Consapevolezza e Spiritualità
Molti scienziati ci avvertono che l’umanità si trova a un punto cruciale della sua evoluzione,
affermando che la nostra tecnologia, e l’ignoranza nel distruggere l’ambiente hanno contribuito al
riscaldamento globale e al rapido aumento dell’estinzione di massa di un sesto del mondo. Secondo
loro, ora non dobbiamo più chiederci se siamo in crisi, ma se sopravviveremo.
Bruce Lipton – 13/09/2022
Quella attuale non è la prima crisi che mette in pericolo la vita della civiltà. Lo storico Arnold
Toynbee ha descritto la società come un organismo vivente che attraversa determinati ritmi
universali di crescita, sviluppo e decadenza. Toynbee ha rivelato che i cicli vita/morte della
società sono guidati da modelli di sfida-e-risposta. Ha inoltre affermato che una società si
sviluppa velocemente, raggiunge l’equilibrio e infine entra in una situazione di sbilanciamento
che produce nuove sfide ambientali. Le sfide provenienti dall’ambiente a loro volta provocano una
risposta nella società. Le culture che si trovano ad affrontare sfide minacciose, si aggrappano
inevitabilmente a idee fisse e modelli rigidi. Quando la struttura sociale di una civiltà e i suoi
modelli di comportamento diventano troppo rigidi, quella società soccombe non riuscendo più ad
adattarsi alle situazioni mutevoli.
Le attuali crisi globali sono veri presagi di un imminente sconvolgimento che farà vacillare le
fondamenta della civiltà. Mentre l’attenzione mondiale si concentra sulla paura dell’estinzione, le
intuizioni della nuova scienza di frontiera offrono uno scenario diverso, sostenendo che l’umanità
si trova al vertice di un imminente cambiamento evolutivo.
La comunità umana sta affrontando una situazione simile a quella della comunità cellulare contenuta
da una larva di farfalla. Miliardi di cellule s’impegnano a tempo pieno nella maturazione della
larva che si nutre e cresce ininterrottamente. A un certo stadio di sviluppo, i processi metabolici
cominciano a interrompersi e la vita nella prima comunità cellulare attiva della larva comincia a
svanire. Tra le cellule morenti della larva, una popolazione emergente di cellule immaginali
(imaginal cells) progressive pensanti risponde a una nuova consapevolezza. Queste cellule
collaborano alla ristrutturazione della loro società per creare una farfalla, una nuova
organizzazione che permette di sperimentare il futuro livello superiore della loro evoluzione.
Poiché la luce della nostra civiltà comincia a oscurarsi, le minoranze creative, l’equivalente delle
cellule immaginali umane, rispondono alle nuove scelte di sostegno vitale. La sopravvivenza è
fondata sulle nostre scelte che, a loro volta, sono completamente dipendenti dalla nostra
consapevolezza collettiva, le verità sulle quali viviamo. Le verità fondamentali che formano
collettivamente una società si possono definire i suoi paradigmi di base.
Secondo Thomas Kuhn, un paradigma è una struttura teorica che rappresenta le verità alla base di
ogni particolare sistema di credenze, sia di natura scientifica che religiosa, economica o politica.
In modo particolare, un paradigma di base rappresenta le verità accettate da una civiltà nel
rispondere a tre domande fondamentali. Come siamo arrivati qui? Perché siamo qui? E
adesso che siamo
qui, come possiamo trarne il meglio?
Le culture usano le verità del paradigma di base per comprendere il significato delle esperienze di
vita. Se le percezioni di un paradigma sono esatte, ci sarà offerta un’opportunità di usufruire di
salute e coerenza. Se le percezioni sono distorte, in tal caso lo saranno anche la vita e la
società.
Un cambiamento nelle credenze paradigmatiche di base produce inevitabilmente uno sconvolgimento e
una riorganizzazione drammatica della civiltà umana. La storia della civiltà occidentale rivela
l’ascesa e la caduta di tre varianti culturali precedenti, ognuna definita dal proprio paradigma di
base unico. Il carattere di queste culture è descritto come Animista, quello che rappresenta le
culture aborigene come i Nativi Americani (o Indiani d’America) o i Druidi Celtici; Politeista,
esemplificato dalle culture Egiziane, Greche e Romane, e Monoteista, ossia la cultura
Giudeo-Cristiana formata dalle verità della Chiesa. Con il Monoteismo, le eterne domande della
civiltà ottennero come risposta le seguenti verità: Come siamo arrivati qui? Per intervento
Divino. Perché siamo qui? Per compiere azioni di moralità. E, Adesso che siamo qui, come possiamo
trarne il meglio? Vivendo secondo le leggi della Bibbia.
Quando tutte le culture oltrepassarono i limiti della comprensione e dell’influenza del proprio
paradigma, si arrivò all’evoluzione di nuove credenze, che a loro volta provocarono la futura
versione della civiltà. L’ultimo sconvolgimento culturale avvenne quasi centocinquanta anni fa
quando la civiltà rifiutò le credenze paradigmatiche Monoteiste della Chiesa e, al loro posto,
adottò le verità offerte dalla Scienza Moderna.
Per oltre due secoli la scienza aveva creato i miracoli tecnici superando quelli della Chiesa, ma
le verità scientifiche non riuscirono a sostituire la Chiesa come dispensatrice di verità. La
Chiesa mantenne la sua posizione potente solo perché la Scienza non fu in grado di fornire una
risposta soddisfacente alla prima domanda del paradigma: Come siamo arrivati qui?
Darwin e il destino dell’attuale civiltà
Ma tutto cambiò nel 1859 quando Darwin pubblicò la sua opera, Le Origini della specie: per mezzo
della selezione naturale o il preservarsi delle razze favorite nella lotta per la vita. [Il pubblico
preferì immediatamente le intuizioni di Darwin, sull’origine della vita avvenuta in milioni di anni
di variazioni ereditarie, rispetto alla verità sostenuta in passato della storia della Genesi e
difesa dalla Chiesa.] Adottando la teoria scientifica dell’evoluzione e non quella delle origini
divine, la civiltà passò ufficialmente dall’era del Monoteismo a quella attuale del Materialismo
Scientifico.
Due dogmi fondamentali della teoria di Darwin modificarono drammaticamente il destino e il carattere
della civiltà attuale. In primo luogo, la teoria mise in evidenza che le variazioni ereditarie,
responsabili dell’evoluzione da una specie a un’altra, nascono a seguito di mutazioni random (per
es., mutazioni genetiche). Definendo le mutazioni ereditarie incidenti, la scienza soppresse il
ruolo di Dio nel formare la biosfera, e in modo particolare, nel provvedere alla nostra esistenza.
Fondamentalmente, la Scienza sostiene che l’unica ragione o scopo della nostra esistenza è
nientemeno che un’avventura genetica rischiosa e incerta. Come turisti casuali, non abbiamo alcuna
responsabilità verso il pianeta o l’uno verso l’altro.
La seconda caratteristica della teoria Darwiniana che regola la cultura si esprime nel concetto
della selezione naturale. Non tutte le mutazioni ereditarie sono uguali, alcune aumentano la
sopravvivenza, alcune la minacciano, mentre la maggior parte è neutra. La selezione naturale indica
che la Natura favorisce la sopravvivenza degli individui più adatti. Nel capitolo finale dell’
Origine della Specie, Darwin riporta di un’inevitabile lotta per la vita, e di un’evoluzione
guidata dalla guerra della natura, contro la carestia e la morte. Aggiungete ciò all’opinione
Darwiniana sulla casualità dell’evoluzione e avrete un mondo, descritto poeticamente da Tennyson,
che possiamo definire rosso di zanne e artigli, una serie di lotte insignificanti e cruente per la
sopravvivenza.
Per Darwin, la lotta e la violenza non sono solo parte della natura animale (umana), ma
costituiscono le forze principali che guidano il progresso evolutivo. A causa della sua influenza
sul paradigma di base della società, la teoria Darwiniana ha avuto un impatto profondo sulla
formazione dello stato attuale della civiltà. Nell’era del Materialismo Scientifico, gli esseri
umani hanno acquisito le seguenti verità per rispondere alle solite domande:
Come siamo arrivati qui? Attraverso un’evoluzione casuale. Perché siamo qui? Siamo solo incidenti
genetici, perciò la nostra esistenza non ha alcun motivo. E
adesso che siamo qui, come possiamo
trarne il meglio? Vivendo secondo la legge della giungla, mentre combattiamo nella lotta per la
sopravvivenza.
Mentre la Scienza misura il successo evolutivo in termini di sopravvivenza di un individuo, tuttavia
non stabilisce i mezzi necessari per ottenerlo. La vita viene percepita solo come una lotta con
vincitori e vinti. Un Uzi (pistola mitragliatrice israeliana) è un potente mezzo per assicurarsi la
sopravvivenza, come lo è possedere una grande cervello o esprimere amore. In questo mondo basato
sulla competizione, spesso la moralità viene considerata un impedimento alla realizzazione del
successo evolutivo.
La teoria Darwiniana, valutando in modo erroneo il significato di evoluzione, la descrive come una
inevitabile gara per la sopravvivenza. I leader mondiali, nello sforzo di aderire a questa
filosofia, si sono impegnati per assicurare la sopravvivenza, incoraggiando la competizione basata
sulla violenza nella lotta per la sopravvivenza così come viene percepita. È proprio questa
convinzione, in origine selezionata per il suo valore di sopravvivenza, ad aver sollecitato la
violenza e lo sconvolgimento ecologico che oggi sta distruggendo la nostra civiltà.
Sempre più problematica, la nostra esistenza senza scopo ha inciso profondamente sull’armonia
globale allontanandoci dall’ambiente e l’uno dall’altro. Nell’inseguire il suo destino Darwiniano,
la civiltà ha contribuito a un numero sempre maggiore di crisi globali, sfide ambientali che
minacciano la nostra sopravvivenza collettiva. Come ha rivelato Toynbee, le sfide ambientali
provocano una reazione nella società.
La luce all’uscita dal tunnel
A insaputa del grande pubblico, una rinascita biologica sta profondamente sfidando le credenze
paradigmatiche correnti che regolano la civiltà contemporanea. Le recenti scoperte scientifiche
forniscono una nuova storia impellente talmente diversa (in originale out of the box, ndr)
dall’opinione prevalente che anche per la scienza è difficile accettare le sue implicazioni. È una
storia di armonia e relazione, di vita e d’amore. Curiosamente, le nuove intuizioni riecheggiano
una verità fornita all’umanità cinquant’anni prima che Darwin formulasse la sua teoria.
Il biologo francese Jean-Baptiste de Lamarck fornì nuove interpretazioni sul significato della vita
pubblicando il primo rapporto scientifico sulla teoria dell’evoluzione (1809). Per chi ricorda
vagamente la biologia studiata alle superiori, il nome Lamarck rimarrà associato per sempre
all’opinione che le giraffe svilupparono colli lunghi perché desideravano raggiungere foglie e
frutti sospesi troppo in alto. L’idea che gli organismi primitivi abbiano una coscienza con cui
possono influenzare la propria evoluzione è ridicola e fa passare Lamarck per un pazzo.
Fu proprio questa l’intenzione del massimo scienziato francese Baron Cuvier, un Creazionista, che
diffamò volutamente Lamarck e screditò la sua teoria per mantenere il controllo della Chiesa sul
paradigma Monoteista. Se Lamarck aveva ragione circa l’evoluzione, allora la verità della versione
biblica della Creazione, sostenuta dalla Chiesa, era sbagliata.
Se Lamarck fosse stato vivo per difendersi, avrebbe messo in evidenza che l’evoluzione era basata su
un’interazione collaborativa istruttiva tra gli organismi nella biosfera che permette alle forme
di vita di sopravvivere, adattandosi ai mutamenti ambientali dinamici. Questo è evidente quando si
osserva la relazione perfetta tra gli organismi e i loro ambienti; gli orsi polari non vivono nei
tropici e le orchidee non crescono nell’Artico. Lamarck sosteneva che l’evoluzione era il risultato
di organismi che acquisiscono e superano le mutazioni ambientali, dovendo affermare la loro
sopravvivenza in un mondo in costante cambiamento.
La teoria secondo la quale esista uno scopo per l’evoluzione è collegata alla visione di Lamarck.
Quando un organismo entra in un ambiente, la sua esistenza e i processi vitali modificano tale
ambiente. Mentre le modifiche cambiano l’ambiente, le nuove condizioni che ne derivano offrono
un’opportunità all’origine di nuove specie, per bilanciare quei cambiamenti ambientali. Un esempio
è l’evoluzione della fotosintesi delle piante che conduce a uno squilibrio ambientale.
La fotosintesi, che preleva biossido di carbonio (anidride carbonica) e libera ossigeno di scarto
nell’atmosfera, era rischiosa. L’eccesso di ossigeno nell’atmosfera avrebbe provocato
inevitabilmente una combustione spontanea, incendiando il mondo! Tuttavia, alti livelli di ossigeno
fornirono una nuova nicchia permettendo l’evoluzione di animali che respirano ossigeno e liberano
biossido di carbonio di scarto. Di conseguenza, l’evoluzione animale bilanciò le mutazioni
ambientali prodotte dalle piante.
Le false credenze sulla teoria di Lamarck era fondata sulla voluta interpretazione erronea di Cuvier
della parola francese besoin, che significa sia bisogno che desiderio. Lamarck usò la parola besoin
per intendere bisogno, per esempio: gli animali hanno bisogno di evolversi. Cuvier insinuò che
Lamarck usasse besoin per intendere desiderio, in modo da ottenere una nuova interpretazione della
frase: gli animali hanno il desiderio di evolversi. Alla luce della denigrazione di Cuvier, le
idee di Lamarck sull’evoluzione erano ridicole.
Ora, dopo oltre 175 anni dalla morte di Lamarck e le diffamazioni di Cuvier, la scienza sta
scoprendo che l’intenzione evolutiva può essere molto più vicina alla verità di quanto lo stesso
Lamarck avrebbe immaginato. [Quando cinquant’anni dopo Darwin introdusse la sua versione di
evoluzione affermò che i cambiamenti ereditari nascono da un avvenimento casuale. Di conseguenza,
l’idea di Lamarck sulle caratteristiche acquisite provocate dall’ambiente diventò un argomento
fortemente contestato dai proponenti della teoria Darwiniana. Ancora una volta, Lamarck con la sua
teoria sarebbe stato ingiustamente insidiato, e stavolta non da un creazionista, ma da un
evoluzionista.
Il biologo tedesco August Weismann, con i suoi tentativi di invalidare l’evoluzione adattiva
contribuì al tramonto di Lamarck. Weismann tagliò via le code di topi maschi e femmine e poi li fece
accoppiare, dimostrando che se la teoria di Lamarck fosse stata esatta, i genitori avrebbero
trasmesso la loro condizione di animali senza coda alle generazioni future. La prima generazione di
topi nacque con la coda, perciò Weismann usò la prole e ripeté l’esperimento per altre 21
generazioni. In cinque anni di esperimenti, non nacque alcun topo senza coda.
Gli esperimenti dei topi senza coda servirono a ridimensionare Lamarck alle giuste e relegarlo al
classico mucchio di fandonie, anche se le conclusioni di Weismann fossero scientificamente
ingiustificate. Lamarck sosteneva che i cambiamenti evolutivi impiegano enormi periodi di tempo,
migliaia di anni. Chiaramente l’esperimento di Weismann, durato cinque anni, non era stato
abbastanza lungo per poter verificare la teoria di Lamarck.
L’esperimento di Weismann fu anche più imperfetto fondamentalmente, in quanto Lamarck non affermò
mai che tutti i cambiamenti avrebbero attecchito negli organismi sottoposti a esperimento. Lamarck
sosteneva che gli organismi mantengono i tratti che favoriscono la sopravvivenza. Anche se Weismann
pensava che i topi non avessero bisogno della coda, non considerò se i topi pensavano di possedere
code attinenti alla loro sopravvivenza! Gli esperimenti di Weismann sostenevano la teoria
Darwiniana e alla fine Lamarck perse il consenso del pubblico.
Dopo Weismann, i biologi abbandonarono l’idea del ruolo influente dell’ambiente nel creare mutazioni
genetiche e formare percorsi evolutivi. Nel 1943, alcuni studi sulla genetica batterica condotti da
Salvador Luria e Max Delbruck confermarono l’enfasi data da Darwin al carattere casuale delle
mutazioni. I due biologi aggiunsero una soluzione di batteriofagi, virus che infettano e alla fine
uccidono i batteri, a numerose colture innestate con batteri geneticamente identici. Mentre questo
processo porta a morte quasi certa i batteri, ogni tanto quelli resistenti al virus sopravvivevano
sviluppandosi in colonie.
Se le mutazioni di sostegno vitale fossero state prodotte da una innata reazione batterica
adattiva ai virus, in ogni capsula si sarebbe rivelato un numero simile e costante di colonie
sopravvissute. In contrasto, se le mutazioni fossero state il risultato di processi casuali, allora
il numero di colonie sopravvissute sarebbe stato vario tra le capsule. I risultati mostrarono una
differenza significativa nel numero di colonie sopravvissute da una capsula di Petri alla
successiva. Luria e Delbruck arrivarono alla conclusione che le mutazioni sono solo degli eventi
casuali e imprevedibili, e non hanno niente a che fare con qualsiasi probabile necessità, attuale o
futura, dell’organismo. Poiché questi cambiamenti provocano un’evoluzione, la scienza fu costretta a
concludere che un’evoluzione guidata in modo casuale non ha alcun scopo.
Il lavoro di Cairns
Nel 1988, l’opinione affermata dalla Scienza sull’evoluzione casuale fu fortemente sfidata dalla
sorprendente ricerca di John Cairns, genetista di fama internazionale. I nuovi studi di Cairns sui
batteri, dal nome eccentrico The Origin of Mutants, furono pubblicati nel prestigioso giornale
britannico Nature. Cairns scelse batteri con un gene anomalo che riproduceva una versione
difettosa dell’enzima lattasi necessario per digerire il lattosio. Poi inoculò questi batteri
lattasi-deficienti nei piatti di coltura dove l’unica sostanza nutriente era il lattosio. Incapaci
di metabolizzare questo nutriente, i batteri non dovrebbero crescere né riprodursi. Non era stata
prevista la comparsa di alcuna colonia, in nessun piatto di coltura.
Con grande sorpresa, una grande quantità di colture mostrò la crescita di colonie batteriche.[
Quando Cairms campionò i batteri nell’inoculum originale, nessuno di loro aveva mutato i propri geni
difettosi di lactasi. Lo scienziato concluse che le mutazioni riparatrici dei geni di lactasi
seguivano e non precedevano l a loro esposizione al nuovo ambiente. Gli esperimenti di Luria e
Delbruck contavano sull’uccisione relativamente istantanea dei batteri da parte dei virus. Al
contrario, l’esperimento di Cairns sostanzialmente affamava i batteri fino alla morte, un processo
più lungo e più lento. Cairns concesse ai batteri stressati il tempo necessario di esecuzione per
avviare i meccanismi innati che producevano la mutazione e servivano alla loro sopravvivenza.
Nello studio di Cairns, le mutazioni a sostegno della vita apparvero come risposta diretta alla
crisi ambientale di questi batteri. Ulteriori analisi rivelarono che, in questi batteri
traumatizzati, furono colpiti solo i geni associati al metabolismo della lattasi. Inoltre tutti i
batteri sopravvissuti espressero lo stesso identico tipo di mutazione con una possibilità su cinque
diversi meccanismi di mutazione.] Chiaramente i risultati del suo esperimento non sostengono
l’ipotesi di mutazioni casuali e di evoluzione senza scopo!
Cairns si riferì a questo meccanismo appena scoperto come a una mutazione orientata. La sola idea
che l’informazione ambientale potesse eseguire una retroazione e riscrivere i geni fu un affronto
per i proponenti della teoria Darwiniana. La risposta da parte della scienza fu rapida e ostile.
[Sia il giornale britannico Nature che quello americano Science pubblicarono violenti articoli
contro i risultati di Cairns. Il titolo di quello americano, a grandi caratteri e in neretto,
dichiarava: Un’eresia nella biologia molecolare.].
I massimi esponenti di Scientific Materialism erano pronti a condannare Cairns al rogo!
I risultati di Cairns si ripeterono nel decennio successivo, e da allora la sua idea scioccante e
inaccettabile della mutazione orientata si attenuò per diventare mutazione adattiva per poi essere
relegata a mutazione benefica. Alla sfida verso la casualità delle mutazioni si aggiunse quella per
spiegare il meccanismo con cui tali mutazioni, in primo luogo, si verificherebbero.
riproducono attivamente copie di geni associati alla loro particolare disfunzione. Invece di
adoperare meccanismi convenzionali che copiano il DNA, i batteri impegnano un unico enzima incline
all’errore, e copia il DNA creando mutazioni mentre copia il gene. Una sorta di fotocopiatrice
scadente che sbaglia intenzionalmente. Usare questo enzima per produrre una grande quantità di
copie di geni mutati casualmente permette alle cellule di accelerare intenzionalmente il loro indice
di mutazione per aumentare la propria sopravvivenza. Lo sviluppo di queste mutazioni random
rappresenta la parte Darwniana del processo.]
Ed è con il nome di ipermutazione somatica, si indente quel meccanismo che fornisce batteri
debilitati con numerosi geni duplicati, e ognuno esprime una diversa variazione del codice genetico.
Quando una variante del gene produce un prodotto della proteina più efficace nel risolvere lo stress
dell’organismo, il batterio libera il gene difettoso originale dal suo cromosoma e lo sostituisce
con la versione nuovissima. Questa è la parte Lamarckiana del meccanismo, la fase in cui
un’interazione istruttiva tra l’ambiente e la cellula porta alla selezione della versione migliore
del nuovo gene.
Lo stesso meccanismo d’ipermutazione somatica viene usato dai nostri sistemi immunitari per produrre
le apposite proteine dell’anticorpo che ci proteggono da virus, batteri e parassiti invasivi.
La tecnologia ha tratto profitto da questi meccanismi di mutazione per progettare batteri in grado
di digerire fuoriuscite di olio o estrarre certi minerali grezzi dalle cave. Nello stesso tempo,
la scienza medica è stata confusa e sopraffatta da questo meccanismo che permette ai microbi
patogeni di imparare a diventare resistenti ai nostri antibiotici più potenti. Il lavoro di Cairns
ci introduce alla realtà che l’evoluzione non è solo un caso fortunato ma una danza tra un organismo
e il suo ambiente, un processo dinamico in cui gli organismi possono adattarsi continuamente agli
ambienti nuovi e debilitanti.
La condivisione dell’informazione genetica
Scienziati che studiano il genoma hanno scoperto di recente un meccanismo supplementare di
adattamento evolutivo che rivela una sorprendente collaborazione tra le specie: organismi viventi
che condividono i loro geni. Si riteneva che i geni si trasmettessero solo alla progenie di un
organismo individuale attraverso la riproduzione. Ora gli scienziati ritengono che i geni si
condividono non solo tra membri individuali all’interno di una specie, ma anche tra membri di specie
diverse. La condivisione dell’informazione genetica attraverso il trasferimento genetico accelera
l’evoluzione poiché gli organismi possono acquisire, sottoforma di geni, esperienze apprese da
altri organismi. Stabilita questa condivisione di geni, gli organismi non si possono più considerare
entità sconnesse; non ci sono muri tra le specie.
La condivisione dell’informazione genetica non è accidentale; è il metodo della Natura per aumentare
la sopravvivenza collettiva della biosfera. Lo scambio di geni tra individui, recentemente
riconosciuto, diffonde l’informazione che influenza la sopravvivenza di tutti gli organismi facenti
parte della comunità vivente. La consapevolezza di questo trasferimento genetico inter e intraspecie
mette in evidenza i pericoli dell’ingegneria genetica, poiché i geni umani alterati possono
distribuirsi in tutta la biosfera, alterando gli organismi in modo imprevedibile.
Gli evoluzionisti genetici avvertono che se falliamo nell’applicare la lezione del nostro destino
genetico condiviso, il quale dovrebbe insegnarci l’importanza della collaborazione tra tutte le
specie, mettiamo sotto seria minaccia la vita umana. Dobbiamo prendere le distanze dalla teoria
Darwiniana che sottolinea l’importanza degli individui, verso una teoria che sottolinei l’importanza
della comunità. A questo scopo, lo scienziato britannico Timpthy Lenton ha fornito la dimostrazione,
che le interazioni collettive tra specie sono più importanti per l’evoluzione, dei contributi
individuali di una sola specie.
L’evoluzione seleziona la sopravvivenza dei gruppi più idonei e non quella degli individui più
idonei. Lenton propone: «Dobbiamo considerare la totalità degli organismi e il loro ambiente
materiale per comprendere pienamente quali caratteristiche riescono a perdurare e dominare». La
consapevolezza che gli organismi si siano evoluti contemporaneamente e continuino a coesistere in
una rete intrecciata(orig. entangled, ndr) di vita richiede una comprensione della vita basata
sull’olismo, e non sugli individui.
Nel porre l’attenzione sulla rete della vita, la nuova biologia sostiene pienamente l’ipotesi di
James Lovelock (La rivolta di Gaia, Rizzoli 2006), che la Terra fisica e tutti gli esseri viventi
costituiscano un organismo collettivo. Interferire con l’equilibrio del superorganismo di Gaia,
distruggendo la foresta pluviale e impoverendo lo strato di ozono o alterando la specie con
l’ingegneria genetica, minaccia la sua sopravvivenza e di conseguenza la nostra.
Se vogliamo che il nostro mondo cambi, deve prima cambiare quello che ci raccontiamo sul nostro
mondo – la nostra storia. Per fortuna, la nuova consapevolezza offerta dalla scienza riscrive
profondamente la storia della vita e offre una risposta migliore alle domande paradigmatiche a
fondamento della civiltà: Come siamo arrivati qui? Attraverso una serie di mutazioni adattive che ci
permettono di equilibrare l’ambiente. Perché siamo qui? Secondo la saggezza dei Nativi Americani,
Siamo qui per curare il Giardino. E, Adesso che siamo qui, come possiamo trarne il meglio?
Imparando a vivere in armonia con la Natura e l’uno con l’altro.
I paradigmi di base formano il carattere e il destino della civiltà. Quando la nuova consapevolezza
scientifica farà il suo ingresso nella corrente principale di pensiero, ci libererà dai vincoli
della vecchia storia del Materialismo Scientifico basata sulla mancanza di uno scopo, la lotta e la
competizione. Il nuovo paradigma emergente rivela che non siamo qui per caso, ma con uno scopo e un
progetto intenzionale della Natura. Dal momento in cui vivremo nella nuova storia, l’umanità, come
la farfalla, presto sperimenterà il prossimo livello, più alto, della nostra evoluzione. Sarà un
volo fantastico!
© 2008 by Bruce H. Lipton Ph.D sulla versione originale.
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www.macrolibrarsi.it/libri/__la-biologia-delle-credenze.php?pn=1567
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