TERAPIE SPIRITUALI – 1

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TERAPIE SPIRITUALI – 1

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

MED.67.000 – LE MEDICINE SACRE

La riscoperta del corpo sacro

La visione olistica che si sta sviluppando sincronicamente in tutte le parti del pianeta rappresenta
di fatto la prima incerta ma consapevole forma di cultura planetaria.

Dei molti punti fissi di questa cultura emergente uno dei più centrali è sicuramente relativo al
corpo.

Nella cultura degli ultimi secoli e in particolare dal Settecento in poi si è andato via via
radicando il paradigma scientifico di una materia “inanimata” bruta, grossolana, senza vita né
consapevolezza, nettamente separata dalla psiche e dalla coscienza di sé. Il corpo, secondo questa
insana cultura materialista e dicotomica, viene quindi al massimo riconosciuto come la macchina
biologica in cui risiede l’anima divina. Questa dicotomia porta a considerare ogni forma materiale
come un oggetto senza altra funzione che quella di servire l’uomo.

Nella nuova cultura emergente questa divisione viene superata da un differente approccio di fondo il
“paradigma olistico” in cui l’intera esistenza è una sola infinita intelligenza, un’unica grande
vita cosciente e quindi olograficamente e sincronicamente, ogni singola particella di “materia”,
come il fotone o l’elettrone, è percepito come una vita cosciente e intelligente. Materia e
coscienza diventano dimensioni polari della stessa inscindibile unità vivente. Nell’atomo come nella
balena o nel Sole.

Questa dimensione sacra della materia e del corpo era peraltro già stata ampiamente vissuta e
descritta da mistici e saggi di ogni epoca.

Con l’evoluzione della complessità anche la primitiva ed archetipica coscienza atomica si addensa in
una coscienza sempre più espansa e matura fino al corpo dell’uomo, l’espressione della materia al
suo più alto grado di evoluzione e complessità. Il corpo, che nei secoli passati è stato
maltrattato, vilipeso, coperto e nascosto, ritenuto sede di desideri demoniaci o mero strumento di
attività fisica, viene riscoperto come un tempio nella sua sacralità, come un “campo di coscienza
vivente” che chiamiamo Cyber, come una rete di informazioni in costante flusso di comunicazione
(Perth), come un sistema altamente intelligente ed autoorganizzantesi (Prigogine, Maturana e
Varela).

I’obbiettivo di tutta la nuova cultura olistica è mostrare come proprio le due dimensioni più
antagoniste: quella scientifica della materia fisica e quella religiosa della coscienza e del sacro
trovano il loro punto di unificazione, la “coniunctio oppositorum”, proprio nell’esperienza del
corpo.

E così dalla sperimentazione profonda del corpo, iniziata da Reich e continuata con Lowen, Boadella,
Grossman (vedi campo 5° – bioenergetica) e altri si raggiunge l’esperienza della spiritualità –
dimensione sacra, e per contro maestri spirituali come Osho Rajneesh utilizzano le terapie corporee
come strumenti preziosi per accelerare 1’evoluzione interiore. Sembra che recentemente anche il
Dalai Lama abbia consigliato i suoi monaci in giro per il mondo di interessarsi alle terapie
psicosomatiche per il loro potenziale nello sviluppo spirituale.

I cammini che sembravano divergere portano invece allo stesso luogo: il punto, dentro di noi
dell’esperienza globale, dove corpo e coscienza si rispecchiano uno nell’altra e si riscoprono come
unità vivente e visione olistica.

“Strano – scrive Mère nella sua agenda (vedi campo Zero) – la coscienza è diventata sempre più
diffusa e il corpo è come se ci naviga dentro.. Come un oceano di luce che continua a fare il suo
lavoro.. Come un’unità, un’unità fatta di innumerevoli punti brillanti. Una SOLA coscienza fatta di
innumerevoli punti coscienti di sé stessi. Che pero non ne è la somma! Non è una somma, è un’unità.”

Matgioi – la via armonica del tao – Evoluzione come salute e consapevolezza sottile
di Italo Bertolasi

“È con la dolcezza, col silenzio e l’inazione – sarebbe a dire con la concentrazione dell’energia –
che l’uomo arriva a comandare alla natura e agli altri uomini” scrive Matgioi l’uomo dagli occhi di
luce, maestro di Renè Guènon e dotto commentatore dei libri di Lao Tze.

Matgioi incontra il Tao – la via celeste delle virtù – dopo essersi arruolato nella Legione
Straniera e dopo aver girato in lungo ed in largo il Tonchino, il Nord Vietnam.

È attratto dagli scrigni di saggezze orientali, dalle dottrine di fisiologia occulta dell’uomo, e da
quegli specchi magici in cui ognuno può osservarsi e riflettere sulle spesso misteriose e invisibili
reazioni del comportamento umano.

Matgioi è affascinato dalla favola di Lao Tze che nasce dal ventre vergine di una donna fecondata
dalla luce delle stelle dopo 70 anni di gestazione. Nasce già vecchio con uria folta chioma di
capelli argentei, con la fronte solcata da un’enorme ruga, saggio e parlante.

Di lì a poco questo vecchio fanciullo distilla succhi di giada, vini d’oro e ambrosie dalle pietre e
dalle erbe selvatiche che tutti disprezzano.

Visse 300 anni scoprendo i segreti della longevità dai pini centenari, nudo e sprezzante del
successo e delle altre meraviglie che lasciò amministrare a saltimbanchi e a pseudo dottori.

Non fu guru, maestro, santo, ma solo un uomo che credeva nel potere straordinario del lavoro
cosciente, dell’uso magico e psichedelico del proprio corpo è carico di gloria, suo malgrado, spari
in alti deserti di montagna.

Nelle vecchie stampe è dipinto come un vecchio incurvato ad uncino e accartocciato, rugoso e nodoso,
simile ad un nano deforme. Lao Tze sparisce in un mondo ritorto e nodoso, magico e medicinale che
offre ai vagabondi effluvi del Cielo, rugiade, alberi sacri e ancora sole e luna e stelle.

La dottrina taoista nasce allora dal desiderio umano di conformarsi alla vita dei vecchi immortali,
dal piacere di fondersi con l’acqua che scorre e con i venti che muovono le nubi e le fronde. Si
inventano medicine e danze per prolungare la vita ricopiando i movimenti delle stelle, i balzi dei
delfini in amore, il volo delle aquile.

Si immagina il nostro corpo come un aggregato di Ki, energia primordiale che si consuma vivendo, è
che si potenzia o si disperde per segrete sinergie.

Yin e Yang, maschio e femmina, Cielo e Terra, luce e buio si contrappongono o si assorbono l’un
l’altro favoriti da fattori esterni e da “passioni”.

Il corpo umano è formato da Xuong, materia e da Mau, sangue, che sono elementi inferiori riuniti fra
di loro da una volontà celeste, chiamata Thin, che è anche l’anima.

Il corpo si rinforza allora per alcune qualità del sangue: l’agilità, il calore, e con sforzi
fisiologici per conservare ed accumulare energia. Disequilibri e malattie entrano in noi da “sette
porte”, quando si è deboli perché si è aggrediti da fattori esterni: troppo umido, condizioni di
vita innaturali, inquinamento… o quando per “anemie” interne si disperdono umori preziosi, sangue,
sperma.

Una perdita di Ki si ha sempre negli stati di stress emotivi, quando si è gelosi angosciati e quando
si è in tensione; i blocchi e i malesseri mandano in tilt le delicate interconnessioni corpo –
spirito e Terra – Cielo.

Per non ammalarsi “non bisogna aprire la porta per fare entrare il vento”. E si consiglia: “Chiudi
la tua porta e conservati!”.

Per curarsi e allungare la vita bisognerà quindi mantenere la mente quieta e immobile come la
roccia, mantenendo integro il più a lungo possibile quel patrimonio di Ki affidatoci alla nascita.

Nelle scuole di Verità, nascoste nei monti dello Huasban e in altri monti sacri della Cina, si
insegnano esercizi di respirazione – Qigong -, massaggi e danze armoniche per rilassare lo xiadan –
il basso ventre e per tonificare la peristalsi e la circolazione.

Sia la medicina taoista che quella tradizionale cinese vedono nel fegato il “vaso di cinabro”,
sorgente della vita, connesso con gli organi sessuali, i cui ormoni giocano un ruolo primario nel
processo di crescita e di invecchiamento.

Il Qigong insegna allora a respirare piegandosi come i rami degli alberi centenari che con le loro
gobbe allungano i canali e il percorso della linfa.

Abbracciando gli alberi, rovesciandosi all’indietro con gli occhi al cielo, si potrà così copiare la
torsione dei vecchi pini, rallentando la circolazione e il respiro per poter così allungare la vita.

Il taoista si contorce, allunga il collo, stira le membra e si sospende rovesciato; per raggiungere
lo stato naturale egli comincia con l’imporsi una deformazione, una ginnastica particolare. Gli
alberi quieti ed incoscienti vivono rovesciati e le radici sono la loro testa e i loro capelli; rami
e foglie sono peli e capelli delle montagne, mentre le pietre sono le ossa della Terra. Le essenze
degli alberi Tsing sono medicine e, ancora, spiriti femminili dai capelli disfatti.

Nelle danze e nei respiri, nel Qigong, ci si muove spiriti dal piacere per sciogliere quei nodi e
quei blocchi emozionali che impediscono il libero fluire del Ki.

Così ci si curerà e si schiarirà la mente che, non più affaticata da un uso miope e utilitaristico,
si accenderà all’estasi e alle visioni.

Imparando dalla natura l’uomo dovrà così consumare con parsimonia il proprio Ki e “… vivere il
meno possibile”.

Dovrà proteggersi, non mostrarsi non lottare contro se stesso e contro gli altri.

Scrive Lao Tze: “Curvo per essere intatto, dritto per essere spezzato; .. l’uomo saggio non si vede,
tuttavia riluce, egli non si agita, tuttavia agisce… egli non è agitato e perciò nessuno gli si
agiterà contro”.

E Matgioi commenta: “… il saggio che non ha riempito lo spirito con mille nozioni umane, può
essere riempito dalle nozioni della Via… per il saggio la sua luce, la sua azione sono interiori e
dovrà mostrare agli altri un’esteriorità opposta cosi da non adombrare nessuno”.

Discutevo di tutte queste cose con un maestro di Qi Gong, We Zhang, che è anche un famoso atleta
cinese; eravamo a Pechino in cima alla “collina del carbone” nel parco di Jingshan e osservavamo un
vecchietto che, mentre faceva Qi Gong, cantava.

Zhong mi tradusse quella cantilena che dice pressappoco cosi: “… Cibi d’ambrosia li mangerei abiti
belli li porterei paese tranquillo vi risiederei ogni cosa bella la custodirei… “.

Quel danzerino ottuagenario aveva un viso sereno e sorridente; io mi avvicinai e lo fotografai
Allora Zhong mi canzono: “La grande virtù è come un abisso, e chi conosce la via è come un profumo,
invincibile”.

TECNICHE DI MEDITAZIONE

Kundalini: il serpente del risveglio interiore – esperienze di energia e crescita spirituale
di Kowalsky

La tradizione religiosa del paleolitico e del neolitico ritrovava nel serpente il simbolo della
forza generatrice e creativa.

La stesa tradizione rimase nell’India dopo la discesa della razza ariana che nel serpente vide
raffigurata la potenza divina della creazione sia a livello cosmico che a 1ivello umano.

Nell’immagine dell’uovo cosmico primordiale, Brahma, la divinità suprema, riposa su di un enorme
serpente delle innumerevoli teste. Questa forza, dall’uovo primordiale, genererà infinite unità
olografiche ad essa simili che formeranno gli universi. La stessa forza originaria e divina è quindi
presente in ogni creatura, proprio come in ogni cellula esiste lo stesso DNA.

Nell’uomo quella forza potenziale chiamata Kundalini, giace assopita, avvolta tre volte e mezza su
se stessa, alla base della colonna vertebrale.

Kundalini è la forza divina nascosta in noi, che attende di essere risvegliata.

Le scuole dl Tantra e di Kundalini Yoga da millenni, attraverso innumerevoli generazioni, hanno
trasmesso da Maestro a discepolo i metodi e le tecniche per portare al risveglio spontaneo questa
energia e per canalizzarla lungo l’asse verticale del corpo, il canale Sushumna, dal primo Chakra,
alla base della colonna vertebrale, fino al settimo, alla sommità della testa. Questo tragitto
riassume in sé i gradini dell’evoluzione, dal primo Chakra, relativo all’energia atomica, al secondo
dell’energia cellulare/biologica, al terzo dell’energia emozionale istintiva degli animali, al
quarto dell’energia psichica, al quinto dell’energia eterica, al sesto dell’energia divina, al
settimo dove la Kundalini si fonde con l’energia del Tutto: l’Illuminazione, lo Yoga.

Nel Tantra l’esistenza è vista come un’unica energia cosciente. L’aspetto energetico è impersonato
da Shakti, archetipo della sostanza femminile, la materia (da mater), e la coscienza è impersonata
da Shiva, il principio maschile. E’ dal loro continuo amplesso, dalla loro unione estatica che
l’universo continua a muoversi e ad evolvere. Nel Tantra ogni cosa è energia.

La salita di Kundalini è un processo studiato da migliaia di ricercatori del passato e che è ancora
ben visibile al giorno d’oggi. La mia esperienza dell’energia Kundalini nasce dall’incontro con
Bhagwan Shree Rajneesh, il più profondo e rivoluzionario maestro tantrico della nostra epoca.

la presenza del maestro accelera grandemente l’evoluzione individuale del discepolo, sia grazie alla
sua capacità di stimolare e far salire la kundalini attraverso un semplice atto di volontà, sia
grazie a tecniche precise di riapertura energetica e psicofisica che all’inizio vengono eseguite
direttamente da lui e poi anche da soli.

Il mio primo incontro con Bhagwan, ora Osho, fu un’esperienza fondamentale… in sua presenza la mia
energia si mosse dal basso e inondò il mio essere fino alla sommità della testa e oltre. Diventai
suo discepolo, un sannyasin, mi vestii di arancio e iniziai a vivere la vita che avevo sempre
sognato.

Nel Tantra non esistono leggi o regole, esiste solo il gioco sacro della libertà e della
consapevolezza, la sfida di essere nel mondo senza essere del mondo. A più riprese negli anni
successivi, durante gli Energy Darshan, gli incontri serali, Osho mi toccò in fronte facendomi
entrare in stato di coscienza espansa e di intensa consapevolezza, una volta il mio corpo quasi
svenne dall’impatto mentre io ero pervaso dalla presenza del maestro. Il tutto accrebbe il mio
desiderio di evolvermi e di riaprire in me le porte del divino, di ritornare ad essere uno con il
Tutto.

Esiste riportata in letteratura una vasta serie di esperienze di salite di Kundalini, alcune delle
quali di carattere drammatico e sconvolgente, nella mia esperienza e in quella di moltissimi amici
questa salita era invece molto più dolce e delicata. .Ritengo che vi sia una “salita” di carattere
improvviso e con effetti altamente trasformativi che porta ad uno stato di Illuminazione o Samadhi,
come ad esempio quella riportata da Gopi Krishna e dagli antichi testi tantrici, ed una “apertura”
di questa energia verso l’alto, dovuta ad una armonizzazione globale delle nostre energie
psicofisiche, ossia una “salita naturale e spontanea” sincronica ad uno sviluppo interiore e ad un
più profondo stato di fluidità.

E’ su questo secondo tipo di Kundalini che io pongo l’attenzione, in quanto ritengo che qualsiasi
tecnica per stimolare e accelerate volontariamente l’energia Kundalini sia da ritenersi estremamente
pericolosa e spiritualmente dannosa.

La salita naturale avviene invece non per un atto di potere o volontà ma per uno stato di armonia
interna, perché abbiamo attuato scelte più autentiche nel nostro vivere quotidiano, perché siamo
riusciti a distaccarci dalle emozioni e dai nostri pensieri e dal nostro “ego”, realizzando una
coscienza vuota, pacificata e silenziosa. E’ nostra comune esperienza che l’energia si avverte, come
sensazione o dolore, solo dove c’è tensione e blocco, mentre se il nostro essere è in stato fluido,
avvertiamo semplicemente una presenza energetica, un risveglio di consapevolezza in cui i nostri
sensi diventano lucidi e limpidi e sentiamo veramente di essere ciò che siamo in grande apertura con
tutto ciò che ci circonda. Questo è il vero risveglio interiore: quando la nostra vita è connessa
con la vita dei sassi e delle piante, con gli uomini e il cielo, e quando percepiamo che questa vita
è una stessa unica coscienza che tutto pervade.

Osho aveva creato alcune decine di tecniche di meditazione dinamiche espressamente indicate per noi
uomini dell’era industriale; in particolare la meditazione chiamata appunto “Kundalini”.

Questa meditazione della durata di un’ora viene fatta ogni giorno alle cinque del pomeriggio. Una
musica dal vivo o in cassetta accompagna questa tecnica, scandendone i tempi e rinforzandone
l’intensità; la Kundalini è sempre stata una delle meditazioni più amate e utilizzate. Mediamente
c’erano alcune centinaia di Sannyasin che la facevano e durante le feste anche un migliaio o più per
volta.

La Kundalini si svolge in quattro fasi, di un quarto d’ora l’una, sempre ad occhi chiusi.

La prima fase è lo “shaking”. Stando in piedi si scuote il corpo e la spina dorsale come un
serpente, in modo caotico, si lascia che ogni parte vibri, che ogni muscolo e giuntura si sciolga
dalle tensioni. Stando ben saldi sulle gambe, con le ginocchia, il bacino ed il collo sciolti e
leggermente flessi, si segue il ritmo della musica e ci si osserva dall’interno. Tutto il corpo
diventa energia in movimento dinamico. Questo porta ad uno sblocco di tutte le tensioni

trattenute e ad una grande liberazione di energia.

La seconda fase è di scioglimento e riequilibrio, Seguendo la musica più dolce e libera si lascia
che il corpo danzi e ritrovi il suo ritmo e il suo movimento naturale e gioioso. L’energia si
scioglie e fluisce.

La terza fase è il silenzio. Da seduti, con la colonna dritta e sciolta, la musica è ora ampia e
spaziale, si entra nella parte più propriamente meditativa. Spesso arrivano pensieri, li si lascia
passare senza fermarcisi su, si lascia che tutto vada come su uno schermo vuoto in cui noi siamo “il
testimone”. L’energia sublima in silenzio.

E la quarta fase è il nulla, la musica tace, ci si sdraia con le palme verso l’alto, si sperimenta
il rilassamento profondo, il vuoto dove anche l’io svanisce.

Queste quattro fasi mi hanno sempre ricordato i quattro tipi di onde del cervello: le veloci beta,
le armoniche alfa, le profonde theta e le profondissime delta.

La Kundalini porta alla consapevolezza immediata dei blocchi che diventano punti o aree di dolore,
ma porta anche, col tempo e la comprensione al loro scioglimento. Una buona Kundalini può portare ad
esperienze energetiche bellissime e, quando si è giù di energia o con delle negatività emozionali, è
in grado di riportare tutto alla fluidità e alla circolazione naturale.

Parallelamente alla Kundalini come energia primordiale che sale, esiste un’energia divina che
discende, in India la chiama Shaktipath, la “grazia” dei cristiani. Con Osho provai questo secondo
tipo di energia divina discendente al momento della mia iniziazione, sentii che la sua energia
scendeva in me con indicibile intensità e luminosità, come se la mia testa fosse aperta ed un
potente raggio celeste penetrasse all’interno e irraggiasse ogni angolo remoto del mio essere;
sentii anche che dal terzo chakra in giù il mio corpo era come spento, o assai meno sensibile. Con
Osho sperimentavamo il movimento e l’apertura consapevole di queste due energie, io dopo alcuni anni
mi ritrovai a preferire la discesa di questa energia dentro di me: era sufficiente “aprirmi” al
divino perché provassi questa sensazione di essere inondato dall’alto. Certamente nell’Ashram, la
comune spirituale di circa quattro – cinquemila discepoli che vivevano con Osho, ogni esperienza era
incredibilmente più facile: ogni giorno queste esperienze si ripetevano con una certa regolarità,
anche se mai in modo totalmente identico e prevedibile.

Il Buddhafield, il campo di energia che un maestro illuminato crea attorno a sé, stimola condizioni
di sviluppo più favorevoli. Al mio secondo ritorno in Italia, dopo due anni in

India, fui, piacevolmente colpito da come quelle esperienze erano ora stabili dentro di me, potevo
riviverle e ricrearle da solo, anche se certamente con un poco più di difficoltà.

La Kundalini, una volta salita fino alla sommità della testa, continua il suo lento lavoro
evolutivo, ripulendomi dalle cosiddette “maculazioni” fisiche, energetiche, emotive e psichiche che
ostacolano la via alla piena realizzazione del divino in noi.

Per questo il serpente è sempre stato e ancora è il sacro simbolo della conoscenza e
dell’evoluzione.

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