Tutto è vita

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Tutto è vita

di Umberto Cinquegrana

Tutto è vita, e tutto è lezione di vita. E vita lazione, ma lo è anche il riposo; lo scalpello, che colpisce il marmo e lo
scolpisce, trasformandolo in unopera darte, è vita quanto
lo è la rozza zappa del contadino che rivolta la terra, o che appoggia il letame accanto alle radici, nutrimento alle
piante.

E vita il sole di un tramonto rosso, che commuove
lanimo del poeta e dona pace, ma è vita anche il sole del
deserto, inesorabile e crudele verso il beduino assetato.

E vita il santo, che intorno distribuisce luce e calore, amore e carità, ma è vita anche il crudele persecutore, che la vita la toglie: tutto quello che è esistente è vita, anche se, tante volte, porta la maschera della morte. E vita la roccia tanto quanto lo è il pensiero delluomo. Le lettere dellalfabeto
della vita sono tutte sempre vita, sia che si dispongano a
formare linvocazione o Dio!, o che formino lopposto di
essa, odio!.

La vita è vita sia quando è una danza gioiosa, o che sia un
canto funebre, carico di lacrime e di dolore: la vita è vita, ma anche la morte è vita. E vita la delusione, così come lo sono la gloria, la buona salute e la malattia, la gioia e il dolore: anche il cancro è vita, mentre genera sofferenza e
lacrime. Sono vita gli uccelli del cielo, i pesci del mare, i viventi tutti della terra, i cieli che narrano la gloria di Dio, le stalattiti e le stalagmiti, ma anche tutte le cavità buie della terra, abitate dai soli pipistrelli. E vita la ricchezza dei ricchi, è vita la povertà dei poveri.

– Luomo è cieco –

Luomo è, fondamentalmente, cieco. Egli ha una vista
ridottissima anche sul piano fisico, tantè vero che, senza
lausilio di strumenti scientifici, non è capace di vedere le singole cellule che costituiscono il suo stesso organismo, e tantomeno le molecole e gli atomi. La luce di una sola stella – il nostro sole – è sufficiente per accecare talmente luomo, da renderlo incapace di vedere le altre stelle durante il
giorno. Di sera, poi, diciamo di vedere le stelle del cielo, ma, delle stelle esistenti nelluniverso lastronomia ne ha contate, fino ad ora, più di duecento miliardi di miliardi! locchio nudo riesce a vederne solo un tremila per ciascun
emisfero, se il cielo è sereno e la vista è buona.

Se guardiamo una montagna, ne vediamo e ammiriamo a
malapena la forma più o meno geometrica, ci colpisce il
colore dominante del suo mantello boschivo, e qualche
altro particolare macroscopico; ma nulla vediamo del
sottobosco, della miriade di animaletti che popolano la
montagna, che lottano quotidianamente per la
sopravvivenza, urlano, cantano, tacciono, corrono,
dormono, nascono, muoiono. Il massimo che sappiamo dire
è quantè alto questo monte, quantè bello e maestoso, o
altre cose del genere.

Altrettanto dicasi di quando davanti a noi si stende il mare: ne vediamo solo la massa enorme dacqua, e qualche
pesciolino che di tanto in tanto guizza sopra le onde, ma ci sfugge limmensa meraviglia degli abitanti delle acque
profonde. Per noi che guardiamo la superficie, il mare non
è il grande acquario che è, né è il regno palpitante del dio Nettuno; e, se anche ci immergessimo nelle sue profondità,
non riusciremmo ad ammirare che soltanto un po di
briciole del tutto.

***

Noi siamo ciechi anche nei confronti del nostro stesso io:
noi non vediamo la nostra anima, noi non conosciamo il
nostro essere interiore. Poche volte vediamo i nostri sogni: che poi non si capisce bene come possiamo vedere noi
stessi nei sogni, dal momento che stiamo dentro ai sogni
mentre sogniamo. I sogni sono tantissimi, ma vengono tutti
azzerati dalloblio del risveglio, al mattino.
Noi non vediamo i sentimenti altrui, nel mentre che ci
affanna il tentativo di cogliere i nostri. E i pensieri, anche solo i nostri, chi li può vedere? Essi corrono veloci, e sono mutevoli; gli uni cancellano gli altri, sicchè, per
immortalarne qualcuno, dobbiamo ricorrere al diario delle
nostre memorie. Ma, pure questo fatto è relativo, perché
nella memoria scritta fissiamo un pensiero presente che
ripercorre un pensiero che già non è più.

Le onde elettromagnetiche noi non le vediamo, eppure in
esse siamo immersi, esse sono attorno a noi e trasportano
per il mondo tanti momenti della vita delluomo. Noi non
vediamo i raggi gamma, né vediamo i raggi x; non sono
visibili per noi i raggi infrarossi, né quelli ultravioletti, per cui sono invisibili a noi e inesistenti per i nostri occhi gli oggetti che riflettono queste onde. La parte visibile
delluniverso fisico è meno delluno per cento: più del 99%
del cosmo fisico nel quale siamo esistenti è invisibile per
noi.

Ma allora, quando diciamo io vedo il mondo, che cosa è
quel che noi diciamo di vedere? In realtà noi vediamo la
superficie delle cose, cioè la facies quae est super, e che, nel fondo, nasconde lessere vero, lessere intimo, lessere interiore delle cose, quello che è la sub-stantia, cioè il
complesso di tutto ciò che stat sub, al disotto della
superficie, nellanima delle cose. Quando gli altri vedono la mia persona, quando io vedo la persona degli altri, io vedo, e gli altri vedono, la persona secondo la sua etimologia
latina: noi vediamo, cioè, la maschera di noi stessi, mentre ci sfugge quasi totalmente la profondità dellessere che è
dietro la maschera-persona.

– Luomo è sordo –

Non se la cava meglio il nostro udito. Quanti di noi sono
capaci di udire la favola meravigliosa che il creato ci
racconta con dolce prepotenza e senza sosta, come ci
ricorda il cantore di Dio: coeli narrant gloriam Dei, i cieli, cioè, narrano la gloria di Dio? Ho suonato il flauto sulla
piazza del mercato, ma nessuno ha voluto danzare,
lamenta il salmista, deluso; probabilmente, nessuno ha
corrisposto allinvito, perché nessuno ha realmente udito il suono del flauto. La voce del profeta che grida raddrizzate le vie, dirigetele verso il Signore è una vox clamantis in
deserto, è la voce di uno che grida nel deserto, è un appello accorato rivolto a sordi.

Noi non riusciamo a sentire neppure la voce del nostro
essere interiore, del nostro spirito, che giace tra le pieghe più profonde del nostro io, anche quando egli urla talvolta
il grido Abbà, Padre. E quante volte riusciamo ad udire la voce della nostra coscienza, quella voce che sola
unitamente alla voce del cielo stellato commuoveva
profondamente lanimo sensibile di Immanuel Kant?

Il genio musicale è capace di ascoltare le armonie divine e
le traduce in note musicali, il poeta sente parlare la natura e ne trasmette i messaggi in versi, lartista coglie leternità delle immagini in fuga; Michelangelo ha udito, in uno dei
massi marmorei di Carrara, il gemito de la Pietà mentre
chiedeva di essere portata alla luce del sole, il filosofo
raccoglie i brandelli di assoluto, che, staccatisi dalla verità universale, vagano qua e là nelle profondità del pensiero, e prova a rimetterli assieme.

Solo il mistico riesce a sentire la voce degli angeli che
parlano di Dio, e larmonia dei cieli, di quegli stessi cieli nei quali siamo immersi tutti noi, e che anche a noi parlano di
continuo.

Le onde radio, quelle della tivù e le onde della
telefonia, lambiscono di continuo i nostri orecchi, cariche di messaggi e di immagini di svariatissima natura, ma noi non
le udiamo e non le vediamo senza la mediazione delle
antenne e dei transduttori. Tutti gli atomi del cosmo fisico vibrano, i loro elettroni corrono come impazziti attorno ai
nuclei, tutto è movimento, un grande immenso maestoso
movimento, e incessante: chi è in grado di ascoltare
larmonia universale che ne deriva?

La terra ha il suo respiro di ogni sei ore, che si esprime
attraverso il ritmo alternato delle maree: è il suo, un
immenso respiro. Ma neppure i marinai che navigano in
alto mare riescono a sentirlo. Chi, poi, sarà mai in grado di udire il respiro di Brahma, quello che gli scienziati
descrivono in termini di espansioni e contrazioni ritmiche
delluniverso, se non siamo capaci nemmeno di udire il
nostro stesso respiro, che ci accompagna per tutta la vita, e di questa segna linizio e la fine.

Cellule nascono, cellule muoiono, cellule vivono nel nostro
organismo: esse sono miliardi. Ciascuna di esse ha un suo
proprio metabolismo, mirante alla propria conservazione;
molecole in esse vanno in tutte le direzioni, altre ristanno. Una centrale, sita nel nucleo, regola senza sosta tutti i
movimenti. Le cellule si organizzano in organi, questi si
collegano tra loro in apparati; una circolazione ininterrotta di unità cellulari e molecolari va su vie fluviali o lungo
percorsi bioelettrici: è tutto un viavai, un tran-tran
incessante. Batte il cuore, e mai sinterrompe; il fegato, la fabbrica principale del metabolismo digerente, non chiude
mai i battenti, i reni filtrano di continuo il sangue, vigilando senza sosta sulla sua purezza.

Ma, chi di noi sente, di tanta immensa vita, almeno leco?
Ogni organismo vivente è un cosmo, anche se micro,
confrontato con il cosmo fisico, e ogni cosmo ha la sua
voce. Ma, questa voce, chi di noi la sente? E quante grida – che talvolta sono vere urla – lancia il nostro pensiero, senza profferir parola: quale orecchio percepisce queste voci, pur tanto reali e tanto sofferte nel loro essere silenziose,
perché mai pronunciate, ma solo pensate? Il sordo che non
sente per sordità è solo di poco più sordo delluomo che
dice di sentire.

– Lo spirito vede e sente –

Luomo ha occhi per vedere, ma, sostanzialmente, non
vede; ha orecchi per udire, ma, fondamentalmente, non
sente: come si può uscire da tanta cecità e vincere tanta
sordità? Luomo in quanto uomo, così come è strutturato,
per quanto affini al massimo delle possibilità umane i suoi
sensori visivi ed acustici, resterà ancor sempre un piccolo
grande cieco e un piccolo grande sordo, pur nella
complessità del suo essere una straordinaria macchina
psicofisica.

Egli è fatto così. E, per il principio universale espresso nella formula omnis agens natura sui agit cioè, ogni essere
agisce in conformità alla sua natura – per quanto si sforzerà, non riuscirà a superare la sua cecità e la sua sordità più di tanto. Questi i limiti delluomo in quanto humus. Ma, per
nostra buona sorte, luomo è anche, e soprattutto, tempio
dello spirito, è esso stesso uno spirito che vive da uomo:
egli è, sostanzialmente, una lunga emozione dello spirito.

Lo spirito, che è nelluomo, è fatto di stoffa divina, i suoi occhi sono la vista del Padre, i suoi orecchi sono ludito di Dio: capaci, gli uni, di vedere, gli altri di udire, laddove luomo è cieco e sordo. Se questo spirito in noi sonnecchia, se è relegato in un cantuccio, se non è il protagonista delle azioni della storia e della vita dellindividuo che egli inabita, allora è luomo che guarda attorno a sé con i suoi propri
occhi, allora è luomo che ascolta le voci dintorno, e siamo nelle tenebre della cecità e nel silenzio della sordità: i cieli manifestano e raccontano la gloria di Dio, ma luomo non
vede, luomo non sente.

Se lo spirito, che è nelluomo, si risveglia e vive luomo, non è più luomo che guarda o che sente, ma è lo spirito che
osserva e ascolta: allora si aprono i cieli e si manifesta la gloria di Dio. Lindividuo che è più spirito che homo-humus, viene rapito nellestasi della contemplazione, e vede
ascolta e comprende i cieli che parlano di Dio, sente il
respiro del cosmo e quello delle singole cellule, avverte la danza delle molecole e degli atomi; per lui le tenebre
diventano luce, il silenzio delle cose tutte si trasforma in una immensa dolce sinfonia.

Quando lo spirito si ridesta, vede. Allora, tutto si anima di una animazione divina, il sole diventa fratello sole, e la luna è, ora, nostra sorella. Tutte le cose vengono viste nella loro essenza più intima e più profonda, tutto diventa Dio,
perché tutto è Dio; la stessa materia è intuita e sentita
quale manifestazione dello spirito, anche se limitata al solo aspetto della materialità.

Se è lo spirito a guardare, lorizzonte delle cose tutte si
amplia a dismisura, e si allarga sempre di più, in un
crescendo inarrestabile, nellinseguimento di un traguardo
ideale, praticamente irraggiungibile, ma che funge da
stimolo ininterrotto, e straordinariamente efficace, per lo
spirito che si è destato alla coscienza della coincidenza
almeno virtuale e potenziale – del proprio orizzonte visivo e uditivo con quello di Dio.

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