Volo: dalla paura al piacere

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Volo: dalla paura al piacere

di: Alessandra Retico

Data articolo: giugno 2008

Così si vince la fobia del secolo

Anche alcuni piloti hanno paura di volare. Certo che hanno paura, sempre. Patrick Smith, pilota e
scrittore, 38 anni, autore della rubrica “Ask the pilot” su Salon. com e in Italia su Internazionale
diventata anche un fortunato libro (Fusi Orari), è uno di loro. Gli hanno chiesto se teme di
precipitare, lui ha risposto: “Di solito non abbiamo fantasie raccapriccianti né soffriamo di ansia
fobica”. Insomma se gli trema il cuore le mani le tiene lo stesso ferme sulla cloche (il volante) e
guida. Tanto gli aerei cadono poco, affermazione veritiera ma insufficiente per l’aviofobico.

A chi in aereo non ci sale neanche morto e se invece è costretto vive le ore più brutte della sua
vita, si racconta una storiella, un po’ surreale ma più persuasiva di molti numeri: se si ipotizza
che un volo duri in media una sola ora, un neonato che trascorra l’intera esistenza a bordo di un
aeroplano dovrà volare per 285 anni per raggiungere i due milioni e mezzo di ore che statisticamente
comportano un incidente. Oppure quell’altra: il momento più pericoloso di un volo è il tragitto da e
per l’aeroporto.

Eppure: come fa questo coso pesante a rimanere in aria ? Se non funziona più nessun motore un grosso
jet commerciale può planare fino ad atterrare o non c’è più speranza? E tutto questo scricchiolare?
Quante probabilità ci sono di venire risucchiati dal portellone che si spalanca come nei film? Del
terrore e delle domande che suscita si occupa un servizio di Mente&Cervello di novembre.
Testimonianze, rimedi, consigli, corsi per rompere la gabbia dell’ansia. Come quelli che fanno anche
Alitalia e altre compagnie, con successo: il 95% di quelli che dal 2007 a oggi hanno seguito i
seminari del vettore di bandiera sono tornati a bordo.

Luca Evangelisti, psicologo e psicoterapeuta da quattro anni responsabile di “Voglia di volare”,
spiega: “Nel 90% dei casi la paura è determinata da forti ripercussioni psicologiche legate ad
eventi avvenuti nei tre anni precedenti alle manifestazioni di panico. Rotture affettive, lutti
familiari o gravi malattie. Ma anche eventi positivi e molto coinvolgenti, come la nascita di un
figlio”. Quelle emozioni forti che si incagliano e bloccano tutto. Il corso fa fare un po’ di
ginnastica alla psiche per rimetterla in moto.

Disinnesca il terrore degli spazi chiusi, dello stare sospesi, delle turbolenze dell’aria che
somigliano a quelle dentro. Esistono anche, all’americana, dvd per l’autoaiuto e terapie con
simulatori di volo. Anche ipnosi per chi ha provato tutto, o leggeri “ammorbidenti” farmacologici
del panico. Per quelli cui sudano le mani già in agenzia, che i battiti ce li hanno a mille, che
l’angoscia pura è la sola certezza.

Un sondaggio Doxa (2005) dice che dell’aeroplano ha paura circa il 50% degli italiani. Più le donne
(65%) che gli uomini (48%). Sul mensile una tesi: la mancanza di informazioni e l’incapacità di
cedere il controllo tra le principali cause dell’aviofobia (e di altre paure, del resto). Allora
ecco le statistiche dell’Aviation Safety Network, un database che raccoglie i dettagli di oltre 10
mila tra incidenti, attentati e guasti in volo che hanno funestato i cieli a partire dal 1952.

Dimostra che oggi volare è circa sei volte più sicuro che nel 1980 e che c’è una probabilità su 14
milioni di morire in una sciagura aerea: si potrebbe volare per 26mila anni prima di andare incontro
al proprio destino. Però, la paura ha sempre domande di riserva: che succede se un pilota si
addormenta a metà volo ? Smith, allegramente pragmatico: “E se un chirurgo si addormenta a metà
operazione ?”.

Fonte: www.repubblica.it

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