Tutto è uno, ogni cosa è Tutto
di Redazione NonSoloAnima.TV – Aldo Riboni
Le filosofie orientali affermano da sempre che ogni cosa è connessa. Oggi, la scienza olografica
afferma che il nostro cervello elabora le informazioni provenienti da un ordine implicito, che
collega ogni aspetto della realtà.
Già nel V a.C. secolo Parmenide pensava che la molteplicità fosse solo apparenza, e che lEssere
corrispondesse allUno. Lidea dellunità di tutte le cose è vecchia quanto la filosofia
occidentale, ma nel corso della storia essa è stata messa da parte, in Occidente, a favore
dellanalisi e della scomposizione: mentre in Oriente la riflessione sullunità non si è mai
interrotta, noi ci siamo concentrati con successo sui particolari.
Quanto abbiamo perso e quanto guadagnato nelloperazione è una domanda aperta. Tuttavia le cose non
sono più esattamente così, e lidea dellUnità del Tutto comincia a non essere più riservata a una
piccola riserva indiana di mistici e filosofi. La stessa comunità scientifica, che più di tutti deve
allanalisi del particolare, è costretta oggi a interrogarsi sulla globalità. E a dare risposte che
possono essere sorprendenti.
Una teoria in particolare ripropone oggi una visione olistica della realtà, in cui tutte le cose
sono interconnesse. Essa nasce da due interrogativi molto diversi, ma dalle risposte
straordinariamente simili.
Nel campo della neurobiologia si è scoperto che la visione tradizionale, per cui i ricordi e le
capacità individuali sarebbero localizzati in zone particolari del cervello, non corrisponde alla
realtà: infatti, in casi di amputazioni di parti considerevoli di materia grigia, altre zone del
cervello iniziano a svolgere le funzioni prima appartenenti alle aree perdute. Esse non sono
quindi localizzate, ma diffuse in tutto il cervello e presenti in qualche modo interamente in ogni
singola porzione di esso: come è possibile che qualcosa si trovi contemporaneamente dappertutto e da
nessuna parte?
Analogamente nel campo della meccanica quantistica si è arrivati alla conclusione che due particelle
legate tra loro (per esempio originate dallo stesso atomo radioattivo) mantengono la capacità di
influenzarsi anche a grande distanza, in maniera istantanea. Una relazione di questo tipo è detta
non-locale, perché apparentemente le particelle sono collegate tra loro al di là dello spazio. In
un sistema quantistico di questo tipo, modificando un elemento si modifica istantaneamente tutto
linsieme: come può qualcosa trovarsi in un posto, dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo?
Cercando di rispondere a queste due domande un neurobiologo e un fisico, Karl Pribram e David Bohm,
hanno avanzato lipotesi che sia il cervello che la realtà fisica siano strutturati come ologrammi,
cioè immagini illusorie generate a partire da una realtà sottostante.
La tecnica degli ologrammi, inventata negli anni sessanta, permette di riprodurre immagini
tridimensionali altamente realistiche. Un raggio laser viene scomposto e fatto riflettere su un
oggetto, andando poi a impressionare una pellicola fotografica. Proiettando un nuovo raggio
attraverso la pellicola, si crea unimmagine tridimensionale così realistica che loggetto
fotografato sembra trovarsi realmente nello spazio davanti alla pellicola.
Bohm pensa che, proprio come in un ologramma limmagine tridimensionale è prodotta dallimmagine
impressa sulla pellicola, così la realtà sia composta da un ordine esplicito, cioè le cose come ci
appaiono, e un ordine implicito, ovvero le leggi sottostanti. E Pribram ritiene che il cervello
percepisca lordine implicito, creando poi la realtà sensibile allinterno della nostra mente. È
importante notare che le due immagini, quella sulla pellicola e quella proiettata olograficamente,
sono completamente diverse: non solo una è bidimensionale e laltra tridimensionale, ma limmagine
sulla pellicola non assomiglia affatto alloggetto fotografato: in effetti è un disegno astratto,
simile a quello che si ottiene gettando due sassi in uno stagno (infatti come il disegno sullacqua
è creato dallinterferenza delle onde prodotte dai sassi, così il disegno sulla pellicola è creato
dellinterferenza dei due raggi laser).
Ma è unaltra caratteristica peculiare degli ologrammi, a rendere interessante lidea di Bohm e
Pribram. Il modo in cui limmagine fotografata è contenuta sulla pellicola infatti è molto diverso
che in una foto normale. Se tagliamo a metà un normale negativo fotografico, otterremo naturalmente
solo metà dellimmagine originale. Invece se tagliamo a metà una pellicola olografica e poi la
colpiamo con un laser, apparirà nuovamente limmagine intera. Anche continuando a ridurre la
pellicola in pezzi sempre più piccoli, avremo sempre tutta limmagine in ogni singolo frammento.
Limmagine olografica si trova interamente in ogni punto della pellicola, proprio come le capacità
mentali si trovano in ogni punto del cervello. E proprio come nei sistemi quantistici, la totalità è
contenuta in ogni singolo punto.
Dunque se Tutto è Uno, e ogni cosa è il Tutto, nella realtà più profonda non valgono le normali
leggi fisiche, non esistono lo spazio e il tempo né la concatenazione di cause e effetti. Questo
permette di spiegare non solo i fenomeni per cui la teoria è stata sviluppata, ma anche tutti i
fenomeni paranormali normalmente rifiutati dalla ricerca scientifica, come le coincidenze
inspiegabili, la telepatia o lapparente capacità della mente di influenzare la materia. Infatti se
tutto è uno non ha più senso dire che una cosa provoca laltra, che la mente modifica la realtà o
legge in unaltra mente: semplicemente, due diversi fenomeni derivano dalla stessa e identica realtà
sottostante.
Solo nellordine esplicito esistono due cose o due menti diverse: nellordine implicito esse sono la
stessa cosa e la stessa mente. Il loro rapporto non ha più bisogno di essere spiegato, perché non
cè più alcun rapporto ma solo identità.
Fonti: Michael Talbot, Tutto è uno, lipotesi della scienza olografica, 1997 Urra Apogeo
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