Un sistema unico per classificare stimoli uditivi e visivi

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Un sistema unico per classificare stimoli uditivi e visivi

19 aprile 2018

Anche se gli stimoli visivi e uditivi sono molto differenti, il cervello usa uno stesso schema di
elaborazione per classificarli e dar loro un significato. La scoperta apre le porte allo sviluppo di
tecnologie che permettano di convertire gli input di una modalità sensoriale in quelli di un’altra,
utili a persone affette da deficit sensoriali (red)

da lescienze.it/news

Lo schema di apprendimento del significato degli stimoli visivi e di quelli sonori cablato nei
circuiti cerebrali è lo stesso, a dispetto della diversità dei canali sensoriali attraverso cui
arrivano al cervello. La scoperta potrà contribuire a sviluppare tecnologie che permettano di
convertire gli input di una modalità sensoriale in quelli di un’altra.

“Se una persona non è in grado di elaborare una modalità sensoriale, per esempio la visione, a causa
della cecità, si potrebbero mettere a punto dispositivi sostitutivi che consentano di trasformare
gli input visivi in suoni. Così gli stimoli persi per una disabilità sensoriale potrebbero essere
recuperati facendoli elaborare da altri centri cerebrali sensoriali”, spiega Maximilian Riesenhuber,
della Georgetown University School of Medicine, che ha diretto lo studio, ora pubblicato su
“Neuron”.

Un sistema unico per classificare stimoli uditivi e visivi
Nel 2007, lo stesso gruppo di ricerca che ha condotto questo studio era riuscito a descrivere gli
schemi neurali di apprendimento e categorizzazione degli stimoli visivi: uno stimolo, per esempio
vedere una persona, può infatti essere categorizzato in modo molto differente, per esempio come
“amico” o “nemico”. Questo compito di ricezione e categorizzazione dello stimolo era risultato
avvenire in due fasi, prima nella corteccia visiva, poi nella corteccia prefrontale laterale.

Nel nuovo studio i ricercatori hanno usato diversi metodi di visualizzazione cerebrale per
analizzare i percorsi di categorizzazione di stimoli sonori in 16 volontari.

Per isolare gli schemi di categorizzazione degli stimoli uditivi senza che fossero falsati dal
significato che associamo quasi istantaneamente alle parole (che mettono in gioco un centinaio di
aree cerebrali in diverse regioni della corteccia), i ricercatori hanno usato i richiami emessi da
vari primati per comunicare fra loro. Poiché in natura questi richiami sono pochi, Riesenhuber e
colleghi ne hanno creato varie versioni alterate, addestrando poi i volontari a distinguerli.

Dall’analisi dei dati è risultato che anche nel caso degli stimoli sonori il processo di
categorizzazione avviene in due fasi: prima nella corteccia uditiva e quindi nella corteccia
prefrontale laterale.

dx.doi.org/10.1016/j.neuron.2018.03.014

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