Teoria degli Stereogrammi

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Teoria degli Stereogrammi

La normale percezione visiva dell’uomo avviene in modo binoculare, cioè attraverso i suoi due occhi.
Ciascuno dei due occhi che possediamo è già un perfetto meccanismo visivo a sè stante, pertanto ogni
volta che osserviamo un oggetto che ricade nel nostro campo visivo, in realtà noi lo vediamo due
volte: una volta con l’occhio destro ed una volta con l’occhio sinistro. Poichè gli occhi sono
posizionati sulla faccia ad una distanza di circa 6,5 centimetri l’uno dall’altro, ogni occhio
vede il medesimo oggetto da una angolazione prospettica leggermente diversa dall’altro. A questo
punto poi interviene il cervello che sovrappone le due immagini, risultanti dalla visione
dell’occhio destro e dell’occhio sinistro, e le elabora in una sola, fondendo le parti identiche
ed inserendo in un modo intellegibile le differenze risultanti fra di loro. Tale processo viene
chiamato scientificamente “Stereopsi”, cioè fusione di due immagini. In tale modo il nostro
cervello costruisce una visione tridimensionale dell’oggetto stesso, partendo dalle due visioni
bidimensionali che gli occhi producono mentre osservano l’oggetto da differenti prospettive.
Avere la visione tridimensionale di un oggetto vuol dire considerare non solo la sua larghezza e la
sua altezza, ma anche la sua profondità, cioè la distanza alla quale è situato l’oggetto
nello spazio in relazione alla nostra posizione.

Il termine “Stereoscopia” infatti significa esattamente proprio “Visione Spaziale”, in quanto
etimologicamente tale termine è composto dalle parole greche “Stereo”, che significa “Spazio” e
“Skopein”, che vuol dire “Vedere”. Tale fenomeno della visione binoculare fu scoperto per la
prima volta nel 1838 dal fisico inglese Charles Wheatstone, che inventò lo stereoscopio: un
apparecchio che ricomponeva, grazie ad un sistema di specchi, due immagini poste a pochi
centimetri l’una dall’altra e raffiguranti lo stesso oggetto, ma con un angolo di visuale
leggermente diverso, riuscendo così ad ottenere in questo modo la sensazione di profondità
spaziale. Nel 1839 venne inventata la fotografia e ci si rese ben presto conto che l’occhio umano
è molto simile ad una fotocamera. Si riuscì poi ad ottenere delle immagini virtualmente identiche
a quelle prodotte da ognuno dei nostri occhi, tramite una particolare macchina fotografica
stereografica, dotata di due obiettivi, posti a circa 6,5 cm l’uno dall’altro, ognuno dei quali
scattava una foto dello stesso oggetto da angolazioni diverse, proprio come per gli occhi umani.
Successivamente con speciali apparecchi visori od anche solamente grazie ad una particolare
tecnica, fu possibile ricostruire, partendo dalle due fotografie, una visione tridimensionale
dell’oggetto fotografato.

Il fenomeno della stereoscopia fotografica divenne una moda e restò a lungo al centro
dell’attenzione popolare, poi pian piano cadde nel dimenticatoio. Oggi è possibile tramite il
computer generare delle immagini di uno stesso oggetto con prospettive paragonabili a quelle
visualizzate dai nostri occhi, così da poter realizzare immagini stereoscopiche, proprio come
quelle prodotte da quelle antiche macchine fotografiche con 2 obiettivi che tanto successo ebbero
nel secolo passato. Chi è interessato a produrre simili immagini con il computer, può consultare
l’apposito tutorial, da me scritto a tal proposito. Un particolare aspetto della stereografia è
quello della visualizzazione delle immagini stereografiche, così da ottenere una unica immagine
tridimensionale, partendo da due immagini bidimensionali.

Nel secolo scorso esistevano appositi visori che rendevano estremamente facile tale visione,
oggi purtroppo non è possibile utilizzarli, in quanto non vengono più prodotti, ne
commercializzati. Tuttavia è ugualmente possibile visualizzare in un modo corretto un’immagine
stereografica, utilizzando particolari tecniche, senza l’aiuto di
strumenti esterni, ma utilizzando esclusivamente i nostri occhi.

Le tecniche sono diverse, ma le principali sono due:

La prima, detta “Metodo della Visione Parallela”, consiste nel porre il viso vicino al monitor,
tenendo gli occhi chiusi e sfiorando con il naso lo schermo. Bisogna poi riaprire gli occhi,
guardando le due immagini apparentemente simili che si hanno di fronte, senza focalizzare lo
sguardo al centro dello schermo, ma allontanandosi lentamente dallo stesso, tenendo gli occhi
rilassati e nella posizione iniziale, cercando di guardare un punto che si trovi oltre lo
schermo che si ha di fronte. Ben presto gli oggetti sullo schermo appariranno come sdoppiati ed
il loro contorno sarà confuso, poi si formerà una terza immagine al centro delle due che ci
stanno di fronte. Questa terza immagine apparirà a mezz’aria, come ad una distanza media fra noi e
lo schermo, e sarà tridimensionale, come un ologramma, con un accentuato carattere di profondità in
alcune delle sue parti. Pertanto questo primo metodo consiste nel guardare le immagini come se
volessimo mettere a fuoco un punto che sta oltre le stesse. Così facendo le linee di visione dei
due occhi arrivano sull’immagine quasi parallele. L’immagine qui a destra vi aiuterà a capire
tale concetto:

La seconda tecnica, detta “Metodo dello Sguardo Incrociato”, consiste nel cercare di focalizzare
il nostro sguardo in un punto medio fra i nostri occhi e la coppia di immagini che si trovano
sullo schermo. Con questa tecnica è però necessario porre l’immagine relativa all’occhio
sinistro sulla destra e viceversa. Per aiutarsi a focalizzare il punto medio, si può utilizzare
il proprio dito indice, fissandovi lo sguardo sopra e spostandolo verso e lontano dalle
immagini sullo schermo, finchè non ci apparirà l’immagine stereografica tridimensionale.
Pertanto questo secondo metodo consiste nel guardare le immagini, incrociando lo sguardo su un
punto più vicino a noi rispetto alle immagini stesse. Facendo così le linee di visione dei due
occhi arrivano sulle immaginini in modo incrociato. L’immagine qui a sinistra vi aiuterà a
capire questo altro concetto. Quello che abbiamo esaminato finora e che verrà visualizzato su
queste pagine è lo Stereogramma Basilare, detto anche Autostereogramma, composto da una coppia di
immagini affiancate, ciascuna larga circa cm.7 ed apparentemente uguali, ma leggermente
differenti dal punto di vista prospettico. Tale stereogramma rappresenta la simulazione
fedele del particolare, ma efficiente meccanismo visivo tridimensionale umano.

Ricordiamo brevemente però che successivamente vennero scoperti altri tipi di stereogrammi:

– RDS, o Random Dot Stereograms, presentati per la prima volta nel 1972 dal Dr. Bela Julesz
del M.I.T. e che consistono in un apparente coppia di disegni puntiformi casuali ed
irrazionali che invece mostrano, se vengono osservati in un modo particolare, una singola
immagine tridimensionale razionale e definita.

– Shutter Stereograms, in cui viene utilizzata una tecnica chiamata “Tachistoscopica”, con la
quale viene generata una immagine per l’occhio destro ed una per l’occhio sinistro ed un
otturatore chiude alternativamente la vista di un occhio, mentre l’altro occhio visualizza
l’immagine a lui dedicata. La velocità di otturazione alternata delle immagini è così
veloce da non essere avvertita a livello cosciente. Tale tecnica viene comunemente usata da
alcuni sistemi di realtà virtuale.

– Anaglifi e Filtri Polarizzanti: Si tratta di metodi stereoscopico basati sulla differente
colorizzazione o polarizzazione delle immagini, che ad una normale visualizzazione appaiono
come deformate. Particolari occhiali con lenti destre e sinistre, colorate o polarizzate in
modo differente fra di loro, danno a ciascun relativo occhio informazioni differenti sulle
immagini, generando una visione tridimensionale delle stesse.

– SIS, o Single Image Stereogram, presentati per la prima volta nel 1979 da Christopher W.
Tyler. Sono gli stereogrammi più conosciuti oggigiorno e sono composti da un’unica immagine
e non più da due immagini affiancate come quelli fin qui esaminati. Se vengono esaminati in
un modo particolare i Single Image Stereogram mostrano un’immagine tridimensionale, che ad
una visualizzazione normale e superficiale non viene avvertita. A loro volta si suddividono
in ulteriori sottospecie:
– SIRDS, o Single Image Random Dot Stereogram, che equivalgono agli RDS, ma partono da una
singola immagine casuale e puntiforme.
– SIRTS, o Single Image Random Text Stereogram, che è come un SIRDS, ma che usa del testo
ASCII casuale invece dei punti casuali, per generare l’immagine tridimensionale definita.
– SITS, o Single Image Texture Stereogram, che è come un SIRDS, ma che usa una texture
al posto dei soliti punti casuali, per generare l’immagine tridimensionale definita.

www.ffranceschi.com/midima/stetuit1.html

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