UN PIEDE DOPO L’ALTRO

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UN PIEDE DOPO L’ALTRO

di Jampa Gendun

Da Notiziario Siddhi Estate 98

Dal punto di vista del buddhismo, un viaggio spirituale implica percorrere
un sentiero, per muoverci da dove siamo a dove vogliamo andare. Il sentiero
ci dà questo potere e ci dà la capacità di ottenere quello che vogliamo.
Nella lingua pali, sentiero si dice patipada, che, alla lettera, significa
‘mettere un piede dopo l’altro’. Ora, percorrendo un sentiero spirituale,
non c’è nulla che possa sostituire il primo passo.

Dobbiamo davvero fare qualcosa. Dobbiamo provare. Forse provare
insistentemente, ma anche in modo diverso – sarà una differenza che ‘farà
differenza’ nell’ottenere ciò che vogliamo.

Percorrere il sentiero buddhista significa essenzialmente risvegliare il
nostro cuore agli esseri viventi e la nostra mente alla natura ultima della
realtà. Il passo che stiamo per fare, dunque, riguarda sia l’affetto, sia la
conoscenza. Stiamo provando a cambiare il nostro modo di sentire e di
pensare e possiamo farlo usando mezzi diretti e indiretti.

I mezzi indiretti possono avere molte forme. Per esempio, il semplice uscire
dalla città e vivere nella natura per qualche giorno può provocare un
cambiamento benefico nella qualità della nostra mente. Anche il tipo di
lavoro che facciamo influenza i nostri pensieri. Per esempio, fa bene
produrre un prodotto buono, utile, e provare un senso di sano orgoglio, di
sana fierezza nel farlo; oppure, ancora meglio, fa bene lavorare in un
campo, che è di diretto beneficio agli altri – le professioni sociali e
umanitarie, insegnare e così via.

Anche il nostro modo di vivere quotidiano – la pratica spirituale regolare,
la qualità del tempo che si trascorre insieme agli altri, il lavoro, lo
studio, gli interessi creativi, nutrirsi di cibi sani, rilassarsi, i periodi
di silenzio, gli esercizi fisici e così via, tutte queste cose hanno un
effetto benefico sulla mente. Il piacere dell’arte e della letteratura, o
ascoltare della buona musica possono innalzare il livello della nostra
coscienza, se queste opere rispecchiano il più alto livello della coscienza
di un artista.

Sul versante operativo, è di grande aiuto frequentare i maestri e le persone
che sono più evolute di noi spiritualmente, o che comunque abbiano interessi
spirituali, aiutare gli altri, fare un lavoro volontario per una causa che
merita… in breve, sono utili tutte le attività fatte senza, o con poco
egoismo.

Offrire alcuni fiori su un altare, una candela davanti a un’immagine sacra,
fare prostrazioni, canti, rituali, tutto questo può avere un benefico
effetto sulla mente.

Tutti questi mezzi indiretti sono intrecciati tra loro in vario modo; ma,
nonostante siano parte necessaria di una pratica spirituale completa, non
sono capaci, da soli, di risvegliare completamente i nostri cuori e le
nostre menti. Perché questo avvenga, dobbiamo aggiungere il lavoro diretto
sulla nostra stessa mente. Questo lavoro è dato dal mezzo diretto della
meditazione, un addestramento in tre stadi, che comporta ascoltare,
riflettere, e, finalmente, meditare. Meditare senza ascoltare e riflettere è
come avere le gambe, ma non gli occhi; mentre, ascoltare e riflettere senza
meditare è come avere gli occhi, ma non le gambe. In entrambi i casi non
andremo molto lontano.

Il primo stadio del processo meditativo comprende l’ascolto, o lo studio
degli insegnamenti, con una mente aperta e ricettiva – una mente che non
stravolge il significato di ciò che ascolta, o legge. Questo stadio iniziale
raccoglie le informazioni, impara la terminologia e le categorie
fondamentali usate negli insegnamenti. E’ lo stadio dell’imparare idee
nuove, differenti da quelle abituali.

Il secondo stadio, la riflessione, comporta un’attenta valutazione delle
informazioni raccolte, in modo da chiarirne il vero significato. Esaminiamo
criticamente, alla luce della nostra esperienza e della nostra razionalità,
quanto abbiamo ascoltato, o studiato. Chiediamoci: “Questi insegnamenti sono
veri, o no?”, “Le idee che vengono presentate hanno una consistenza logica?
Sono concordi con la mia esperienza?” e, ancora, “I metodi di ragionamento e
valutazione della mia esperienza sono validi, o no?” Se durante questo
processo sorgeranno dei dubbi, non saranno altro che i precursori di una
vera comprensione. Attraverso le risposte che troveremo, acquisiremo una
vera conoscenza.

Il terzo stadio, la meditazione, comporta l’integrare nel nostro essere, nel
nostro carattere, la nuova comprensione acquisita. In un certo senso
significa mettere in pratica. E’ pratica nel senso che effettivamente ‘lo
facciamo’, o ‘lo siamo’, invece di semplicemente ‘pensarlo’; si tratta di un
‘effettiva formazione di nuove e differenti idee di noi stessi, per cambiare
noi stessi.

Nello stadio dell’ascolto, raccogliamo i semplici fatti, vediamo come le
informazioni si incastrano insieme. Durante lo stadio della riflessione,
usando il nostro ragionamento e la nostra esperienza, sollevando e chiarendo
dubbi, aumentiamo la conoscenza e la certezza. Con questa fiducia ci
imbarchiamo nel terzo stadio, la meditazione. Svaniti tutti i dubbi e le
esitazioni, adesso sperimentiamo direttamente il vero significato degli
insegnamenti, lo realizziamo. Abituando la nostra mente a questa nuova
esperienza, ancora e ancora, questa diventerà una nostra seconda natura,
perché cambiamo, cresciamo, ci risvegliamo.

E’ importante tener presente che gli insegnamenti buddhisti, nell’intero
processo del fare un passo dopo l’altro, non ci stanno dicendo come vivere
la nostra vita; ma, come comprendere a fondo il modo in cui abbiamo vissuto
la nostra vita. Il che significa capire dove siamo, come ci siamo arrivati,
come è meglio continuare e dove ci porterà tutto questo; in altre parole,
come crescere e come, alla fine, illuminarci. Il ‘come vivere’ ne deriva di
conseguenza, nasce spontaneamente da tutto questo.

Con le nuove idee e la nuova comprensione, la loro esperienza e
integrazione, cambieremo naturalmente, cresceremo, e la nostra vita
rispecchierà in modo naturale questo cambiamento, la crescita che è
percorrere il sentiero. Il progresso nel sentiero mostra che la calma e la
capacità di agire sono il risultato evidente della saggezza, e la gentilezza
amorevole è l’effetto della compassione che fluisce interiormente.

Ma vi sono tanti modi in cui questi indicatori di crescita possono trovare
la loro specifica espressione nella vita delle persone, tanti secondo la
diversità di ogni singolo individuo. La nostra continua ricerca di qualche
ricetta universale che ci dica come dobbiamo pensare e agire – o di una
formula invariabile che ci dica come vivere, e che possiamo applicare alla
nostra vita senza bisogno di pensare- è un altro dei nostri futili tentativi
di evitare di fare scelte consapevoli per noi stessi e accettare la
responsabilità delle conseguenze.

Anche se a un certo livello pensiamo e agiamo altrimenti, non c’è modo di
evitare l’assoluta necessità di usare la nostra mente e sperimentare la
possibilità di cambiarla. Usare la nostra mente significa usare la nostra
intelligenza fondamentale ed espandere la nostra capacità di prenderci cura
degli altri. Cambiare la nostra mente è cambiarne le idee e ciò significa
sperimentare idee nuove e diverse e lasciare che ci pervadano.
Trasformeranno il nostro modo di pensare, sentire e agire e questo cambierà
il nostro modo di vivere e di sperimentare la vita. Non vi sono ricette o
formule che possano farlo al nostro posto.

(Jampa Gendun)

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