Un ‘buon’ cervello? Tutta questione di ritmo

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Un ‘buon’ cervello? Tutta questione di ritmo

La ricerca sui ritmi delle onde cerebrali e sul loro controllo può avere ricadute sulla comprensione
di un’ampio gruppo di disturbi, dalla schizofrenia all’autismo fino alla depressione.

Le cellule cerebrali hanno bisogno di seguire specifici ritmi di attivazione per un corretto
funzionamento cerebrale, ritmi che appaiono disturbati in malattie come la schizofrenia e l’autismo.
Ora le ricerche di un gruppo di neuroscienziati dello Stanford University Medical Center sono
riusciti a dimostrare che la precisa sintonizzazione delle frequenze di oscillazione di certi
neuroni influisce sia sul modo in cui il cervello elabora l’informazione, riuscendo a dare anche una
stima dell’impatto in termini di bit di informazione, sia sulla gestione del sentimento di
gratificazione legato ai cosiddetti circuiti della ricompensa.

I risultati di questi studi sono pubblicati online da “Nature” e da “Science Express”.

Da tempo era stato ipotizzato che il controllo delle cosiddette onde cerebrali “gamma”, che
oscillano a una frequenza di 40 Hertz, potesse dipendere dalle cellule che esprimono la proteina
parvalbumina. Tuttavia il legame fra i due fenomeni non era stato dimostrato per l’impossibilità di
controllare selettivamente i neuroni e osservare gli effetti sulle oscillazioni e sul flusso di
informazioni cerebrale.

Ora, come viene spiegato nell’articolo su “Nature”, il gruppo di ricerca diretto da Karl Desisseroth
ha sviluppato una tecnica, detta optogenetica, in cui specifiche cellule possono essere
ingegnerizzate in modo da essere controllate da impulsi di luce nel visibile. Il gruppo ha proceduto
in questo modo con i neuroni positivi alla parvalbumina nel cervello di topo, scoprendo che
eccitandoli o inibendoli essi possono produrre o sopprimere onde gamma e osservare un marcato
cambiamento nella quantità del flusso di informazioni nei circuiti cerebrali.

“Abbiamo scoperto che se si frenano questi neuroni si osservano meno oscillazioni a 40 Hertz.
Avviandole, invece, si vedono più oscillazioni gamma. Si tratta della prima prova reale che questi
neuroni sono coinvolti nella generazione delle onde cerebrali gamma” dice Deisseroth. “Ma abbiamo
anche scoperto che possiamo quantificare in termini di bit l’effetto delle oscillazioni sul flusso
di informazioni nei circuiti neuronali, riscontrando che le oscillazioni aumentano specificamente il
flusso fra differenti tipi di cellule nella corteccia prefrontale.”

Nel secondo articolo, pubblicato on line su Science Express, Deisseroth e collaboratori della
Stanford University e dell’Università della California a San Francisco ha studiato l’effetto del
controllo delle oscillazioni sui neuroni dopaminergici.

“Abbiamo testato differenti ritmi sui neuroni dopaminergici, scoprendo che i ritmi a frequenza
inferiore sono molto poco efficaci, mentre le ‘esplosioni’ di oscillazioni ad alta frequenza
riuscivano a dar luogo molto efficacemente al comportamento legato alla ricompensa”.

“Una migliore comprensione dei neuroni dopaminergici ha implicazioni non solo per l’abuso di
sostanze, che stimolano direttamente la sensazione di ricompensa, ma anche per la depressione, dato
che nei soggetti che ne soffrono uno dei sintomi più evidenti è l’incapacità di gioire di qualsiasi
cosa”, ha osservato Deisseroth.

In un certo senso, gli autori suggeriscono che una confusione di pensiero o l’incapacità di gioire
siano collegate a una incapacità delle cellule di seguire il ritmo.

lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Un__buon__cervello__Tutta_questione_di_ritmo/133814
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