Zen, Meditazione e onde cerebrali
del Dr. Renato Y. Manusardi
La Meditazione
La Meditazione è la pratica sperimentale del silenzio interiore, che produce relax fisico, caduta
delle tensioni mentali, abbandono fiducioso alla realtà che ci circonda. É un modo per star bene con
sé stessi, conoscere gli altri ed essere felici. La Meditazione non è propriamente una terapia, ma
un Processo di Liberazione Interiore (IFP® – Inside Freedom Process), finalizzato alla
auto-guarigione individuale, alla piena autonomia e gestione esistenziale, alla felicità
interpersonale e sociale.
Le Scienze della Meditazione.
Le Scienze della Meditazione, il cui appellativo è anche quello di Psicologia Olistica o
Psycholistica®, rappresentano linsieme dei princìpi, dei metodi e delle tecniche che favoriscono il
Benessere (Wellness) in ambito individuale, interpersonale, professionale, comunitario ed
aziendale. Le Scienze della Meditazione intese come Psicologia ad indirizzo olistico, sono formate
dalle seguenti discipline salutiste: 1) Discipline finalizzate al Benessere/Wellness della Persona:
Pratica della Meditazione (Zen meditation training), Colloquio individuale (Counseling); 2)
Discipline specificamente professionali e dImpresa, per il Benessere/Wellness dellAzienda:
Addestramento mentale allazione professionale (Coaching), Armonia dei rapporti tra le persone e i
gruppi (Reorganization), Arte del comando (Art of leadership); 3) Discipline di formazione sportiva
e marziale: Addestramento mentale allazione e al gesto atletico (Zen & Art of Sword training),
Pratica della Meditazione in movimento (Nippon Tai Chi Kin Hin Zen Street).
Lo Zen meditation training.
Lo Zen meditation training, quale settore príncipe delle Scienze della Meditazione, non vanta
origini strettamente psicologiche, psicoanalitiche o psicosomatiche, ma é una disciplina
pneumo-energetica, perché affonda le sue radici nella tradizione dello Zen, pur differenziandosi da
esso per il suo finedi auto-guarigione e di eccellenza delle performances neuro psichiche e
neurofisiologiche. Con il termine pneuma-spirito, viene qui inteso il nucleo fondamentale,
lorigine, la fonte, lessenza cosciente e consapevole della persona e della individualità umana.
Chiamato correntemente con lappellativo spirito, o coi termini scientifici di pneuma, coscienza
personale o energia vitale, lo spirito viene oggi considerato dalle più attuali concezioni olistiche
accademico-scientifiche, quale parte costitutiva della stessa natura umana in concomitanza e in
stretta correlazione con la sfera somatica e con quella psichica. Lo Zen meditation training, é
disciplina psicolistica, perché intende curare l’uomo nella globalità della sua struttura
corpo-mente-spirito, una struttura umana studiata come società interiore, microsocietà o società
monocellulare. Lo Zen meditation training é disciplina psicolistica, perché attraverso una nuova
presa di coscienza dei propri ritmi neuro-bioenergetici (encefalico, cardiaco, respiratorio), arriva
ad ottimizzarli e a stabilizzarli attraverso trattamenti operati appunto nella triplice dimensione
corpo-mente-spirito, in cui si manifesta e si viene esplicando la natura umana.
Respirazione Zen, fisiologia e onde cerebrali
La respirazione Zen non è paragonabile a quella Yoga, che tende a raggiungere effetti psicofisici
superiori. Secondo lo Zen, una respirazione corretta, dal ritmo lento, possente, naturale, rende
possibile vivere a lungo in buona salute e in uno stato di equilibrio spirituale, mentre una
respirazione erronea determina debolezza, malattia, instabilità spirituale e persino la morte. Corpo
e mente sono così profondamente uniti che linflusso della respirazione sulla mente stessa è
sorprendente. Una respirazione profonda, lenta, calma, possente spazza via le complicazioni mentali
e la mente diviene pura, chiara, luminosa e dolce; spegne le attività della mente e ci permette di
accedere allo stato di vuoto mentale. La respirazione autenticamente Zen deve essere: naturale, mai
forzata, mai artefatta, sempre la stessa, sia seduti o camminando sia in ogni altra attività
quotidiana; linspirazione è viva, intensa; lespirazione è lenta, profonda, possente; laria viene
espulsa lentamente, mentre la forza della espirazione discende potentemente sino al ventre. In
condizioni normali, un essere umano respira circa 18 volte, ma se si impegna in attività faticose il
ritmo aumenta. Chi pratica lo Zen arriva gradatamente a respirare solo 3-5 volte al minuto.
Uno dei modi per ridurre il numero dei respiri è quello di prolungare la durata dellespirazione: lo
Zen insegna che si dovrebbe espirare così dolcemente che il flusso dellaria non muoverebbe una
piuma sotto la punta del naso. Espirare lentamente attraverso il naso e inspirare rapidamente
attraverso il naso. Questo metodo di respirazione coinvolge sia i muscoli addominali sia quelli
toracici. Passiamo ora ad esaminare la fisiologia della respirazione, cercando di capire perché una
respirazione lenta sia più efficace. Come è ovvio, la respirazione si divide in 2 fasi, ciascuna
delle quali svolge una funzione particolare. Linspirazione porta un nuovo rifornimento di ossigeno
ai polmoni. Lespirazione espelle dallorganismo lanidride carbonica proveniente dal sangue e
immagazzinata nei polmoni al momento dellespulsione. A differenza dellattività del cuore e di
altri organi interni, la respirazione è in parte soggetta al controllo cosciente. Il controllo della
respirazione, tuttavia, non è del tutto cosciente: quando si trattiene il respiro per un tempo
pericolosamente lungo, essa riprende automaticamente. Nel sonno poi la respirazione è completamente
automatica. Anche durante gran parte del tempo in cui siamo svegli, respiriamo senza esserne
coscienti. La frequenza di respirazione varia automaticamente in funzione delle necessità
dellorganismo. Il SNA regola questa funzione.
Quando una persona si impegna in qualche attività improvvisa o violenta, che richiede un consumo
energetico elevato, il ritmo della respirazione aumenta. Non sappiamo esattamente quante volte al
minuto un essere umano debba respirare: ma è certo che i 18 respiri al minuto tipici della media
delle persone in uno stato rilassato non sono indispensabili per la vita e lidea che una
respirazione rapida fornisca allorganismo una maggiore quantità di ossigeno è sicuramente errata.
In realtà, superficiale comè, la respirazione veloce non riesce a portare tutto lossigeno
necessario ai polmoni, ma lo spreca nei bronchi; poi siccome non elimina tutta lanidride carbonica
fa diminuire lo spazio disponibile nei polmoni per raccogliere un rifornimento di ossigeno fresco.
Se invece si espira lentamente e completamente, in modo che nei polmoni non resti CO2, si instaura
una differenza di pressione e laria ricca di O2 fluisce naturalmente a riempire i polmoni ora
vuoti. Il controllo della respirazione è la prima cosa che viene insegnata ai monaci Zen. Quando la
posizione del corpo è giusta e la respirazione è controllata, la mente entra in quello stato di
calma in cui è possibile la meditazione profonda. Gli esperimenti condotti registrando le onde
cerebrali di monaci Zen in meditazione lo dimostrano.
Le onde cerebrali sono lunico indicatore che possediamo delle condizioni del cervello. Quando il
cervello è in uno stato di tranquillità rilassata, emette onde alfa. Quando invece si trova in uno
stato di tensione emette onde beta o un altro tipo di onde, ancora più intense, le onde gamma. In
tutti gli stati di calma e riposo completo fatta eccezione per gli stati di incoscienza causati da
attacchi di epilessia il cervello emette onde theta o delta. In breve, quando una persona è
arrabbiata, irritata o turbata, il suo cervello emette onde beta; quando la sua irritazione
raggiunge unintensità conflittuale, il suo cervello comincia a emettere onde gamma. In periodi di
tensione prolungata, predominano le onde beta, e non compare quasi nessuna onda alfa. Lanalisi
scientifica-sperimentale della respirazione zen, non può che confermare la sua esistenza come
sistema capace di far raggiungere alla mente uno stato libero da ogni tensione e turbamento, perché
dà luogo a unemissione consistente di onde alfa. Che questo sistema di controllo della respirazione
abbia effetti salutari sia sul corpo che sulla mente è dimostrato dalluso che ne viene fatto nel
moderno trattamento dei malati di mente in Giappone e nel mondo nordamericano. (1) [Stralci da T.
Hirai: Meditazione Zen come terapia – RED 1995]
Effetti della meditazione sul cervello
La meditazione allena la capacità di attenzione, mette al riparo da altri modi di rilassamento, la
maggior parte dei quali fanno vagare la mente come vuole. Laffinamento dellattenzione dura al di
là della sessione di meditazione stessa: si mostra in una varietà di modi nel resto della giornata
del meditatore. Si è scoperto che la meditazione, per esempio, aumenta la capacità di raccogliere
sottili segnali percettivi nellambiente, e di prestare attenzione a ciò che succede piuttosto che
lasciare la mente vagare altrove. Ciò significa che nella conversazione con unaltra persona, il
meditatore sarà più empatico, poiché egli può prestare unattenzione più intensa a ciò che laltra
persona sta facendo e dicendo, e può raccogliere meglio i messaggi nascosti che laltro sta
inviando. Alcuni ricercatori di Harvard Gary Schwartz, Richard Davidson e Richard Margolin
confrontarono le persone addestrate nella Meditazione Trascendentale (MT) con un gruppo addestrato
nelle tecniche che si rifanno a Gurdjieff. Il gruppo di Harvard testò i meditatori MT e di Gurdjieff
uno a uno. Essi ne osservarono i tracciati di onde cerebrali mentre il meditatore si concentrava
sulla sensazione della sua mano destra, e poi sullimmagine di qualcuno seduto su una sedia di
laboratorio.
Gli psicologi registrarono segnali da parte del cervello che controlla la visione e dalla parte che
controlla il movimento muscolare. I risultati della ricerca mostrano che una tecnica di meditazione
è quasi altrettanto buona di unaltra per migliorare il nostro modo di governare lo stress. I
meditatori vi diventano più rilassati quanto più vi si dedicano. Allo stesso tempo, diventano più
attenti, cosa che altri modi di rilassarsi mancano di procurare perché non esercitano la capacità di
prestare attenzione. I cambiamenti di stato durante la meditazione sono stati un importante fulcro
di ricerca. La letteratura classica dice a chiare lettere che lo stato prodotto dalla meditazione
dipende dagli elementi specifici della tecnica di attenzione utilizzata. Le tecniche di
concentrazione, per esempio, produrrebbero un restringimento della consapevolezza, raggiungendo alla
sua massima focalizzazione uno stato alterato in cui il meditatore si dimentica di tutti gli stimoli
esterni. Le tecniche di consapevolezza produrrebbero uno stato di consapevolezza crescente agli
stimoli, senza alcuna assuefazione della risposta orientante. (2) [Stralci da: D. Goleman: La forza
della meditazione – RIZZOLI 1997]
Proprietà terapeutiche della meditazione
La Psicologia del Buddhismo sostiene che la meditazione possa produrre alcuni cambiamenti notevoli
nella personalità. Recenti studi empirici sulla personalità dei meditatori insistono sullimportante
cambiamento previsto di una diminuzione del negativo e di un aumento del positivo degli stati
psicologici. Per esempio, i meditatori, raffrontati ai non meditatori, si sono rivelati
significativamente meno ansiosi (Ferguson-Gowan 1976; Goleman-Schwartz 1976; Nidich e coll. 1973),
registrano minori disordini psicosomatici, più stati danimo positivi, e sono meno nevrotici sulla
scala di Eysenck (Schwartz 1973). I meditatori mostrano inoltre una indipendenza crescente dai
segnali situazionali, vale a dire che possiedono una zona interiore di controllo (Pelletier 1974);
sono più spontanei, hanno una maggiore capacità di manifestare contatto, si accettano di più, e
hanno una più alta considerazione di sé (Seeman e coll. 1972); sono più abili a entrare in sintonia
con unaltra persona (Lesh 1970; Leung 1973), e mostrano meno paura della morte (Garfield 1974).
Benché questi studi non fossero specificamente destinati a confermare le formulazioni della
Psicologia del Buddhismo relativamente allimpatto della meditazione sulla personalità, le loro
scoperte tendono a confermare la sua premessa principale: che la meditazione riduce gli stati
negativi mentre aumenta quelli positivi.
Nel 1984 lIstituto Nazionale della Salute statunitense (NIH) rilasciò un rapporto unanime che
raccomandava la meditazione (assieme alle restrizioni di sale e dietetiche), piuttosto che la
prescrizione di farmaci, come primo trattamento per lipertensione leggera. Questo riconoscimento
ufficiale fece da catalizzatore per la diffusione della meditazione e di altre tecniche di
rilassamento come trattamenti in medicina e in psicoterapia. Meditazione e rilassamento non sono la
stessa identica cosa; la meditazione è, nellessenza lo sforzo di riaddestrare lattenzione: da qui
derivano i suoi peculiari effetti cognitivi, come aumentare la concentrazione e lempatia del
meditatore. Luso più comune della meditazione, tuttavia, è una tecnica di rilassamento facile e
rapida. Benché le radici orientali della meditazioni siano asiatiche, divenne evidente ai
ricercatori che, in termini di effetti metabolici, la meditazione aveva molti punti in comune con le
nostre tecniche di rilassamento come il rilassamento progressivo di Edmund Jacobsen, il biofeedback
della tensione muscolare, il training autogeno di importazione europea. La meditazione però
differiva dalle altre tecniche di rilassamento nella sua componente di attenzione, come sottolineò
Herbert Benson nel suo bestseller La risposta rilassante, ma gran parte della sua qualità
terapeutica risiedeva nella capacità di portare il meditatore a uno stato di profondo rilassamento.
Con lavanzare della ricerca sulle tecniche di rilassamento per il controllo dei disordini da
stress, le prove della loro efficacia sono diventate più evidenti.
I cambiamenti neuroendocrini causati dal rilassamento profondo si sono rivelati essere più profondi
di quanto fosse stato creduto in precedenza dai primi ricercatori, che osservarono le tecniche di
rilassamento soprattutto in termini di sollievo dalla tensione muscolare e dalla preoccupazione
mentale. Ricerche biologiche più sofisticate hanno rivelato effetti profondi sulla funzione
immunitaria, così come una vasta gamma di altri cambiamenti con specifiche applicazioni cliniche.
Per esempio, Janice Kiecolt-Glaser (1984, 1985) scoprì che gli anziani residenti di una casa di
riposo che usavano un esercizio di rilassamento mostravano un aumento significativo delle loro
difese immunitarie contro tumori e virus. Gli studenti di medicina che usarono queste tecniche
durante lo stress degli esami mostrarono livelli superiori di anticorpi del tipo T-helper contro le
malattie infettive. Forse il primo e più intenso interesse medico per il rilassamento è stato il suo
contributo per combattere le malattie cardiache. I ricercatori che lavoravano con il Dr. Benson
riferirono che la meditazione diminuiva la risposta del corpo alla norepinefrina, un ormone
rilasciato in reazione allo stress. Benché la norepinefrina ordinariamente stimoli il sistema
cardiovascolare, aumentando la pressione sanguigna, non aveva il suo effetto usuale nei meditatori;
al contrario, i meditatori mostravano una diminuzione della pressione sanguigna, lo stesso effetto
che si ottiene con i betabloccanti. Luso clinico del rilassamento per controllare lalta pressione
sanguigna, specialmente nei casi leggeri, è divenuto un trattamento molto diffuso, come riflette il
rapporto del NIH; se praticato fedelmente, in molti casi può sostituire il trattamento
farmacologico, o diminuire la dipendenza da farmaci.
In uno studio inglese, nei pazienti allenati in questi metodi è stata riscontrata una pressione
sanguigna più bassa ancora quattro anni dopo che lallenamento era terminato (Patel e coll. 1985). I
benefici per i pazienti affetti da malattie cardiache vanno molto al di là del controllo della
pressione sanguigna: si è trovato che il rilassamento aiuta ad alleviare la sofferenza da angina e
aritmia e ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue. Dean Ornish (1983) ha dimostrato che
lesercizio di rilassamento accresce il flusso del sangue al cuore, diminuendo il pericolo di
ischemia asintomatica. Anche i diabetici possono trarre beneficio dal rilassamento. Richard Surwit
(1983) scoprì che il training di rilassamento migliorava la regolazione del glucosio in pazienti con
diabete in età adulta. Usando il rilassamento progressivo di Jacobsen con gli asmatici, Paul Lehler
(1986) trovò che la sua pratica diminuiva le reazioni emotive che spesso precedevano gli attacchi, e
migliorava il flusso nelle vie respiratorie ristrette. Per i pazienti sofferenti, alcune forme di
rilassamento offrono speranze particolari. Jon Kabat-Zinn (1985) trovò che la meditazione della
consapevolezza, accoppiata allo Yoga, abbassava la dipendenza dagli antidolorifici e diminuiva il
livello di dolore nei sofferenti cronici.
Le cause del dolore variavano dal mal di schiena e dal mal di testa (emicrania e tensione) ai
diversi casi visti nelle cliniche del dolore. Quattro anni dopo che il training era finito, i
benefici permanevano ancora. Le tecniche di rilassamento di tutti i generi sono state usate da
medici su pazienti di diverse patologie, particolarmente quando lo stress gioca un ruolo
fondamentale o aggrava il problema e ci sono pochi casi in cui non lo faccia. Alcune delle
applicazioni più promettenti vengono individuate negli effetti collaterali della dialisi renale e
della chemioterapia del cancro, dei disordini gastrointestinali, dellinsonnia, dellenfisema e
delle malattie della pelle. Il rilassamento è anche ampiamente usato come terapia aggiuntiva nella
psicoterapia, dove è stato accolto con favore molto prima della medicina. (3) [Stralci da: D.
Goleman: La forza della meditazione – RIZZOLI 1997]
Dr. Renato Y. Manusardi
E-mail: renato.manusardi@altopotenziale.it
© Copyleft
Lascia un commento