di variazione del software mentale, un cambiamento
multiplo continuo e molteplice, ha affascinato parecchio i neuroscienziati e gli psicologi
contemporanei. In realtà gli stati modificati di coscienza non sono tantissimi e, più vado avanti
nello studio di questi argomenti, più mi rendo conto che essi sono variazioni di tre stati
fondamentali: la veglia, il sonno e il sogno. Quindi è da lì che bisogna cominciare a studiare.

Per dare corpo ai concetti, ho lavorato a strati, cioè ho cercato di mettere in piedi una
metodologia che permettesse di studiare aspetti via via più complessi. Sono partito dalla
neurofisiologia, il livello più basso, quello che esamina i circuiti, le strutture neuronali, i
nuclei, i sistemi neuronali costituiti da più nuclei. Ben presto, però, mi sono reso conto che se si
studia uno stato di coscienza non si può ragionare solo in termini di molecole o di
neurotrasmettitori: sono termini riduttivi. Bisogna salire ad un livello più complesso, quello della
psicofisiologia, cioè approcciare il corpo in estasi studiandone le manifestazioni periferiche. Ad
esempio, il brivido è, di per sé, un piccolo fenomeno ma, se lo si interpreta dal punto di vista
psicofisiologico, diventa il segnale esteriore di un evento psichico che può essere molto
importante. Poi bisogna salire ancora un po’ in su, ad un livello che viene detto neuropsicologico e
che prende in esame la processualità mentale, il modo in cui un’informazione, in quel determinato
stato di coscienza, viene elaborata e processata. Gli studi di neuropsicologia si occupano
attualmente della memoria, del calcolo matematico, della capacità di discriminare tra vari stimoli o
varie immagini visive: questa è processualità, elaborazione dell’informazione. Poi, oltre a questo,
c’è il livello psicologico e, alla fine, quello psichico, anche se non mi piace usare questa parola.

L’estasi, o comunque uno stato modificato di coscienza, deve essere valutata a tutti questi livelli.
Il lavoro è poderoso e la metodologia che ho potuto mettere a punto nel corso degli anni è frutto di
un impegno che ho svolto da solo, lavorando in modo artigianale e anche casuale, perché le estasi
non sono un fenomeno frequente nella nostra cultura. Perciò ho lavorato un po’ a tappe, un po’ a
strati, un po’ casualmente. La mia metodologia per fortuna è semplice e mi permette, comunque, di
andare avanti.

Ho studiato l’estasi mistica cattolica perché appartiene alla nostra cultura ed è verosimilmente
reperibile nel nostro paese senza dovermi spostare in Nepal o in India. Sono stato comunque in India
e lì un guru indiano mi ha detto che ero stupido a fare 4.000 Km e spendere tanti soldi per studiare
dei fenomeni che potevo benissimo trovare nel mio Paese. Così mi convinsi che era meglio studiare
qua. Approcciando questa esperienza, di cui la nostra cultura religiosa è straordinariamente ricca,
l’estasi religiosa cattolica, ho trovato materiali d’archivio, testimoniali, materiali scientifici
prodotti qua e là nel tempo, non molti per la verità, con i quali ho cominciato a definire un
assetto sintomatologico. Poi ho avuto la fortuna di avvicinare degli estatici e di riuscire a
studiarli in laboratorio, applicandogli gli elettrodi. I primi che ho studiato sono stati i veggenti
di Medjugorje, i ragazzi jugoslavi che vedono la Madonna. In quell’occasione, per la prima volta, ho
potuto studiare per tre giorni degli episodi di estasi che avevano le caratteristiche
sintomatologiche che avevo appreso dalla letteratura. Le osservazioni dei neurologi francesi della
fine dell’Ottocento, descrivevano tre sintomi fondamentali: l’alienazione dei sensi, la rigidità
estatica, la gioia intensa che si esprime in un viso radioso. Sono i tre sintomi che
neurologicamente o neurofisiologicamente è abbastanza facile oggi, con la strumentazione a
disposizione, verificare in senso completo.

Nitamo Montecucco

Presentazione di Kostantin Pavlidis

Abbiamo un relatore fuori programma, perché è capitato qua senza sapere del congresso; il suo nome è
Kostantin Pavlidis, è un biofisico, esperto e studioso di medicine orientali. L’ho invitato a fare
una breve esposizione delle sue ricerche in quanto molto vicine a quelli che sono i temi di questo
congresso. Pavlidis ha studiato discipline zen nei monasteri zen giapponesi, ed è una delle persone
che in Inghilterra ha seguito le ricerche da cui noi abbiamo preso il via, le ricerche di Max Cade
che 30 anni fa aveva inventato uno strumento, meno sofisticato ma simile all’olotester, per separare
le informazioni degli emisferi e metterle in connessione. Era uno strumento più semplice, ma che ha
cominciato a dare interessanti mappe degli stati di coscienza. L’ho invitato per parlare proprio di
questo argomento, che è molto congruo con il tema di queste nostre giornate.

Meditazione zen e ricerca scientifica
Di Kostantin Pavlidis

Vi parlerò delle ricerche sugli stati alterati di coscienza che stiamo svolgendo in Inghilterra. Ho
cominciato quando ero un ragazzo nello studio delle arti marziali, che erano basate sulla filosofia
zen buddista; attraverso le tecniche di meditazione zen cercavamo di ripulire la mente dai pensieri
e dalle emozioni che potevano alterarla; lo scopo era quello di raggiungere uno stato interiore
neutro e improntato alla consapevolezza. Il nostro scopo era quello di trovare un modo per fare
esperienza del nostro vero Sé. La meditazione zen diventa una chiave per accedere a quella che
possiamo chiamare la consapevolezza universale. In Australia, dove sono nato e cresciuto, molte
delle persone occidentali venivano a fare queste meditazioni più che altro per trovare una via di
fuga a certi stati di stress o per imparare delle tecniche di rilassamento.

Poi col tempo, nell’approfondimento di certe pratiche, il mio maestro mi aveva fatto comprendere
l’importanza dello Zen in sé, di praticare queste meditazioni proprio come uno spazio, uno stato di
coscienza nella vita di tutti i giorni. Quando noi, mentre scopiamo la casa o camminiamo per la
strada o in ogni momento della vita quotidiana, ci ricordiamo di noi stessi, siamo presenti nello
Zen. Lo Zen non è una religione, ma una disciplina, un veicolo per sviluppare l’osservatore
interiore, il testimone. E’ ciò che avviene quando, ad esempio, siamo coinvolti in una discussione
con qualcuno, quindi siamo identificati con quello che stiamo facendo, e di colpo ci ricordiamo di
noi, vediamo noi stessi parlare con la persona di fronte, e cominciamo a sperimentare la
comunicazione da un altro livello, dal punto di vista dell’osservatore di ciò che ci sta accadendo
in quel momento. Una volta che questo meccanismo è stato appreso, può diventare molto importante per
la trasformazione di strutture, di pattern di comportamento inconscio in comportamenti consapevoli.
Ad esempio, se ci troviamo in una relazione che ci suscita rabbia, possiamo ricordarci di questa
consapevolezza e utilizzare questo osservatore per fermare quello che stiamo facendo e, invece di
reagire istintivamente, possiamo vedere quello che accade ed entrare in un altro livello di
comportamento.

La base della tecnica zen è molto semplice; il primo passo è fermarsi e rilassarsi il corpo e la
mente, il secondo è di osservare i propri pensieri, diventare osservatori di ciò che avviene dentro
di noi. Il cammino dello Zen diventa molto importante, anche a livello terapeutico, proprio perché
funziona come una sorta di autoanalisi. Di solito la nostra mente è piena di pensieri, di ricordi
legati alle relazioni col padre e con la madre. Piano piano, distaccandoci, riusciamo a ritrovare la
neutralità rispetto alla nostra vita passata, ritrovare il nostro vero centro che è meno coinvolto
in quelli che sono i condizionamenti familiari e della società. Questo per lo Zen è la vera
conoscenza. Lo Zen nasce da una matrice buddista, ma non è essenzialmente una religione, non si
identifica con il Buddismo, quindi può essere praticato da buddisti, da cristiani o da qualsiasi
persona che capisce il significato di questa ricerca. Il senso dell’osservatore, di questa coscienza
distaccata, non è un presupposto di qualche determinata religione o via spirituale, ma è un punto
essenziale di ogni religione e anche di tutte le scienze. Nella scienza si è sviluppata questa
capacità di osservare in maniera neutra e distaccata e questo ha permesso ad essa di diventare così
importante; proprio perché è distaccata da ciò che studia lo può studiare con più obiettività. La
cosa importante nelle scienze è che è necessario un senso di fede; in passato gli scienziati erano
delle persone molto creative che conoscevano anche l’aspetto metafisico. Quando si è in uno spazio
di silenzio e di vuoto molte cose vengono a te senza che tu le cerchi, quindi come intuizioni che
vengono conosciute e osservate; durante una delle mie meditazioni ho visto come un triangolo in cui
si creava un relazione tra scienze, arti e spiritualità, quindi ho iniziato a studiare in questa
direzione. In una clinica di Londra abbiamo iniziato a studiare tecnicamente e scientificamente le
tecniche zen in relazione alle persone, allo stress, ai diversi stati patologici.

Queste tecniche zen nello studio sulla ricerca cerebrale sono state applicate con molto successo,
per esempio, agli stati maniaco-depressivi e schizofrenici. Purtroppo non ho portato materiale di
documentazione perché, dopo la morte di Max Cade, siamo andati avanti, abbiamo studiato dei nuovi
apparecchi più sofisticati che ci hanno permesso di acquisire nuovi dati.

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