Vipassana, la pratica
di Giancarlo Giovannini
La pratica meditativa per coltivare la consapevolezza consiste nella semplice testimonianza di ciò che sperimentiamo attimo dopo attimo. Per mantenere centrata la consapevolezza, si parte dall’attenzione al respiro.
Una volta realizzato il ruolo centrale svolto dalla consapevolezza quale facoltà di controllo di quel complesso di forze che costituisce la nostra mente, ci si pone il compito di svilupparla, fino ad ottenerne un flusso continuo, capace di fare esperienza di tutti i fenomeni che sorgono all’attenzione della coscienza, momento dopo momento, senza alcun coinvolgimento né identificazione.
Siano essi il respiro, i pensieri, dei suoni, sensazioni fisiche, emozioni: qualsiasi cosa entri nel campo della nostra coscienza viene osservato così com’è, con un semplice atto conoscitivo. Nella meditazione seduta, ad esempio si può usare il salire e scendere dell’addome come oggetto primario di osservazione e la tecnica della nota mentale per etichettare tutto ciò che giunge alla nostra attenzione: durante l’inspirazione noteremo così “salire, salire”, nell’espirazione “scendere,scendere”, se un pensiero sorge noteremo “pensiero, pensiero”, se udiamo un suono “sentire, sentire”, se avvertiamo una sensazione fisica la etichetteremo “prurito”, “calore”, “dolore” e poi torneremo al nostro “salire”, “scendere” dell’addome.
Il proposito di questa pratica è quello di mantenere un flusso costante di presenza mentale su tutto ciò che accade. Questo stato di attenzione ci tiene nel “qui ed ora” e ci preserva dalle illusioni di una mente che troppo spesso fugge nella rete del pensiero,
imprigionandoci in sterili rielaborazioni del passato o in sognanti visioni di futuro.
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