Un radicale atto d’amore

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Un radicale atto d’amore

di J. Kabat Zinn

da: Riprendere i sensi” di J. Kabat Zinn

Nelle sue manifestazioni esteriori la meditazione sembra comprendere sia il
fermarsi, parcheggiando il corpo in una quiete che sospende ogni attività,
sia il dedicarsi al fluire del movimento. In entrambi i casi è una saggia
attenzione incarnata, un gesto interiore che si intraprende quasi sempre in
silenzio, uno spostamento dal fare al semplice essere. A prima vista può
essere considerato un atto innaturale, ma ben presto, se continuiamo a
dedicarci a esso, scopriamo essere atto di puro amore per la vita che si
svolge in noi e intorno a noi.

Quando guido una meditazione con un gruppo di persone spesso mi ritrovo a
incoraggiarle a liberarsi del pensiero « sto meditando » e a limitarsi a
stare svegli, senza sforzi, senza programmi, senza idee, neanche su « come
mi dovrei sentire » o « che aspetto dovrei avere » o « su che cosa dovrei
concentrare l’attenzione ». Le invito a essere semplicemente sveglie e
attente a quel che c’è in questo preciso istante senza ornamenti né
commenti. Uno stato di veglia come questo non è tanto facile da assaporare,
all’inizio, a meno che non si abbia davvero una « mente di
principiante »;ma è una dimensione importante della meditazione, da
conoscere
dai primi inizi, anche se in ogni momento l’esperienza di quella
consapevolezza aperta, spaziosa e libera dall’obbligo di scegliere ci pare
difficile da cogliere.

Abbiamo bisogno di diventare più semplici, non più complicati; per questo
all’inizio ci è difficile uscire dai nostri percorsi abituali abbastanza da
poter assaporare questa sensazione di non-fare (che è a nostra totale
disposizione), da rilassarci nell’essere, senza alcun programma ma
pienamente risvegliati. E per questa ragione che esistono tanti diversi
metodi e tecniche per meditare e tante diverse direttive e istruzioni, che
alle volte io chiamo « impalcature ». Possiamo considerarli modi antichi e
utili per riportarci indietro intenzionalmente e volutamente da una miriade
di direzioni, da luoghi differenti nei quali, forse, ci eravamo bloccati
nello stupore o nella confusione; modi utili per riportarci a un silenzio
assoluto e aperto, a ciò che potremmo chiamare il nostro stato originario
di veglia, che in realtà c’è sempre stato, c’è sempre, proprio come il sole
splende sempre e l’oceano è sempre calmo, nei suoi abissi.

Ho la sensazione che la mia barca abbia urtato, là sotto nel profondo,
contro qualcosa di grosso.
E non succede niente!
Niente… silenzio… onde…
– Non succede niente ? O non è già successo tutto,
e noi ora ce ne stiamo tranquilli nella nuova vita ?
Juan Ramon Jimenez, Oceani

Amano a mano che il ritmo della nostra vita viene accelerato sepipre più
da una moltitudine di forze apparentemente al Ui fuori del nostro
controllo, un numero sempre maggiore di noi si ritrova a impegnarsi nella
meditazione, in questo atto radicale dell’essere, in questo atto radicale
d’amore, per quanto possa sembrare stupefacente dato l’orientamento
materialistico da « posso farcela », ossessionato dalla velocità, dal
progresso, dalla celebrità, dalla curiosità per le azioni altrui che sono
propri della nostra cultura. Sono tante le ragioni per le quali ci stiamo
rivolgendo verso la meditazione di UN RADICALE ATTO D’AMORE

non ultima forse l’intenzione di conservare la nostra
salute mentale o di recuperare il senso delle proporzioni e il significato
delle cose, o anche solo di tener testa al tremendo stress e alla grande
insicurezza del nostro tempo. Questo fermarci e « cadere risvegliati »
intenzionalmente alle cose così come sono in questo momento, risoluti,
senza soccombere alla reazione o al giudizio e lavorandoci sopra
saggiamente se nascono, con la giusta dose di comprensione per noi stessi
quando invece soccombiamo, disposti a prendere dimora per un certo tempo
nel momento presente a dispetto di tutti i nostri piani e di tutte le
nostre attività finalizzate ad arrivare da qualche altra parte o a portare
a termine un progetto o a perseguire oggetti di desiderio o scopi, finisce
per rivelarsi un atto immensamente difficile, quasi scoraggiante eppure
estremamente semplice, profondo, dopotutto decisamente possibile, che dà
ristoro alla mente e al corpo, all’anima, allo spirito.

In effetti limitarsi a sedersi e a starsene tranquilli per un po’ di tempo
per conto proprio è un atto radicale d’amore. Sedersi in questo modo in
realtà è un modo di prendere posizione nella propria vita così com’è, come
che sia, proprio ora. Prendiamo posizione qui e ora, mettendoci seduti a
meditare con la schiena dritta e a testa alta.

Restare sani di mente in un mondo sempre più folle è la sfida del nostro
tempo. Come si fa, se siamo presi di continuo dal chiacchiericcio della
nostra mente, se siamo spaventati dalla sensazione di esserci persi, di
essere rimasti isolati, di non essere in contatto con ciò che ha un minimo
di significato e con quel che siamo realmente, quando sentiamo che tutto il
nostro darci da fare è vuoto, quando ci rendiamo conto di quanto sia breve
la vita? Alla fine, è solo l’amore a poterci far intuire che cosa è davvero
reale, che cosa conta davvero. E dunque, sì, ha senso un atto radicale
d’amore, amore per la vita e per l’emergere del proprio vero sé.

Limitarci a sederci e a lasciarci affondare nella presenza è un modo
potente e incisivo di affermare che stiamo riprendendo i sensi, lentamente
ma sicuramente; che, dietro a tutto il pensare e il rimuginare su se
stessi, quel mondo di esperienza diretta è ancora intatto e decisamente
disposto a venirci in soccorso, a farci guarire, a farci sapere come essere
e che cosa fare (quando poi torniamo a fare), o per lo meno da che parte
cominciare.

(NOTA) Definizione con cui Suzuki Roshi, maestro giapponese di Zen Soto e
fondatore del San Francisco Zen Center, rende l’innocenza della ricerca
aperta e sgombra su chi si è e su che cos’è la mente, che si svolge in base
all’esperienza diretta sul cuscino di meditazione. « Nella mente di
principiante ci sono molte possibilità, nella mente da esperto ce ne sono
poche. » In italiano vedi Shunryu Suzuki, Mente Zen, mente di principiante,
Ubaldini, Roma 1976, 2001.

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