Un’illusione chiamata realtà

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Un’illusione chiamata realtà

04 febbraio 2014

Negli anni ’40, Dennis Gabor, premio Nobel per la fisica, sviluppò una teoria matematica che solo
venti anni dopo, grazie allo sviluppo tecnologico, poté essere meglio esposta e compresa.

Essa infatti richiedeva l’invenzione del laser, per apparire in tutta la sua strabiliante
originalità. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni
delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente
l’una con l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di dieci metri
o di dieci miliardi di chilometri.

È come se ogni singola particella sapesse cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può
essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di
comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono
connesse non-localmente.

Parlando della non-località applicata alla forza gravitazionale: come fa la terra a sapere che io ci
sono, per tirarmi verso il basso?!

Oppure riguardo all’interazione nucleare forte: perché un elettrone rimane intorno al nucleo
piuttosto che andarsene altrove?

Cioè, come fanno a comunicare?

Arrivare però a dire che la realtà è un’illusione confermando quanto vanno dicendo da millenni le
tradizioni esoteriche, sia Occidentali che Orientali, è veramente rivoluzionario. È addirittura
esageratamente oltraggioso, quasi ridicolo agli occhi di qualche scienziato legato a modelli di
comprensione tradizionali – o forse verrebbe da dire “superati” David Bohm da tempo scomparso
scomparso, e già fortemente rimpianto, Bohm, fu uno dei più illustri scienziati dell’era
contemporanea.

Costui, grazie al concetto di “ologramma” è riuscito a spiegarci in termini scientifici che cos’è il
velo di maya di cui la filosofia indiana, ha sempre parlato, illuminando gli occhi di chi ha
orecchie attente. Dalle teorie di Bohm, si evince che le energie elettromagnetiche e l’intera realtà
fisica, sono create dalla prodigiosa e “magica” natura delle particelle subatomiche, le quali,
incredibilmente, si presentano sotto il duplice aspetto di particelle e di onde.

Ciò permette a tali particelle di rimanere in contatto e di venire quindi informate a vicenda,
indipendentemente dalla distanza che le separa, la quale dunque, a questo punto, è una pura
illusione.

Le distanze quindi, servirebbero alla mente, per organizzare meglio i dati sensoriali provenienti
dal mondo “esterno”, esse però, tranne che nella costruzione di questo ordine mentale, non esistono
in realtà.

In sostanza, secondo Bohm, le particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso
organismo; il fatto che appaiano separate, deriva dalla nostra incapacità di vedere la realtà nella
sua interezza.

Noi vediamo solo la parte e non il tutto, non riuscendo dunque a capire che il tutto è la parte e la
parte è il tutto…. La stessa capacità umana di attingere all’istante, ad un qualsiasi ricordo, tra
miliardi e miliardi di informazioni contenute nel nostro cervello, non fa che avvalorare la
“non-localizzazione” dei ricordi, e quindi la non “catalogabilità” del tempo.

Queste importanti rivelazioni, di parte del mondo scientifico contemporaneo, che per chi ha
familiarità con l’energia e le sue incredibili manifestazioni, non sono che l’ennesima conferma di
saggezze antiche, possono dunque dirigere il mondo intero verso una convivenza migliore.

Se tutto è connesso infatti, è assolutamente controproducente da parte di un essere, provocare il
dolore o addirittura la morte di un altro essere… Ad un livello profondo di realtà infatti, Bohm
direbbe “implicito”, è come far male a se stessi.

Gli indiani parlavano di karma, ma ne parlavano già 3500 anni fa. Dobbiamo aspettare ancora?

Fonte: facebook – Scienza di Confine

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