Tu crei la tua realtà?

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Tu crei la tua realtà?

di Fabrizio Ponzetta

Quante volte leggiamo o sentiamo dire – ultimamente veicolata anche dal libro-film “the bleep” a
cura degli studenti della RSE – l’espressione “tu crei la tua realtà”. Un invito ad aprire gli occhi
che talvolta può suonare, nel modo in cui viene espresso, quasi come una minaccia colpevolizzante o
collassante, visto che collassiamo appunto, nel modo quantistico la realtà che ci meritiamo. A
questo proposito Scienza e Conoscenza, per sorridere un po’ su questi grandi significati, ha scelto
di condividere le impressioni di Fabrizio Ponzetta giovane artista multidimensionale e collaboratore
di Re Nudo, sulla lotta intestina del potere creativo e sulla ricerca di integrità dell’Essere

“Tu crei la tua realtà” .Questa breve e rivoluzionaria frase, attribuita al fisico quantistico Fred
Alan Wolf, negli anni settanta, fu bandiera di ogni sorta di culto e metodo new age per tutto il
ventennio seguente. Poi, dato il ritardo delle mestruazioni acquariane, i new agers, ritiratisi
sempre più nel movimento next age, smisero di esultare quando si trovarono di fronte al terrore di
una gravidanza inattesa, che prontamente avvenne: l’11 settembre 2001. Eccovela la nuova era: la
solita miseria umana.

Ma se l’uomo crea la sua vita, perchè questa fa schifo?
Dalla caduta delle torri gemelle in poi, guarda caso – come mi diverto spesso a sottolineare,
perfino i maestri di rei-ki scrivono sui volantini: “noi non abbiamo niente a che vedere col new
age”. Alla “nuova era”, era di armonia, benessere pace e amore… non ci crede più nessuno. E così
sia. Tuttavia, buttare il bambino con l’acqua sporca è qualcosa che mi dà sempre i brividi…
“Tu crei la tua realtà”
Sì, ma fino a che punto?
Se bevi cinque litri di birra in una sera è chiaro che crei la tua realtà di ubriaco.
Se mangi più calorie di quelle che consumi è chiaro che crei la tua realtà fisica sovrappeso.
Poi?
La psicologia? OK, se l’atteggiamento è positivo verso la vita attiri situazioni più positive, così
dicono, tuttavia la stessa psicologia umanista insegna che non si può neanche reprimere tutto, ma è
opportuno esprimersi, sfogarsi, fare catarsi, esprimere la propria negatività.
E allora? Che confusione…

Bene iniziamo da qui, dalla confusione. Nella confusione (chi scrive è un’autorità a livello
mondiale sull’argomento), dopo un’iniziale paralisi, si è soliti ricercare immediatamente indizi e
dettagli presumibilmente attendibili che giustifichino lo stato in cui ci si trova. Ci si aggrappa a
ciò e spesso questo porta a conclusioni affrettate.
Ecco che, accettando incondizionatamente la confusione e tributandole un certo rispetto, un
professionista della confusione non solo riesce a darle forma, modellandola con le sue conclusioni
affrettate, ma le porta così all’estremo da generare ulteriore confusione e nuove paralisi, in cui
ricercare nuovi indizi e creare nuove forme, così da ottenere una confusione esponenziale. Cosmica.
Bene, se il professionista della confusione sopravvive a probabili aggressioni del partner,
licenziamenti o ad altre catastrofi, il risultato sarà una paralisi totale, mistica, un’assenza di
qualsiasi punto di riferimento, uno stato non ordinario dell’essere in cui soggetto e oggetto
scompaiono.

Non a caso i koan zen, gli shock gurdjieffiani e certe pratiche inebrianti tantriche usano la
confusione sensoriale, emotiva e mentale per raggiungere questo stato (è una via pericolosa, niente
da ridire in proposito; ma “ciò che conta costa sempre un po’ di più” diceva il poeta).
Bene, che ce ne facciamo di essere giunti a ciò?
E’ da qui, e solo da qui, che si comprende ciò che prima sembrava un semplice aforisma: “Tu crei la
tua realtà”.
Ma tu chi? Chi crea che cosa? E se due persone creano due realtà diverse e interagiscono?
Calma… anzi… karma…

Innanzitutto bisognerebbe deipnotizzarsi dall’idea di essere un (1) io.
Chi ha familiarità con qualche testo che tratta di esoterismo o anche di studi religiosi comparati
avrà sicuramente presente l’immagine di un quadrato sul cui lato superiore è appoggiata la base di
un triangolo. Il quadrato rappresenta i primi quattro livelli di coscienza dell’essere: fisico,
emotivo, mentale (inteso come somma di automatismi) e Mentale (nel senso alto del termine). Il
triangolo rappresenta invece i tre stati più sottili o spirituali dell’essere: il quinto, sesto e
settimo chakra, nella tradizione hindù, o se preferite lo spirito, lo spirituale… la coscienza.
Non perdiamoci nelle parole, prendiamo solo nota di due aspetti fondamentali dell’essere, così
rappresentato: uno più legato alle contingenze, alla materia e quindi, per forza di cose,
identificato col corpo e in ultima analisi egocentrico; ed uno che, a seconda della vostra cultura o
sensibilità, potete chiamare come volete: Se, vero Sé, Divino, Essenza, Atman, Coscienza pura…
ecc.

Un personaggio molto dolce, e a quanto si dice molto saggio (Ramana Maharshi), invitava i suoi
discepoli a porsi questa domanda: “Chi sei tu?”. Negli anni a seguire un certo Charles Berner creò
da questa domanda dei veri e propri seminari, detti “intensivi di illuminazione”, che i sannyasin
di Osho ribatezzarono “satori”. Durante questi gruppi le persone passano giorni interi a farsi
questa semplice domanda e a rispondersi quasi ininterrottamente. Inutile aggiungere che si tratta di
una sorta di koan e che, come tutti i koan, lascia alla fine confusi, spiazzati e quindi in uno
stato in cui “Il quadrato”, ovvero “il piccolo io”, si perde o, se si preferisce, si espande nel
“triangolo”… insomma la frammentazione del sé viene cancellata. Non c’è bisogno di frequentare un
intensivo di illuminazione, per quanto, ben inteso, io lo consiglio a chi non ne abbia fatto
esperienza, per raggiungere questo stato; basta vivere fino in fondo la propria quotidianità e la
propria “idiozia”, senza limiti di tempo, accettando tutto quello che può accadere, compreso il
fatto che è inaccettabile, compresi i pianti, le disperazioni, le coliche, la persona amata che
prende l’immagine che hai di te e la butta nella spazzatura… tutto!

In questa confusione e nella sua paralisi ecco che ti si rivela il gran segreto:
IL TUO ESSERE FRAMMENTATO STA CERCANDO L’INTEGRITA’ (a prescindere da quanto il tuo “quadrato”
ritiene di essere integro) e per raggiungerla crea esperienze che potrebbero essere non proprio in
testa alla classifica dei tuoi desideri egoici.
Ecco la risposta all’originale e sagace cretino che a Fred Alan Wolf chiederebbe: “Se ognuno crea la
sua realtà, perchè non tutti sono miliardari?”.

Approfondiamo questo postulato degli esseri frammentati: il corpo vuole una cosa, ma le emozioni
desidererebbero altro, mentre i pensieri si sono formati su altri bisogni ancora (cfr. “La carrozza
di Gurdjieff” in Fabrizio Ponzetta “La lotta dei maghi”, ebook 2007) e tuttavia pretendiamo di
agire coerentemente come fossimo UNO. Mi sembra ovvio che il potere creativo è una lotta intestina.
Un esempio meno generico: la mente è formata su status symbol o valori comunemente accettati, come
la ricchezza o il benessere economico, e li insegue. Tuttavia le emozioni di un individuo possono
essere modellate su schemi che rifiutano il denaro (l’eroe romantico che non ha successo, le idee
ereditate da una famiglia che a stento aveva di che nutrirsi, il disprezzo religioso o ideologico
per il denaro) e tutto questo mentre il corpo brama solo di scaricare la sua sessualità, eco di un
antico istinto di riproduzione. In tutto ciò, io non vedo una persona che crea la propria realtà:
vedo tre somari legati insieme che vanno in tre direzioni opposte.

Se per qualche si voglia ragione colui che è deputato a guidare i tre somari si sveglia (e il
risveglio potrebbe essere dettato dalla confusione della situazione), ecco che si risveglia “Il
triangolo”. A questo punto non si è più vittime. Non è più colpa del sistema, degli altri o del
partner, perchè col “triangolo” (scusate, ma mi piace chiamarlo così, per non infognarmi nelle
parole abusate in tal senso) si riscopre la magia, il potere creativo, l’essere responsabili della
propria vita.
Così il problema non è tanto com’è possibile che io possa creare la mia vita, ma piuttosto: “Come è
possibile che non mi sia accorto finora di essere il creatore responsabile della mia vita? Che
quegli atteggiamenti, quell’indulgere in determinate emozioni e in quei pensieri non hanno fatto
altro che creare quelle situazioni che hanno dato vita a quei fatti di cui la vita che vivo in
questo momento è conseguenza?”.
Lascio ai lettori di Re Nudo il piacere di documentarsi sui vari esperimenti condotti in ambiti
anche scientifici a riguardo di come atteggiamenti o altre risorse in loro potere possano
influenzare la realtà.

Il più bello, il più poetico che qui vorrei ricordare è quello del dottor Masaru Emoto, scienziato e
ricercatore giapponese, che ha messo a punto una tecnica per esaminare al microscopio e fotografare
i cristalli che si formano durante il congelamento di diversi tipi d’acqua. Emoto ha differenziato
le acque esponendole a parole scritte, musica di Mozart, discorsi di Hitler, scritte di minacce o
d’amore. Ha fotografato i diversi tipi di acque così “trattate”, registrando risultati sorprendenti:
i cristalli mutano radicalmente di struttura a seconda dei messaggi a cui sono esposti. Ad esempio
constatava forme armoniose per la parola amore e per la musica di Mozart; strutture caotiche nelle
acque sottoposte ad insulti e minacce. Il pensiero, l’atteggiamento cosciente ha mutato le forme
dell’acqua… il nostro corpo dalla nascita alla vecchiaia è composto d’acqua per il 60-90%…
Ora, fino a dove può arrivare l’affermazione che TU CREI LA TUA REALTÀ?
Fino a dove vuoi, credo!

Fonte: l’articolo è uscito sull’ultimo numero della rivista Re Nudo – www.renudo.it

L’autore: www.fabrizioponzetta.it

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