Un monaco in laboratorio
(del Dalai Lama –
Tratto da SIDDHI, periodico di Buddhismo Mahayana)
Il Dalai Lama in persona racconta come le più avanzate ricerche nel campo
della neurofisiologia dimostrano la validità di antiche tecniche di
meditazione per superare gli effetti distruttivi della rabbia, della paura e
dell’odio.
“Sembra che le emozioni fondamentali dell’essere umano di oggi siano proprio
le stesse dell’epoca di Buddha Shakyamuni. E quindi la conoscenza buddhista
di queste emozioni e dei rimedi conseguenti non è qualcosa che invecchia: è
del tutto adatta a essere un’informazione utile per l’epoca contemporanea”.
(Dalai Lama)
Viviamo in un periodo in cui le emozioni di tipo distruttivo quali la
rabbia, la paura e l’odio stanno causando problemi devastanti in tutto il
mondo. Mentre ogni giorno i media ci ricordano tristemente del potere
distruttivo di tali emozioni, la domanda che dovremmo porci è la seguente:
che cosa possiamo fare, a livello individuale, per superare tali emozioni?
È evidente che tali terribili emozioni hanno sempre fatto parte della
condizione dell’essere umano. Quindi, coloro che credono che niente possa
‘curare’ i nostri impulsi verso l’odio e l’oppressione potrebbero rispondere
dicendo che tali impulsi costituiscono semplicemente il prezzo che si paga
per la condizione di esseri umani.
Ora questa visione può creare apatia nei confronti delle emozioni
distruttive e portarci a pensare [erroneamente] che le emozioni distruttive
siano del tutto incontrollabili.
Sono convinto che ci siano dei metodi pratici da utilizzare a livello
individuale per domare i nostri impulsi pericolosi, gli stessi che portano
inevitabilmente alla guerra e alla violenza di massa a livello collettivo.
A prova di ciò posso portare non solo la mia pratica spirituale personale e
la mia comprensione dell’esistenza umana basata sugli insegnamenti
buddhisti, ma adesso anche il lavoro degli scienziati. Negli ultimi 15 anni
ho avuto una serie di conversazioni con gli scienziati occidentali. Abbiamo
discusso di vari argomenti, dalla fisica quantistica e la cosmologia alla
compassione e le emozioni distruttive.
Ho scoperto che le spiegazioni buddhiste, in particolare nel campo delle
scienze biologiche e cognitive che studiano il cervello, possono talvolta
offrire un nuovo punto di vista agli scienziati occidentali, mentre le
investigazioni scientifiche offrono una più profonda comprensione in alcuni
campi quali la cosmologia.
Potrebbe sembrare strano che un leader religioso sia così coinvolto con le
ricerche della scienza, ma gli insegnamenti buddhisti insistono proprio
sull’importanza di comprendere la realtà, quindi dovremmo prestare
attenzione a quello che gli scienziati hanno imparato sul nostro mondo
attraverso gli esperimenti e le misurazioni.
Allo stesso modo, i buddhisti hanno alle spalle 2.500 anni di ricerche sui
processi mentali. Attraverso i millenni, molti praticanti hanno portato
avanti quelli che potremmo definire ‘esperimenti’ sul come superare le
nostre tendenze verso le emozioni distruttive.
Ho incoraggiato gli scienziati a esaminare praticanti spirituali tibetani di
livello avanzato, per scoprire se le loro pratiche possano produrre dei
benefici anche per gli altri, al di fuori del contesto religioso. La meta è
quella di aumentare la nostra comprensione del mondo della mente, della
coscienza e delle nostre emozioni.
È per questa ragione che sono andato a visitare il laboratorio di
neuroscienze del dr. Richard Davidson all’Università del Wisconsin.
Attraverso l’uso di immagini che mostrano quello che succede nel cervello
durante la meditazione, il dr. Davidson è riuscito a studiare gli effetti
delle pratiche buddhiste per coltivare la compassione, l’equanimità e la
consapevolezza.
Per secoli i buddhisti hanno creduto che l’esperienza di tali pratiche renda
le persone più calme, più felici e più amorevoli, e al tempo stesso sempre
meno inclini alle emozioni distruttive.
Adesso, secondo il dr. Davidson, vi è un’evidenza scientifica che sostiene
questa teoria.
Il dr. Davidson mi dice che l’emergere di emozioni positive nei meditanti
può essere dovuta alla seguente ragione: la meditazione consapevole rafforza
i circuiti neurologici che calmano la parte del cervello che innesca la
paura e la rabbia. Questo significa che vi è la possibilità, per noi, di
creare una specie di cuscinetto tra i violenti impulsi del cervello e le
nostre azioni.
Sono già stati fatti esperimenti che dimostrano che alcuni praticanti
possono raggiungere uno stato di pace interiore anche quando si trovano di
fronte a circostanze estremamente sfavorevoli.
Il dr. Paul Ekman dell’Università della California, a San Francisco, mi ha
detto che suoni forti e rimbombanti (come quello di uno sparo di fucile) non
hanno avuto alcun effetto sul monaco buddhista che lui stava testando.
Il dr. Ekman ha dichiarato di non aver mai visto nessuno rimanere così calmo
alla presenza di un rumore così forte e fastidioso.
Un altro monaco, l’abate di uno dei nostri monasteri in India, è stato
‘studiato’ dal dr. Davidson con l’ausilio dell’elettroencefalogramma, per
misurare le onde del suo cervello. Secondo il dr. Davidson, l’abate aveva,
nei centri del cervello associati alle emozioni positive, il più alto
livello di attività mai misurato nel suo laboratorio.
Naturalmente, i benefici di queste pratiche non sono riservati solo ai
monaci che passano mesi interi in ritiri di meditazione.
Il dr. Davidson mi ha raccontato della sua ricerca relativa alle persone che
meditano e svolgono dei lavori fortemente stressanti. Queste persone
mostrano uno stato di attenzione vigile nel quale la mente non viene
catturata da pensieri o sensazioni, ma li lascia andare e venire, proprio
come quando si guarda lo scorrere di un fiume. Dopo otto settimane, il dr.
Davidson ha scoperto che in queste persone le parti del cervello che aiutano
a formare emozioni positive sono diventate sempre più attive.
Le implicazioni di tutto questo sono chiare: il mondo oggi ha bisogno di
cittadini e di leader che possano lavorare per assicurare la stabilità e
instaurare un dialogo con il ‘nemico’ contro il quale hanno dovuto lottare.
È da notare che questi metodi meditativi non sono soltanto utili, ma anche
privi di costo. Non si ha bisogno di droghe o di iniezioni. Non si deve
diventare buddhisti o adottare una particolare fede religiosa. Tutti hanno
il potenziale per vivere una vita serena e piena di significato. Per quanto
possibile, dobbiamo esplorare in che modo questa potenzialità possa essere
realizzata.
Io provo a mettere in pratica questi metodi nella mia vita. Quando sento
delle cattive notizie, specialmente le tragiche storie che spesso sento
raccontare dai tibetani, naturalmente la mia prima reazione è la tristezza.
Comunque, cercando di dare il giusto contesto alla mia reazione, riesco ad
affrontare la situazione ragionevolmente bene. E i sentimenti di rabbia
senza speranza, che semplicemente avvelenano la mente e induriscono il
cuore, raramente riescono a sorgere, anche in seguito alle peggiori notizie.
La riflessione ci dimostra che la maggior parte della sofferenza nelle
nostre vite non è provocata da cause esterne, ma da eventi interni, quali il
sorgere di emozioni che ci turbano. Il migliore antidoto a questa irruzione
è quello di migliorare la nostra abilità di controllare queste emozioni.
La felicità e l’equilibrio interiore sono cruciali per la sopravvivenza
dell’umanità. Altrimenti le vite dei nostri bambini e dei loro bambini sono
destinate ad essere infelici, disperate e brevi.
Lo sviluppo materiale contribuisce certamente alla felicità – fino a un
certo punto – e ad avere un tipo di vita comodo. Ma questo non è
sufficiente. Per raggiungere un più profondo livello di felicità non
possiamo dimenticare il nostro sviluppo interiore.
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