04 dicembre 2013
Nel teletrasporto quantistico è possibile usare fotoni che provengono da sorgenti differenti, con
grandi vantaggi per l’uso di questa tecnica. Lo ha dimostrato uno studio in cui sono stati usati un
laser e un diodo a emissione di luce per generare fotoni sfruttati come vettori dell’informazione
quantizzata, ottenendo una notevole fedeltà nella trasmissione. Il risultato è importante per le
tecniche che sfruttano la meccanica quantistica grazie a cui ottenere una crittografia sicura (red)
lescienze.it
Il teletrasporto quantistico dimostrato per la prima volta solo qualche anno fa, è diventato un
fenomeno riproducibile con un gran numero di sistemi fisici diversi. Oggi i ricercatori studiano
come realizzare dispositivi con cui sfruttare il teletrasporto in modo affidabile per trasferire
informazioni, nella prospettiva di integrare questi dispositivi in network di telecomunicazioni
quantistiche.
Un passo in avanti in questo lunga e difficile strada è stato compiuto da Mark Stevenson e colleghi
della Toshiba Research Europa a Cambridge, nel Regno Unito, in collaborazione con i Cavendish
Laboratory dell’Università di Cambridge, autori di uno studio pubblicato sulla rivista Nature
Communication. Stevenson e colleghi hanno superato quello che era ritenuto un limite fondamentale
per il teletrasporto: l’utilizzo di sorgenti diverse per ottenere i fotoni.
Attualmente, il più ambizioso progetto delle ricerche nel campo dell’ingegneria informatica è la
realizzazione del computer quantistico, un dispositivo di calcolo in cui i tradizionali bit, cioè le
unità d’informazione binaria che codificano l’informazione assumendo i valori 0 e 1, verrebbero
sostituiti da qubit, ovvero i bit quantistici. A fare da supporto fisico ai qubit non sarebbero più
dispositivi elettronici con due stati, per esempio un interruttore che può essere aperto (valore
0) o chiuso (valore 1), ma gli stati quantistici di sistemi microscopici che possono avere non
solo due valori diversi, come per esempio lo spin di uno ione, che può assumere due direzioni
opposte tra loro, ma anche una sovrapposizione di stati diversi, ampliando enormemente la potenza di
calcolo.
Questi sistemi avrebbero la funzione di nodi di un network e per dialogare tra loro devono essere
in grado di comunicare. A questo scopo, una delle vie più promettenti è il teletrasporto, cioè la
comunicazione a distanza di uno stato quantistico, resa possibile dal uno dei più enigmatici effetti
della meccanica quantistica, l’entanglement, una correlazione tra gli stati di due particelle
opportunamente preparate che si mantiene anche quando le particelle in questione vengono allontanate
a distanza arbitraria.
Tra i tanti sistemi studiati come supporto fisico dei bit quantistici ci sono i fotoni. Queste
particelle elementari hanno alcuni vantaggi notevoli, ma la loro larghezza di banda e la loro
energia è determinata dal sistema quantistico che li genera.
Nel loro studio Stevenson e colleghi hanno dimostrato che in un protocollo di teletrasporto
quantistico è possibile usare fotoni che provengono da sorgenti molto diverse, un laser e un diodo a
emissione di luce, con una differenza nella larghezza di banda addirittura di un fattore 100.
Nonostante ciò, il teletrasporto è riuscito con una fedeltà media di 0,77: in alte parole, la
trasmissione dello stato quantistico avveniva in modo corretto nel 77 per cento dei casi.
Il risultato, sostengono gli autori, potrebbe trovare utile applicazione nella realizzazione di relè
quantistici, di network per la distribuzione a chiave quantistica, una tecnica basata sulla
meccanica quantistica che consente una crittografia assolutamente sicura.
Lascia un commento