Tecniche di stimolazione elettrica non invasiva per comunicare con i pazienti in coma

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Tecniche di stimolazione elettrica non invasiva per comunicare con i pazienti in coma

Autore: Edoardo Capuano

Scienziati dell’Università di Liegi (Belgio)(1) studiano come utilizzare tecniche di stimolazione
elettrica non invasiva per leggere l’attività cerebrale dei pazienti in coma e comunicare con loro
in un progetto che è ancora in fase iniziale e testato in pochi pazienti.

Questa è una delle linee di lavoro intorno ai limiti della coscienza discusse di recente a
Barcellona alla prima Conferenza Internazionale sul Cervello e la Coscienza del Progetto Cervello
Umano.

Il neuroscienziato e presidente del comitato scientifico Johan Frederik Storm(2) ha descritto il
lavoro scientifico alla stampa. Egli lo ha definito un programma di ricerca europeo che si occupa
dello studio del cervello nel campo della neurobiologia teorica e sperimentale, nel trattamento
clinico e filosofico.

In un’Europa che invecchia, dove un cittadino su tre affronterà patologie cerebrali ad un certo
punto della propria vita, lo studio della coscienza, quando si verifica un danno cerebrale, è una
delle principali aree di ricerca di questo gruppo di esperti.

Il neurologo Steven Laureys,(3) che guida la ricerca focalizzata sui pazienti in coma
nell’università belga, sottolinea che è molto complicato comunicare con persone in stato comatoso
perché la coscienza è qualcosa di privato e intimo.

Il suo team lavora per trovare metodi affidabili e coerenti per misurare il grado di coscienza nei
pazienti e una delle tecniche applicate a questo riguardo è la lettura delle risposte cerebrali a
domande semplici.

Sebbene il paziente non possa muoversi o rispondere verbalmente a ciò che gli viene chiesto, il suo
cervello reagisce e, attraverso gli elettrodi applicati sulla pelle, gli scienziati possono
identificare quali parti dell’organo sono attivate e stabilire codici che possono essere tradotti,
per esempio, in un “sì” o un “no”. Attraverso metodi come questo, che mettono la tecnologia al
servizio della neurobiologia, in futuro si potrebbe stabilire una comunicazione più fluida e
complessa con i pazienti in stato di coma.

Per affrontare i dubbi filosofici ed etici che possono essere coinvolti in queste indagini, per
esempio riguardo al desiderio di morire di questi pazienti e alla pratica dell’eutanasia, Human
Brain Project(4) integra anche un team di professionisti nel campo delle scienze sociali e della
filosofia.

L’esperto di neuroetica e coordinatore di questo settore alla Kathinka Evers Conference(5)
sottolinea la necessità di applicare questi dati in modo responsabile alla società e ritiene che le
teorie empiriche non vengono mai declassate dalle interpretazioni concettuali. Egli asserisce che se
in un paziente diagnosticato in coma, se viene rilevata una coscienza residua, non si può
interpretare la comunicazione tra la macchina e il cervello in alcun modo.

Un’altra linea di ricerca è il grado di consapevolezza degli animali e la loro capacità di sentire o
pensare, nonché la possibilità che le macchine sviluppino la coscienza in futuro.

Mentre esiste un consenso intorno agli animali come esseri senzienti, il neurologo Steven Laureys
ritiene che è stato storicamente molto egocentrico considerare la coscienza come qualcosa di
esclusivamente umano. La questione della coscienza artificiale è ancora una questione aperta. La
struttura della materia determina se c’è la coscienza e, mentre gli animali sono organici e sono
esseri viventi come noi, le macchine hanno altra materia e non c’è motivo di pensare che la loro
coscienza sarebbe simile alla nostra o che potremmo identificarla in alcun modo.

Durante i due giorni della Conferenza dozzine di professionisti hanno affrontato queste e molte
altre linee di ricerca in un incontro che Johan Storm definisce “storico” e che è il risultato di un
interesse crescente nello studio della coscienza, un argomento che è stato considerato “tabù” nella
comunità scientifica per tutto il XX secolo.

L’obiettivo finale di questo primo incontro e il lavoro sviluppato dai quasi 85 gruppi di ricerca,
che compongono il programma Human Brain Project, è quello di rafforzare la collaborazione tra le
discipline e sviluppare una teoria della coscienza unificata, sebbene gli esperti non abbiano ancora
raggiunto una comune intesa.

https://www.youtube.com/watch?v=jqEq0Nt7MvM

Riferimenti:

(1) Université de Liège

(2) Professor Johan Frederik Storm

(3) Steven Laureys, MD, PhD, leads the Coma Science Group at the GIGA (ULg) and Department of
Neurology, Sart Tilman Liège University Hospital

(4) Human Brain Project

(5) Kathinka Evers Conference

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