Tecnologia che legge il pensiero: dati cerebrali troppo a rischio

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Tecnologia che legge il pensiero: dati cerebrali troppo a rischio

Quello che accade nel nostro cervello è sempre più merce di scambio per l’industria delle
neurotecnologie. Ma il vuoto normativo è un pericolo: in California la nuova legge per limitare
l’accesso alle attività neurali.

10 ottobre 2024 – Giada Giorgi

Promettono di aiutarci nella meditazione, nel miglioramento della concentrazione, nel sonno,
nell’umore e ancora nella capacità di memorizzazione e apprendimento. Sempre più app e oggetti tech
puntano al nostro cervello, raccogliendo così quotidianamente preziosi dati cerebrali: cosa
pensiamo, quali intenzioni ci animano, che tipo di frequenze ed emozioni proviamo in risposta a uno
stimolo, attività o prodotto.

Negli ultimi anni l’enorme database cerebrale è diventato uno degli obiettivi principali del mercato
tech trasformando la codifica dei pensieri in una remunerativa fonte di guadagno. Attraverso
algoritmi sofisticati quello che accade nel nostro cervello si trasforma in dato scambiabile:
frontiera affascinante quanto pericolosa soprattutto per il vuoto normativo che tuttora fa da ombra
alle modalità di utilizzo delle big tech.

COME TI LEGGO NEL PENSIERO. Si chiamano dispositivi neurotecnologici e sono già da diverso tempo
disponibili in commercio per singoli acquirenti che vogliano sperimentare. Dalla fascia da applicare
attorno alla testa per stimolare la meditazione alle cuffie con rilevamento cerebrale per migliorare
memoria e umore, molti degli strumenti messi sul mercato utilizzano l’elettroencefalografia come
tecnologia d’avanguardia, capace di leggere e registrare le attività neurali del soggetti. Modelli
simili a onde forniscono così un’immagine in tempo reale del cervello al lavoro.

Gli scienziati continuano ad approfondire le enormi potenzialità della neurotecnologia: lo studio
pubblicato sul National Library of Medicine spiega come i ricercatori siano stati in grado di
analizzare le attività cerebrali delle persone e ricostruire ciò che poco prima avevano visto in
alcuni video a loro sottoposti. La ricerca dal titolo Una neuroprotesi ad alte prestazioni per la
decodifica vocale e il controllo degli avatar comparsa su Nature mostra come gli studiosi abbiano
usato l’attività cerebrale di una donna paralizzata per aiutarla a trasmettere il linguaggio e le
espressioni facciali attraverso un avatar su uno schermo.

Un mezzo dunque potentissimo per mappare gli stati di coscienza, studiare i disturbi neurologici,
scoprire i misteri del sonno e che oggi si rivela preziosa frontiera di ricerca per medici e
scienziati. Nell’utilizzo da parte dei singoli utenti invece la promessa è quella per esempio di
fornire per un feedback in tempo reale sulla propria attività cerebrale al fine di rafforzare lo
stato meditativo che si vuole raggiungere. I modelli delle onde cerebrali assieme alla frequenza
cardiaca e alla respirazione vengono sintetizzati e comunicati attraverso un feedback audio
all’utente che saprà così in ogni momento informazioni sul proprio stato mentale.

NON SI ENTRA SENZA REGOLE. Per grandi passi tecnologici servono forti impianti normativi a limitarne
rischi e conseguenze. È per questo che uno dei temi al centro del dibattitto della neurotecnologia è
l’ancora grande vuoto normativo in cui navigano scienziati e aziende produttrici. A differenza dei
dispositivi medici, che devono spesso rispettare leggi sulla salute, i dispositivi di
neurotecnologia dei consumatori non vengono in gran parte regolamentati.

Un rapporto sul tema arriva dalla Neurorights Foundation, gruppo di advocacy promotore di azioni
legislative per proteggere i dati cerebrali delle persone in tutto il mondo, ha esaminato i
documenti di 30 aziende produttrici concludendo che quasi tutte le realtà risultano avere pieno
accesso ai dati neurali delle persone senza limitazioni significative che ne limitino la conoscenza
e l’utilizzo. Più della metà, tra l’altro, consente esplicitamente di condividere i dati degli
utenti con terze parti.

LA NUOVA LEGGE. Per i motivi finora spiegati uno degli hub tecnologici più in fermento del mondo,
con decine di migliaia di startup in crescita, ha deciso di compiere un passo avanti sulla necessità
di regolamentazione sui dati neurali: la California ha ufficialmente approvato una nuova legge per
proteggere i dati cerebrali raccolti dalle aziende neurotech. La firma apposta dal governatore Gavin
Newsom ha l’obiettivo dichiarato di tutelare le persone da eventuali usi impropri.

La nuova legge approvata sia dall’Assemblea dello Stato della California che dal Senato modifica
l’attuale California Consumer Privacy Act, la legge sulla privacy personale del Paese, includendo la
dicitura “dati neurali” sotto la categoria di “informazioni personali sensibili”. Questo include i
dati generati dall’attività cerebrale di un utente e dalla rete dei nervi che si estende al resto
del corpo. Una decisione che renderà in grado anche i singoli utenti di richiedere, eliminare,
correggere e limitare i dati che una società neurotech raccoglie su di loro.

«La legge arriva in un momento critico», spiega Rafael Yuste, neuroscienziato della Columbia
University, «gli scienziati sono già stati in grado di decodificare i pensieri e i sentimenti delle
persone con sorprendente precisione. Quello che era fantascienza, in realtà non è più fantascienza».

pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21945275/

www.ncbi.nlm.nih.gov/

www.nature.com/articles/s41586-023-06443-4

www.nature.com/nature/journal-staff

neurorightsfoundation.org/mission

oag.ca.gov/privacy/ccpa

ntc.columbia.edu/rafael-yuste/

bit.ly/4dF8Zj0

da focus.it

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