Una proteina chiave per ascoltare i suoni

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Una proteina chiave per ascoltare i suoni

12 dicembre 2012

Si chiama TMHS ed ha un ruolo cruciale nella trasformazione dei suoni in impulsi nervosi dentro una
specifica struttura dell’orecchio interno. La sua scoperta rappresenta un importante punto di
partenza per una futura terapia delle alterazioni genetiche alla base di alcune forme di sordità
(red)

lescienze.it

È una proteina a permettere la conversione delle onde sonore in impulsi elettrici nell’orecchio
interno: l’hanno scoperta i ricercatori dello Scripps Rwesearch Institute (TSRI) di La Jolla, in
California, guidati da Ulrich Mueller, che l’hanno battezzata TMHS, e raccontano il loro studio in
un articolo apparso sulla rivista “Cell”.
Il risultato è frutto di decenni di ricerche sugli specifici canali di trasduzione meccanica che
permettono la percezione delle onde sonore e getta anche un ponte verso futuri studi nel campo della
terapia genica per ristabilire l’udito in particolari casi di sordità.

La trasduzione meccanica, o “meccanotrasduzione”, è rimasta sostanzialmente invariata nel corso
dell’evoluzione – come dimostrano i resti fossili di dinosauri risalenti a 120 milioni di anni fa –
e consiste sia nella parte finale dei meccanismi che coinvolgono l’orecchio medio, in cui le
vibrazioni del timpano vengono trasmesse alla coclea tramite il martello, l’incudine e la staffa,
sia nella trasmissione, nell’orecchio interno, dell’impulso elettrico verso il cervello.

Al centro di questo flusso di stimoli fisici c’è un complesso sistema di cellule all’interno della
camera media della coclea, dette cellule ciliate, che convertono l’energia meccanica in segnali
elettrici. Ciascuna di esse possiede un centinaio di stereocilia che ne ricoprono l’estremità
superiore. L’innesco del segnale elettrico è comandato dall’apertura di canali ionici, a sua volta
monitorata da neuroni che circondano le cellule ciliate: quando questi neuroni superano un certo
livello di stimolazione, parte un segnale verso la corteccia uditiva del cervello.

Proprio per la complessità della percezione uditiva, i fattori che possono condizionarne la normale
funzionalità sono numerosi. Alle cellule ciliate, che si sviluppano prima della nascita e non
aumentano più durante la vita, possono essere associate molte forme di sordità, dovute a un deficit
di trasduzione del segnale.

Nel corso degli anni, il gruppo di Mueller è riuscito a identificare decine di geni coinvolti nella
perdita dell’udito, grazie a studi sia nell’essere umano sia nei topi, che hanno un apparato uditivo
molto simile a quello umano. Finora tuttavia il complesso mosaico dei meccanismi dell’udito non era
completo. La scoperta della TMHS ha consentito di aggiungere un tassello cruciale, dal momento che
questa molecola è coinvolta in un complesso che si trova nei filamenti di collegamento che vincolano
mutuamente le cilia consentendo loro un movimento coordinato.

Ma l’elemento di grande rilevanza della scoperta è che le TMHS non hanno solo un ruolo strutturale:
la proteina riceve fisicamente la forza dell’onda sonora e la trasduce in impulsi elettrici
regolando l’attività dei canali ionici. In particolare, Mueller e colleghi hanno scoperto che una
subunità del canale ionico si lega direttamente ai filamenti di collegamento. La TMHS, infine,
rappresenta un passaggio cruciale per l’udito: quando la proteina è mancante, le cellule ciliate
perdono la loro capacità di produrre i segnali elettrici, come dimostrato in laboratorio con
tecniche che simulano in vitro la funzione delle cellule viventi.

www.cell.com/retrieve/pii/S0092867412013049

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