A cura di Andrea Boni
La Bhagavad Gita non parla dell’uomo in astratto, ma dell’uomo incarnato, con i suoi
condizionamenti, le sue paure e le sue crisi, e lo aiuta ad uscire fuori da questa situazione
sgradevole che causa solo sofferenza. L’aiuto concreto portato da Krishna è andare oltre il
contingente, quel contingente che è insostenibile dagli umani. In questo senso la Bhagavad Gita
costituisce un patrimonio dell’umanità, infatti tutti gli esseri viventi, pur essendo frammenti
infinitesimali di Dio, e quindi pur godendo con Lui di una relazione unica e distinta propria della
nitya svarupa di ogni frammento eterno, poiché costituiti di energia marginale, possono essere
soggetti all’azione ammaliatrice (maya) della potenza intrinseca della natura materiale. Se avviene
il contatto tra purusha e prakriti, conseguenza comunque del libero arbitrio del purusha stesso,
l’essere si ritrova incarnato e condizionato e lotta così contro le influenze della natura materiale
e contro i sensi e la mente:
Mamaivamsho jiva-loke
Jiva-bhutah sanatanah
Manah-shashthanindriyani
Prakriti-sthani karshati
Gli esseri viventi, in questo mondo di condizioni, sono Miei frammenti eterni, ma essendo
condizionati lottano duramente con i sei sensi, tra cui la mente. (Bhagavad Gita XV.7)
Apparentemente è una lotta impari poiché la materia (prakriti) ha una potenza superiore, che il jiva
non riesce ad affrontare con le sue forze, ma può farlo tramite l’abbandono fidente a Colui che è
fonte dell’energia stessa
Daivi hy esha guna-mayi
Mama maya duratyaya
Mam eva ye prapadyante
Mayam etam taranti te
Questa Mia energia Divina, costituita dalle tre influenze della natura materiale, è difficile da
superare, ma coloro che si abbandonano a Me ne varcano facilmente i confini. (Bhagavad Gita
VII.14).
Il Jivabhuta è quindi costituito di spirito e materia. Lo spirito costituisce l’energia di Amore del
Divino, mentre la materia, priva di coscienza, costituisce le coperture fisiche e psichiche, ed è
per questo la causa vera della sofferenza (quando il soggetto si identifica completamente con tali
coperture):
Bhumir apo ‘nalo vayuh
Kham mano buddhir eva ca
Ahamkara itiyam me
Bhinna prakrtir ashtadha
Apareyam itas tv anyam
Prakrtim viddhi me param
Jiva-bhutam maha-baho
Yayedam dharyate jagat
Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego questi otto elementi, distinti
da Me, costituiscono la Mia energia materiale.
O Arjuna dalle braccia potenti, oltre a questa energia ne esiste un’altra, la Mia energia superiore,
costituita dagli esseri vivienti che sfruttano le risorse dell’energia inferiore, la natura
materiale. (Bhagavad Gita VII.4-5).
In questi versi troviamo quindi l’uomo dal punto di vista fisico, psichico e spirituale, l’uomo nei
suoi tre piani antropologici così come spiegato da Krishna nella Bhagavad Gita.
La fonte della sofferenza dell’uomo risiede quindi in questa scissione della personalità. La natura
Divina che si identifica con la natura transitoria di corpo e psiche, dovuta al riflesso del sé:
l’ego. L’essere pensa di essere l’autore dell’azione che in realtà è attuata sotto l’influenza dei
tre elementi della natura materiale per mezzo della distorsione provocata dalla percezione erronea
di sé (l’ego, ahamkara):
Prakrteh kriyamanani
Gunaih karmani sarvashah
Ahankara-vimudhatma
Kartaham iti manyate
Sviata per l’influenza del falso ego, l’anima spirituale, crede di essere l’autrice delle proprie
azioni, che in realtà sono compiute dalle tre influenze della natura materiale. (Bhagavad Gita
III.27).
A causa dell’ego l’Amore puro che costituisce la natura più intima della personalità, entrando a
contatto con rajio-guna, diventa kama (desiderio di natura egoica). Ed é la vera causa di
sofferenza, il nemico da combattere per riscoprire la centralità della personalità, l’umanità vera.
Krishna stesso ad una domanda di Arjuna che chiedeva quale fosse la causa della sofferenza, afferma:
Kama esha krodha esha
Rajo-guna-samudbhavah
Mahashano maha-papma
Viddhy enam iha vairinam
E’ desiderio egoico soltanto, o Arjuna. Nata al contatto con l’influenza della passione e poi
trasformatasi in collera, è il nemico devastatore del mondo intero e la fonte del peccato. (Bhagavad
Gita III.37).
Dove risiede il desiderio egoico? Risiede a vari livelli e secondo differenti coperture dipendenti
dalla struttura fisico-psichica e dal grado di condizionamento con la materia:
Dhumenavriyate vahnir
Yathadarsho malena ca
Yatholbenavrto garbhas
Tatha tenedam avrtam
Come il fuoco è coperto dal fumo, lo specchio dalla polvere e l’embrione dall’utero, così l’essere
vivente è coperto dalla dal desiderio egoico? in differenti gradi. (Bhagavad Gita III.38)
E’ il desiderio egoico che sia annida nella psiche il vero ostacolo all’evoluzione. E’ esso che
occorre combattere con l’arma del distacco e della pratica costante:
Indiriyani mano buddhir
Asyadhishthanam ucyate
Etair vimohayaty esha
Jnanam avrtya dehinam
I sensi, la mente e l’intelligenza sono i luoghi in cui si annida il desiderio egoico. E’ in questo
modo che il desiderio egoico copre la vera conoscenza dell’essere vivente e lo confonde. (Bhagavad
Gita III.40)
Questi versi descrivono quindi l’umanità, fatta di corpo, psiche e desiderio egoico, che li si
annida, e che occorre conquistare con l’arma della conoscenza e del distacco che insieme portano ad
un stabile cammino di realizzazione interiore e conseguente piena armonizzazione della personalità.
Conoscenza significa conoscere le dinamiche che portano al dannoso condizionamento, e la natura
superiore dell’essere vivente che trascende ogni involucro materiale e psichico:
La Bhagavad Gita è quindi un perfetto manuale che consente di conoscere la l’umanità dell’essere
vivente nel suo insieme e la sua natura intima che lo lega a Dio. Tale conoscenza (jnana) diventa
strumento vero di evoluzione quando realizzata (vijnana), attraverso una pratica spirituale costante
e coerente. Solo allora l’armonizzazione della personalità sarà completa e il purusha potrà godere
della beatitudine divina.
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