TECNICHE PER IL SUPERAMENTO DI OSTACOLI ALLA VOLONTA’ (PARTE PRIMA)
di Marco Ferrini
IL COMPLESO D’INFERIORITA’
Tra gli ostacoli allo sviluppo di una Volontà ferma ed efficace è possibile evidenziare il Complesso
d’Inferiorità. Il Complesso d’Inferiorità induce chi ne è soggetto, a misurarsi costantemente con
eccellenze altrui generando inevitabilmente spirito di competizione e spesso, conseguentemente,
frustrazione. Tale atteggiamento mentale, producendo ansia e lotte per motivazioni e scopi
sostanzialmente sbagliati, indebolisce la Volontà. Due infatti principalmente i rischi
nell’assunzione acritica di modelli esterni a se stessi: il primo è di assumere modelli erronei, che
apparentemente, a causa di una qualche forma di idealizzazione riteniamo utili e gradevoli, ma che
ad un livello di analisi più approfondito nascondono problematiche o risultano distruttivi. Il
secondo pericolo da evitare, seppur in presenza di un modello valido da seguire, è una pericolosa
forma di competizione che potrebbe derivarne: ogni persona è depositaria di una o più abilità ed
essendo le persone eterogenee, il fatto di misurarsi competitivamente in qualche singola attività
appare alquanto privo di significato, perché il possedere una specifica dote non conferisce maggior
valore ad una certa persona rispetto ad un’altra dotata di altri, diversi, talenti. Inoltre, chi è
succube del Complesso d’Inferiorità, a causa del bisogno di compensazione, simposta a livello
inconscio come fosse dotato di una inconfutabile superiorità rispetto a tutto ciò che lo circonda,
tendendo così a presentarsi in maniera autoritaria, pensando, esprimendosi e agendo in termini
perentori.
E infatti proprio questa affermazione di indiscutibile superiorità a costituire la trappola per
tale categoria di individui. Per poter sviluppare una sana Volontà, sobria e forte, la ricetta è
semplice: essere se stessi! Né inferiori, tanto meno superiori a qualcosa o qualcuno, ma soltanto se
stessi. Se si raggiunge tale scopo sarà possibile non solo superare il Complesso d’Inferiorità, ma
anche testimoniare con gioia l’incremento di una Volontà sana, gioiosa e lungimirante. Essere se
stessi significa conoscersi realmente, nella dimensione più intima, profonda, spirituale. La
mancanza di conoscenza di sé stessi genera notevoli scompensi psicologici, tra cui, il più
frequente: lo smarrimento didentità, con il conseguente impellente bisogno di una ennesima falsa
identificazione: unaltra maschera. Questo meccanismo può protrarsi allinfinito e rappresenta
pertanto una potente quanto inesauribile fonte di condizionamento. La persona deve imparare a
liberarsi da qualsiasi maschera e riconoscere il proprio volto, la propria identità spirituale
(nitya-svarupa): tale identità costituisce la propria individualità, peculiarità, irripetibilità.
Cosciente di ciò riuscirà rapidamente a valorizzare la propria singolarità, scoprendo il proprio
valore nella specificità che la caratterizza. Queste scoperte conferiscono enorme e sana fiducia in
sé stessi e consentono lo sviluppo della personalità e della Volontà: una Volontà forte, ma
compassionevole, lungimirante; una Volontà che si avvale della lungimiranza e della sicurezza
derivante da un’oggettiva stima delle proprie intrinseche qualità, non più su mutevoli modelli di
riferimento altrui, ma sulla consapevolezza della inesauribile disponibilità della propria natura
spirituale.
Dunque, l’obiettivo cui si deve tendere è, non imitare o emulare artificialmente altro da sé,
bensì, in virtù di un autentico modello superiore, sviluppare, elaborare la migliore versione di se
stessi. Per contro, si deve anche comprendere che non è una reale consapevolezza, una certezza
verificata oggettivamente il non essere dotati di qualità o il non possedere Volontà, ma è la
sensazione soggettiva stessa del sentirsi senza Volontà a costituire il problema: il Complesso
dell’Assenza di Volontà. Il sentirsi svogliati, privi di Volontà, sono semplicemente sensazioni nate
da una falsa interpretazione dei fatti che il soggetto non ha verificato e a cui non ha risposto in
maniera psicologicamente adeguata e pertanto si trova a subire nella forma di Complesso. Questa
percezione errata di sé produce malessere, risentimento; talvolta persistono vecchi rancori che,
come a serpenti addormentati nell’inconscio, il soggetto fornisce nutrimento nella forma di risposte
automatiche agli eventi, peggiorando nel tono e nei contenuti tutte quelle situazioni che in qualche
modo gli rievocano le cause originarie che costituirono il Complesso in oggetto.
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